Egitto, Noury (Amnesty): 31 paesi all'Onu rompono 7 anni di silenzio
L'organizzazione tra le decine che, in una nota congiunta, plaudono all'iniziativa. Hassan (Cihrs): "I paesi devono far capire all'esecutivo del Cairo che non può avere carta bianca quando si tratta di arresti, torturare, violazioni arbitrarie del diritto alla vita o uccisioni"
"Dopo sette anni finalmente un gruppo di Stati rompe il silenzio. E' un piccolo segnale di preoccupazione internazionale per quello che sta accadendo in Egitto, per contrastare l'impunità": così all'agenzia Dire il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury, in merito alla presa di posizione sulle violazioni delle libertà fondamentali in Egitto assunta quest'oggi da parte 31 Paesi - tra cui l'Italia - al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. L'ultima azione di questo tipo risale al 2014.
Amnesty è tra le decine di organizzazioni che, in una nota congiunta, plaudono all'iniziativa. Tra queste c'è anche il Cairo Institute for Human Rights Studies (Cihrs). "Finalmente il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani pone fine ad anni di inerzia, nonostante il drastico deterioramento della situazione dei diritti umani in Egitto" il commento invece di Bahey El Din Hassan, direttore dell'Cihrs.
"I Paesi- ha continuato El Din Hassan- devono far capire all'esecutivo del Cairo che non può avere carta bianca quando si tratta di arresti, torturare, violazioni arbitrarie del diritto alla vita o uccisioni". Nella una nota congiunta, le ong ricordano che erano state in più di cento da tutto il mondo a inizio anno a chiedere agli Stati membri delle Nazioni Unite di prendere posizione, avvertendo che il governo egiziano sta tentando di "annientare" le organizzazioni per i diritti umani e di "sradicare" il movimento per i diritti umani nel paese attraverso "attacchi continui, diffusi e sistematici".
Le organizzazioni avevano inoltre chiesto all'Onu di adottare una risoluzione che stabilisca un monitoraggio sull'Egitto. La dichiarazione di oggi "è un passo significativo" ma secondo gli organismi "deve essere seguito da un'azione concreta verso il raggiungimento di questo obiettivo".
I Paesi firmatari dell'appello sono Australia, Austria, Belgio, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Canada, Costa Rica, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Montenegro, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Macedonia del Nord, Norvegia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti. (DIRE)