Egitto, "epidemia contrastata attraverso la violazione dei diritti"

Cento milioni di egiziani sono racchiusi nel 5% di tutto il territorio nazionale, situazione ideale per la diffusione del coronavirus. Ma le autorità hanno dato la priorità al controllo dell’opinione pubblica, piuttosto che alla lotta alla pandemia. Amnesty International denuncia violazioni a libertà d’espressione, d’associazione e d’assemblea

Egitto, "epidemia contrastata attraverso la violazione dei diritti"

Cento milioni di egiziani sono racchiusi nel 5% di tutto il territorio nazionale, una situazione ideale per la diffusione del nuovo coronavirus. Eppure le autorità hanno dato la priorità al controllo dell’opinione pubblica, piuttosto che alla lotta alla pandemia.

La storia. Nel corso della crisi sanitaria le autorità hanno sfruttato le norme sul distanziamento sociale per limitare le manifestazioni, ma si tratta di un sistema già rodato nel tempo. L’imposizione di vari stati di emergenza e l’uso di poteri extragiudiziali per mantenere il potere, infatti, sono strategie che affondano le radici nei decenni passati. Tra il 1956 e il 2019, il governo di emergenza è stata la norma in Egitto, mentre quello ordinario una rara eccezione (soprattutto tra il 2012 e il 2017). In questi anni si sono rafforzate le forze di sicurezza, che hanno avuto anche la possibilità di trattenere a lungo persone sospettate a propria discrezione.

Diritti violati. Nel suo ultimo rapporto sui diritti umani nel mondo, Amnesty International ha dichiarato che Il Cairo ha contrastato l’epidemia attraverso violazioni a libertà d’espressione, d’associazione e d’assemblea. Diritti che sono espressamente difesi, tra gli altri, dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, dal Patto internazionale sui diritti civili e politici e dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.

La risposta alle proteste scoppiate a causa del peggioramento delle condizioni socioeconomiche nel paese è stata l’arresto di manifestanti e giornalisti. Le accuse nei loro confronti sono andate dal terrorismo alla diffusione di false notizie all’uso improprio dei social network. Il 24 giugno dello scorso anno, per esempio, le forze di sicurezza hanno preso il caporedattore dell’agenzia stampa al-Manassa, Noura Younes. E già dalle prime battute della crisi sanitaria sono stati chiusi centinaia di siti internet impegnati nella difesa del rispetto dei diritti umani, come il sito Darb, dell’Alleanza socialista popolare, un partito d’opposizione. Lo scorso 25 agosto, inoltre, il direttore del Cairo Institute for Human Rights Studies, Bahey el-Din Hassan, è stato condannato a 15 anni per “diffamazione di organi giudiziari” e diffusione di notizie false per aver pubblicato dei tweet. Ed è noto, poi, quanto successo allo studente Patrick Zaky.

Le basi legali. L’oppressione sfrutta un apparato legale. La legge n. 175/2018, per esempio, consente di bloccare siti internet nel caso di “pubblicazione di un qualsiasi contenuto che costituisce un crimine per la legge, posto che minacci la sicurezza nazionale o metta in pericolo la sicurezza del paese o dell’economia nazionale”. E per l’applicazione di questa norma non è necessario un ordine giudiziale. Altri emendamenti alla legge contro il terrorismo, danno invece la possibilità di condannare qualcuno come terrorista solo in base a indagini di polizia.

L’articolo integrale di Martina Brunelli (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Master in Human Rights and Conflict Management)Diritti umani in Egitto: violazioni in aumento con la scusa della pandemia, , può essere letto su Osservatorio Diritti.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)