Il team di psicologi dell’Azienda ospedaliera che affianca il personale sanitario
Da cinque anni nell’Azienda ospedaliera patavina esiste un servizio di sostegno psicologico. Come funziona ce lo racconta Biancarosa Volpe, la responsabile dell’unità operativa di psicologia
La dottoressa Biancarosa Volpe è responsabile dell'unità operativa dipartimentale di psicologia dell'Azienda ospedaliera di Padova, un servizio istituito nel 2015 la cui competenza è quella di garantire assistenza e supporto psicologico al personale medico e infermieristico, oltre che ai pazienti.
Come state gestendo lo stress durante l’emergenza Covid-19?
«L’assistenza è su libera richiesta del dipendente, sanno che se hanno bisogno possono mandare un’email in maniera estremamente riservata. Abbiamo rafforzato e intensificato l’operato anche grazie al supporto del servizio di psichiatria e siamo pronti per gestire una possibile domanda massiccia. Ci siamo ulteriormente informatizzati così da poter lavorare con cicli terapeutici anche quando i dipendenti tornano a casa, possiamo seguirli a distanza, riusciamo a gestire trattamenti psicologici anche via internet, stiamo sperimentando tecniche di rilassamento. Eravamo pronti, ci siamo messi in gioco anche noi creativamente nel processo di accompagnamento in funzione del disagio».
Tutto questo infonde fiducia anche nei pazienti: la gestione dei turni e l’attenzione della salute psicofisica dei medici abbassa il rischio, per esempio, di possibili diagnosi sbagliate, garantendo la giusta attenzione negli interventi?
«Sapere che chi cura sta bene è già un enorme conforto psicologico e terapeutico per i pazienti. Adesso medici e infermieri sono nel pieno del loro servizio, sono in prima linea e lo fanno egregiamente con concentrazione e professionalità costante, il crollo avverrà dopo quando si allenterà la tensione e noi dobbiamo essere presenti nel lungo periodo. Il trauma che possono portarsi dentro va sciolto nel tempo: loro sono forti nel presente, poi ci potrebbe essere il contraccolpo».
Quali sono i rischi causati da un’eccessiva e continua sovraesposizione a stress e pressioni?
«A livello fisico si possono avere reazione neurovegetative, dolori, nausea, cardiopalmo e anche propensione ad ammalarsi di più. Sul piano cognitivo, si può cadere in pessimismo, pensieri ansiosi, problemi di memoria, disattenzione e difficoltà a concentrarsi legati proprio all'eccesso di stress. Ci può essere molta più emotività, difficoltà a rilassarsi e una sensazione di essere costantemente sopraffatti oltre alle più comuni e frequenti alterazioni alimentari e disturbi del sonno. Per la prima volta, inoltre, sono stalti alcuni fattori protettivi sociali: tutto ciò che è extralavoro solitamente può controbilanciare un particolare momento negativo in ospedale, ma adesso non è così a causa dell’isolamento e del timore di poter contagiare i propri familiari e figli. Questo acuisce il senso di solitudine».
Avete eseguito più di 6mila tamponi al personale sanitario, anche questo è stato un segnale di sicurezza e protezione nei loro confronti. Funziona nel sostegno psicologico?
«Questo, come la gestione dei dispositivi protettivi o la riorganizzazione dei reparti sono stati fattori indispensabili in questa emergenza. Il personale soprattutto nelle prime settimane ha dovuto fronteggiare una nuova e misteriosa patologia, sapere di avere strumenti adeguati è come indossare una seconda pelle. Siamo un’azienda hub a cui arrivano da fuori regione anche casi complessi e questa consuetudine a sfidare anche l’impossibile porta quasi ad “abituarsi” a gestire situazioni di questo tipo».