Coronavirus, Rezza (Iss): “Dopo il lockdown contagi principali in Rsa e famiglie”
Il direttore del dipartimento di Malattie Infettive: "C’è un trend alla decrescita dei casi, ma il virus non sta scomparendo". In fase 2 "mantenere le misure di distanziamento sociale"
"Vediamo che c’è un trend alla decrescita nel numero dei casi, se presentati per data di comparsa dei sintomi, ma il virus non sta scomparendo". Lo ha detto il direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell'Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza, durante la conferenza stampa odierna sull'analisi dell'andamento epidemiologico e di aggiornamento tecnico-scientifico del Covid-19. "Spesso si parla di nuovi contagi- ha poi chiarito- ma si tratta in realtà di vecchie notifiche. Adesso è importante considerare la comparsa dei sintomi".
“Non esiste nessun picco, è solo artificioso”
"Non c’è nessun picco nella curva dell'epidemia: si è trattato di un picco artificioso, generato dal lockdown", ha detto Gianni Rezza. "Nella fase 2- ha aggiunto - sarà importante rafforzare soprattutto il controllo del territorio, con l'identificazione rapida dei focolai, test, rintraccio e isolamento dei contatti, oltre ad azioni di contenimento e ad una eventuale creazione di zone rosse".
“Dopo il lockdown contagi principali in Rsa e famiglie”
"Quello che non sappiamo bene riguarda gli ultimi contagi, quelli avvenuti dopo il lockdown, non sappiamo dove sono avvenuti, perché e con quali modalità” - ha detto il direttore del dipartimento di Malattie infettive dell'Iss. "In questo senso i casi tra gli operatori sanitari ci dicono molto- ha proseguito- perché vuol dire che ci sono stati focolai ospedalieri, focolai a livello di Rsa (Residenze sanitarie assistenziali, ndr) e Ra (Residenze assistenziali, ndr)". E proprio le Rsa, secondo Rezza, sono indicatori dell'epidemia "ma anche degli amplificatori. Quando vediamo un focolaio in una Rsa, vuol dire che in qualche modo in quella zona il virus sta circolando ed è stato introdotto all'interno di quella struttura".
Ma oltre a quelli avvenuti nelle residenze assistenziali, ha sottolineato ancora l'esperto, la "gran parte degli altri contagi insorti dopo il lockdown probabilmente sono stati contagi intra-familiari. Ci sono i tedeschi che fanno un ottimo contact-tracing e hanno molte informazioni, oltre ad erogare un'ottima assistenza ospedaliera e ad avere tantissimi posti in terapia intensiva. Loro hanno indicato come la gran parte dei contagi avvenga all'interno delle famiglie e di strutture sanitarie, quindi da contatto ravvicinato". Su questo, allora, c’è bisogno "di maggiori informazioni- ha aggiunto Rezza- e credo che il progetto di contact tracing che il presidente ha presentato l'altro giorno nel Comitato tecnico scientifico vada a cercare di recuperare anche questo gap".
Sui contagi familiari, ha infine fatto sapere Rezza, "in questo momento purtroppo non abbiamo dati accurati, ma ci siamo riproposti di fare una survey oppure un'indagine più approfondita per capire effettivamente che ruolo può giocare la trasmissione del virus in famiglia", ha concluso.
“Siamo ancora in fase 1, non c'è dubbio”
"Siamo ancora in una fase 1, non c’è dubbio", ha detto Gianni Rezza. "Ma anche nella fase 2 dovremo mantenere le misure di distanziamento sociale, è chiaro- ha proseguito- e si spera che arriveremo ad un momento in cui il virus circolerà meno rapidamente rispetto a quanto ha fatto fino a poco tempo fa".