Il tartufo, che (ri)scoperta. Una legge regionale vuole valorizzare un settore sommerso

Scorzone, uncintato, bianchetto sono solo alcune varietà venete e ora una legge regionale vuole valorizzare un settore sommerso

Il tartufo, che (ri)scoperta. Una legge regionale vuole valorizzare un settore sommerso

Il mercato del tartufo veneto fino a pochi mesi fa era, a tutti gli effetti, un mercato sommerso che contava solo una ventina di aziende formalizzate. La verità, secondo gli esperti del settore, era un’altra e sta emergendo fortemente grazie alla nuova legge nazionale approvata in finanziaria nel 2019, una riforma fiscale che ha già dato i suoi frutti innescando l’aggiornamento delle leggi regionali allo scopo di risollevare l’economia agricola basata sul tartufo. Anche il Veneto, a inizio settembre, ha varato una nuova legge destinata a promuovere e valorizzare il settore del tartufo in Regione. La normativa, ferma da 30 anni, andava aggiornata sicuramente per far emergere il potenziale economico e culturale di questa risorsa che potrebbe diventare un nuovo volano economico per l’economia agricola regionale. «A livello nazionale – afferma Enrico Vidale, docente di Economia agroalimentare all’Università di Padova – il mercato del tartufo si stima abbia un valore di almeno mezzo miliardo di euro, anche se questa cifra è ampiamente sottostimata. Probabilmente il valore reale si aggira attorno al miliardo e duecento milioni di euro. Fare emergere il sommerso è dunque importante soprattutto per tutelare quelle aziende strutturate che investono in impianti e che si vedono rubare il prodotto da cavatori fantasma che vendono il tartufo sottobanco. Occorre ricordare che il tartufo è a tutti gli effetti una coltura agraria anche se coltivarlo non è per niente facile: si inizia, per esempio, con un piano agronomico che prevede dai sei agli otto anni di investimenti prima di realizzare la vera e propria produzione, ma è certamente interessante visto che il tartufo si coltiva laddove altre colture difficilmente possono essere lavorate».

Le aree vocate alla produzione e coltivazione di tartufi veneti sono i colli Euganei, i colli Berici, le colline Moreniche del Garda, il Monte Baldo, i Monti Lessini, il delta Polesano e le zone di Belluno e Treviso, tutte perfette per le migliori varietà di tartufo come lo “scorzone”, “l’uncinato”, il “bianchetto”, il “nero pregiato” e il “bianco pregiato”. «La nuova legge regionale è importante – sottolinea Enrico Vidale – perché finalmente, l’imprenditore agricolo che decide di investire nel settore, avrà delle tutele reali. Adesso tutte le tartufaie artificiali vengono considerate attività agricole e non più bosco. È un bel passo avanti. Tanto che fino a oggi le tartufaie coltivate contavano solo pochi ettari ma stimiamo che entro fine anno ne saranno censiti quasi un centinaio». E il cavatore abusivo che venga trovato in attività di cerca o raccolta con i cani in una tartufaia verrà sanzionato con una multa pari a 1.500 euro e iscritto in un database della forestale. Certamente l’aspetto fiscale e sanzionatorio che riguarda i cavatori è molto rilevante per la filiera visto che un hobbista può raccogliere solo mezzo chilo di “scorzone” e cento grammi di “bianco”. Secondo la legge 75 del 2018 i cavatori di tartufo non professionisti possono pagare 100 euro di imposta forfettaria per poi vendere fino a 7.000 euro di tartufo senza nessun altro obbligo fiscale se non quello di conservare le ricevute in carta semplice da esibire in caso di controllo. I cavatori professionisti, invece, lavorano con partita Iva senza alcun limite di raccolta in zona libera. La legge è intervenuta anche in un altro settore molto importante in Veneto e cioè il vivaismo: L’impianto di una tartufaia prevede, infatti, che si pianti un bosco con piante micorizzate. Il legislatore ha previsto una procedura di certificazione delle piante per evitare le frodi, sin troppo frequenti in questo settore. La nuova legge rappresenta, dunque, una vera e propria riforma strutturale di un settore agricolo poco conosciuto ma molto redditizio che non è mai esistito davvero in Veneto ma che potrebbe diventare un nuovo volano economico per giovani imprenditori di aree svantaggiate ma dalle grandi potenzialità.

Un’identità culturale ancora sconosciuta

Il Consiglio regionale ha approvato il 3 settembre la proposta di legge, presentata dal gruppo FdI e dalla Lega-Lv per modificare la legge regionale del 1988, destinata a promuovere e valorizzare il settore del tartufo in Veneto. «L’attuale normativa appariva ormai datata – dichiara il vicepresidente del gruppo consiliare regionale Enoch Soranzo – Questo settore potrebbe rappresentare una notevole risorsa, creando opportunità occupazionali e promuovendo un’identità culturale veneta praticamente sconosciuta».

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