Caso Zaki, 365 giorni in carcere al Cairo senza diritti

Era il 7 febbraio 2020 quando lo studente egiziano dell’università di Bologna è stato arrestato con l’accusa di terrorismo. Dopo un anno di rinvii a giudizio, Patrick resta in carcere: per chiederne la liberazione, a Bologna l’Università organizza una manifestazione, la biblioteca Salaborsa apre una sala studio e Voci per la Libertà propone una maratona musicale

Caso Zaki, 365 giorni in carcere al Cairo senza diritti

A forza di rinvii di poche settimane, si è arrivati a un anno di carcere. È la triste vicenda di Patrick George Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna e attivista per i diritti umani arrestato al Cairo il 7 febbraio del 2020, e attualmente detenuto nel carcere di Tora, in Egitto. Domani 8 febbraio, saranno tante le iniziative organizzate per mostrare solidarietà a Patrick e chiedere il suo rilascio: tra le altre, a Bologna l'Università ha organizzato una grande manifestazione, la biblioteca Salaborsa apre una sala studio temporanea dedicata a lui, mentre Amnesty International, Meeting delle Etichette Indipendenti e Voci per la Libertà organizzano la maratona musicale “Voci X Patrick.

Tre giorni fa, la Procura egiziana aveva disposto altri 45 giorni di custodia cautelare per lo studente: alla base della decisione del giudice c’è il fatto che “i motivi della sua incarcerazione permangono” e “le indagini proseguono ancora”. Oggi Patrick rischia fino a 25 anni di carcere per dieci post “sovversivi” di un account Facebook che la sua difesa considera falso.

Da agosto 2019 Patrick viveva a Bologna, dove frequentava all’Università il master Gemma in studi di genere e femminili. Il 7 febbraio, appena sceso dall’aereo che lo riportava a casa per visitare i parenti, è stato arrestato all’aeroporto del Cairo con le accuse di fomentare le manifestazioni e il rovesciamento del governo, pubblicare notizie false sui social media minando l’ordine pubblico, promuovere l’uso della violenza e istigare al terrorismo. I suoi avvocati hanno riferito che gli agenti dell’Agenzia di sicurezza nazionale hanno tenuto Patrick bendato e ammanettato durante un interrogatorio durato 17 ore: il giovane è stato picchiato sulla pancia e sulla schiena e torturato con scosse elettriche.

Immediatamente è partita una grande mobilitazione per chiedere la sua liberazione: tutto è iniziato con una prima petizione su Change.org per chiederne la scarcerazione (oggi sono state raccolte oltre 250 mila firme) e con il lancio della campagna Patrick Libero, che ha diramazioni in tutta Europa. Il 17 febbraio, 10 giorni dopo l’arresto di Patrick, a Bologna si è svolta una grande manifestazione di solidarietà a cui hanno partecipato migliaia di persone, tra cui il sindaco Virginio Merola e il rettore Francesco Ubertini. Anche Amnesty International ha lanciato un appello per chiederne la liberazione.

Da allora, le iniziative della città si sono moltiplicate: tra le altre cose, a maggio in piazza Maggiore è stato appeso un pannello largo 30 metri con l’illustrazione di Gianluca Costantini, che mostra il volto di Patrick sorridente che emerge dal filo spinato. A luglio l’Università di Bologna ha portato 150 sagome dello studente nei luoghi di studio e nelle biblioteche, in attesa di rivederlo tra i banchi in carne ed ossa. E il 12 gennaio di quest’anno, il Consiglio comunale ha approvato all'unanimità il conferimento della cittadinanza onoraria a Zaki. Anche l’Europa si è mossa: il 18 dicembre il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione, chiedendo un'indagine indipendente e trasparente su tutte le violazioni dei diritti umani in Egitto, citando il caso di Regeni e Zaki.

Nel frattempo, al Cairo, Patrick continua a stare in carcere. Il 26 luglio ha potuto vedere i suoi avvocati per la prima volta da marzo. Il 25 agosto, poi, ha potuto avere un breve incontro con sua madre, che lo ha visto esausto e dimagrito. Prima di allora, la famiglia aveva ricevuto solo due brevi lettere, a fronte delle almeno 20 che lo studente aveva scritto e inviato. A Natale, i genitori l’hanno visitato di nuovo: è stato in quell’occasione che Patrick ha affidato loro un messaggio di auguri a tutti i suoi compagni e sostenitori, ribadendo di trovarsi in carcere per essere un difensore dei diritti umani. Intanto, le udienze relative al caso si sono concluse sempre con lo stesso esito: custodia cautelare prolungata.

Secondo la legislazione egiziana, la detenzione preventiva di una persona sospettata di aver commesso un reato potrebbe durare un massimo di 150 giorni. Eppure, la Procura suprema egiziana abusa regolarmente dei suoi poteri speciali per prolungare ulteriormente questo periodo: in media la detenzione preventiva in Egitto dura 345 giorni e, in un caso, si è estesa fino a 1.263 giorni. Dopo i primi 150 giorni, infatti la Procura può chiedere ai “tribunali speciali antiterrorismo” un rinnovo ulteriore per periodi di 45 giorni. A volte, persino quando un giudice ha ordinato il rilascio di un detenuto, la Procura suprema ha aggirato la sentenza, disponendo di nuovo la detenzione della persona interessata per una diversa accusa.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)