Cosa prevede la legge di bilancio in approvazione alla Camera
Su tutta la questione incombe l'esito ancora incerto di una crisi politica nella maggioranza di governo che appare sideralmente lontana dall'attenzione degli italiani e in contrasto con gli sforzi che lo stesso esecutivo sta mettendo in atto per fronteggiare la pandemia e avviare una campagna di vaccini che non ha precedenti nella storia recente. Negli ultimi giorni sembra che i toni si siano abbassati e che la prospettiva di un accordo sia più vicina
L’approvazione della legge di bilancio alla Camera è in dirittura d’arrivo. Dopo la fiducia ottenuta dal governo sull’articolo 1 – oltre mille commi in cui sono stati concentrati tutti gli emendamenti varati in sede parlamentare – la votazione finale inizialmente prevista per oggi si terrà la sera del 27 dicembre. Lo slittamento è dovuto all’ostruzionismo di parte dell’opposizione ma soprattutto alla necessità di un ulteriore passaggio in commissione in seguito ai rilievi della Ragioneria generale dello Stato sulla copertura finanziaria di alcune norme dopo le modifiche introdotte dai deputati. Di fatto il Senato sarà costretto a dare il via libera al testo così come uscito da Montecitorio perché la legge di bilancio dev’essere approvata in via definitiva entro il 31 dicembre, se si vuole evitare l’esercizio provvisorio che, in pratica, congela la spesa pubblica ai livelli dell’anno precedente. Una situazione estremamente negativa in condizioni normali, semplicemente disastrosa in una fase in cui è stato ed è necessario ricorrere a nuovo debito per sostenere gli interventi anti-pandemia. Già è in programma un nuovo scostamento di bilancio all’inizio del 2021. Si parla di circa 20 miliardi che si aggiungeranno ai 40 della manovra in via di approvazione e ai 100 messi in campo da aprile ad agosto. Intanto il Consiglio dei ministri ha licenziato il decreto che viene definito “milleproroghe” perché serve soprattutto a prolungare l’efficacia delle norme in scadenza a fine anno ma ritenute ancora necessarie.
Dentro, come al solito, c’è un po’ di tutto, compresa la proroga di importanti misure legate allo stato d’emergenza per la pandemia, dal blocco degli sfratti allo smart working.
A fronte di questo quadro appare con sempre maggiore evidenza – nel caso non fosse stato già sufficientemente chiaro – come sia decisiva la questione del Recovery Plan. A febbraio ci sarà l’autorizzazione all’anticipo dei fondi europei – per l’Italia un primo lotto da oltre 20 miliardi che ci servono come il pane – e il nostro Paese non può arrivare impreparato a questo appuntamento, rischiando di compromettere la sua partecipazione a un’iniziativa che ha dimensioni epocali sia per le somme stanziate sia per le implicazioni politiche nel rapporto con l’Europa e il suo futuro.
Il premier Conte vorrebbe definire il piano italiano tra la prossima settimana e i primi di gennaio, così da presentarlo in Parlamento dopo l’Epifania e avere il disco verde senza ritardi rispetto alle scadenze della Ue. In discussione ci sono i progetti da finanziare ma anche le procedure per l’impiego dei fondi, che dev’essere costantemente verificato nei tempi e nei risultati. Nel Recovery si richiede l’individuazione di uno specifico soggetto incaricato di tale verifica. Le premure europee su questo punto sono particolarmente giustificate nel caso dell’Italia, che negli ultimi sette anni è riuscita a utilizzare appena il 40% dei fondi tradizionali della Ue. È assolutamente nell’interesse nel nostro Paese la presenza di un meccanismo che ci “costringa” a spendere – e a spendere bene – gli ingentissimi finanziamenti che saranno resi disponibili.
Su tutta la questione incombe l’esito ancora incerto di una crisi politica nella maggioranza di governo che appare sideralmente lontana dall’attenzione degli italiani e in contrasto con gli sforzi che lo stesso esecutivo sta mettendo in atto per fronteggiare la pandemia e avviare una campagna di vaccini che non ha precedenti nella storia recente. Negli ultimi giorni sembra che i toni si siano abbassati e che la prospettiva di un accordo sia più vicina.
Ma è necessario che si arrivi a un patto politicamente solido e in tempi brevi, perché alla lunga il logoramento può provocare sfilacciamenti difficilmente ricomponibili. Tanto più che anche sul versante del centro-destra i rapporti tra i partiti sono problematici, sia per la competizione interna, sia per le difficoltà nell’individuare i candidati comuni alle prossime amministrative, sia per le diverse valutazioni sul piano europeo e internazionale, sempre più decisivo anche rispetto a quella che un tempo si poteva definire “politica interna”. Su queste fasi politico-istituzionali così convulse vigila il Presidente della Repubblica che ha anche incontrato personalmente i diversi leader per avere il polso della situazione. In un frangente così impegnativo della vita del Paese c’è bisogno di stabilità ma anche di scelte tempestive e lungimiranti e il Capo dello Stato è una garanzia per tutti gli italiani.