Coronavirus, Italia decreta i suoi porti non sicuri. “Illegittimo, aberrazione giuridica”

Con un decreto il governo chiude agli sbarchi, mentre la nave Alan Kurdi è con 150 persone a largo di Lampedusa. Schiavone (Asgi): “Scrivere nero su bianco che l’Italia non può assicurare luoghi sicuri è un’affermazione sproporzionata: la situazione in corso non giustifica una tale misura”. Mediterranea: “Macabra operazione di marketing”

Coronavirus, Italia decreta i suoi porti non sicuri. “Illegittimo, aberrazione giuridica”

L'Italia non può più essere considerata un “place of safety”, un luogo sicuro di sbarco per lo sbarco dei migranti da navi civili e militari straniere. Lo dice un nuovo decreto del governo non ancora pubblicato ma reso noto dal quotidiano The Guardian, relativo all’emergenza sanitaria in corso legata al coronavirus. Nel documento, che porta la firma dei ministri dell’Interno, della Salute, degli Esteri e delle Infrastrutture, si sottolinea che “per l'intero periodo di durata dell'emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Covid-19 i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of  safety, in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, sulla ricerca e il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell'area Sar italiana". Il decreto che sarà in vigore per tutta la durata dell’emergenza, arriva mentre la nave Alan Kurdi dell’ong tedesca Sea Eye ha a bordo 150 migranti, salvati in due operazioni nei giorni scorsi. L’imbarcazione, resta in attesa di un porto, a largo di Lampedusa.
Il documento fa riferimento al “consistente impegno delle forze di polizia nel controllo del territorio, al fine di garantire il rispetto delle disposizioni dettate dall’emergenza sanitaria”. Non solo, ma si parla anche “dell’attuale situazione di criticità di servizi sanitari regionali e all’impegno straordinario dei medici e di tutto il personale sanitario per l’assistenza ai pazienti Covid 19” che non permetterebbero dunque di assicurare sul territorio nazionale la disponibilità di luoghi sicuri per i profughi in arrivo.
La condizione del nostro paese è grave, ma sostenere che alla luce del problema italiano legato all'epidemia non si possano assicurare luoghi sicuri per lo sbarco mi sembra una tesi azzardata - spiega a Redattore Sociale Gianfranco Schiavone, vicepresidente di Asgi (Associazione studi giuridici per l’immigrazione) -. E’ vero che l’Italia è particolarmente colpita dall’emergenza Covid19 ma non siamo in uno scenario in cui l’epidemia riguarda solo il nostro paese.  Altri stati sono in situazioni analoghe: inoltre, non parliamo di salvare e porre in isolamento fiduciario per 14 giorni le persone che arrivano, così come è stato fatto per gli sbarchi autonomi delle ultime ore. Nell’ultimo mese, gli arrivi via terra e via mare non si sono fermati, anche se parliamo di numeri bassi - aggiunge -. La preoccupazione che stiamo andando verso la bella stagione e che le persone riprendano ad arrivare è reale e serve chiamare in causa un coordinamento europeo, ma scrivere nero su bianco che l’Italia non può assicurare luoghi sicuri è un’affermazione sproporzionata: la situazione in corso non giustifica una tale misura, è illegittima anche alla luce dello stato di eccezione che stiamo vivendo”. Per Schiavone, non ci si può appellare allo stato bandiera, come esplicitato nel decreto, perché nel caso della Alan Kurdi “ il porto più vicino sarebbe quello di Amburgo, ma può capitare anche il salvataggio da parte di una nave mercantile, per esempio giapponese, cosa facciamo, li mandiamo in Giappone?”.
Inoltre, il vicepresidente di Asgi, ricorda che si tratta di persone che devono essere portate in un luogo sicuro “che non può essere la Libia, paese in cui i naufraghi non possono essere riportati, altrimenti si violerebbe innanzitutto la Convenzione di Ginevra. Questo significa che un porto sicuro va individuato secondo i principi e le convenzioni vigenti, che non vengono meno per un decreto - aggiunge -. Le convinzioni però presentano anche aspetti non chiari. Ci sono problemi di coordinamento tra diverse fonti e ci sono lacune. Non abbiamo una definizione precisa  di porto sicuro, si tiene conto del paese geograficamente più vicino secondo il principio della deviazione minima del viaggio, si può tenere conto della condizione specifica di uno dei paesi. Ma affermare che l’Italia non sia un place of safety mi sembra illegittimo”.
Dura anche la reazione dell’ong Mediterranea che parla di “aberrazione etica e giuridica” e di “un’operazione di macabro marketing". “A pochi giorni dalle scene degli esponenti di governo che si spellavano le mani plaudendo alle parole pronunciate da Papa Francesco "Nessuno si salva da solo", ecco qual è la traduzione pratica: un decreto per chiudere i porti alle navi che soccorrono in mare persone che scappano dall'inferno libico - si legge nella nota dell’ ong italiana -. Si utilizza la pandemia come pretesto per riproporre il terribile messaggio che se muoiono affogati donne uomini e bambini in mezzo al nostro mare, è infine "un male minore e necessario". Un decreto senza alcun fondamento, né giuridico, né sanitario, visto che i protocolli per agire in totale sicurezza, ci sarebbero tutti. Un decreto in ogni caso inaccettabile - conclude Mediterranea -: forse non è ancora chiaro che ogni vita umana va salvata, perché non ci sono vite che valgono di più e vite che valgono niente, cancellate da poche righe scritte solo per un'operazione di macabro marketing, a cui ci aveva abituati il precedente Governo”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)