Vinicio, voce attuale a 100 anni dalla nascita e 70 dalla morte
Fin da giovane si è posto con fermezza di fronte alle questioni che interessavano l’Italia e il mondo. Ha testimoniato la fede in Dio e si è speso per gli ultimi. Doppio anniversario Il 23 febbraio si è celebrato il centenario della nascita di Vinicio Dalla Vecchia. Il 17 agosto saranno settant’anni dalla morte, avvenuta cadendo dalla parete est del Catinaccio “Rosengarten”. Torna, per l’occasione, l’escursione in Val di Fassa
Ben vengano gli anniversari quando possono essere un valido punto di riferimento per il tempo presente. Quello doppio che richiama l’attenzione su Vinicio Dalla Vecchia (100 anni dalla nascita e 70 dalla morte) possiede tutti i crismi per un confronto con il suo tempo e il nostro: storia e attualità. Il nostro testimone, nel corso della sua vita breve di solo 30 anni, si è trovato in mezzo ad alcuni tornanti della storia esiziali per l’Italia e il mondo. Nato a Perarolo di Vigonza il 23 febbraio 1924 da una povera famiglia di contadini, era stato educato secondo i canoni della cultura e dell’educazione fascista, ma la sua vera formazione cristiana, maturata all’interno dell’Azione cattolica, gli consentì di prendere subito le distanze dai tentativi di omologazione imposti dal Regime fascista.
La sua formazione
Studia agraria al Duca degli Abruzzi e geometria al Belzoni di Padova. Poi si darà alla medicina andando all’università. Nel 1939, quasi 8 milioni di giovani facevano parte della Gil (Gioventù italiana del Littorio), questa appartenenza garantiva un futuro fascista, sotto il motto: “Credere-Obbedire-Combattere”. Dalla Vecchia rispose con: “Preghiera-Azione-Sacrificio”. A Perarolo alcuni suoi compagni, simpatizzanti per il Pnf (Partito nazionale fascista), tentarono di portarlo sulle loro posizioni, ma trovarono sempre in Vinicio un atteggiamento fermo di fredda distanza. Anzi una volta prese posizione nei loro confronti definendoli «carrieristi in politica» (e oggi? Siamo messi diversamente?). Era difficile non essere fascisti allora. Dalla Vecchia rischiò il carcere decidendo di non esserlo. Questo solo per fare capire come il ragazzo avesse intuito quali rischi l’Italia stava correndo, scegliendo di votarsi all’avventura mussoliniana. Il coraggio delle idee. Questo gli valse la fiducia di molti giovani che si rivolgevano a lui per ottenere un consiglio o un suggerimento su tanti argomenti: dalla politica alla morale, dal come essere testimoni del Vangelo a come impegnarsi nel sociale. Il suo fitto epistolario, composto da oltre cento lettere, è ricco di insegnamenti: ben 40 inviate ad Antonio Zanella (Uccio), 30 all’amico Danilo Agostini. Questo per evidenziare quanto ci tenesse ai rapporti interpersonali e alla confidenza con i suoi interlocutori.
In Azione Cattolica
Fu don Valentino Caon ad avvicinare Dalla Vecchia all’Ac. Aveva visto in lui la persona giusta per ravvivare la vita cattolica giovanile del paese. Dopo di che fu tutto un succedersi di incarichi fino ad arrivare alla presidenza della Giac diocesana (Gioventù italiana Azione cattolica). Chi l’ha visto in azione è rimasto colpito dalla diligenza che metteva nel fare l’esame di coscienza, la preghiera che faceva dopo la confessione, davanti al crocefisso di Perarolo (quello del Brustolon), anche di notte facendosi prestare la chiave della chiesa dal parroco don Ermenegildo Masiero. L’impegno di fare la comunione più volte la settimana era la sua fonte di energia, data la molteplicità degli incarichi che stava assumendo.
Nella Resistenza
All’età di 21 anni, in una Italia divisa in due, Alleati e Repubblica di Salò, Vinicio Dalla Vecchia, non ebbe nessuna esitazione con chi schierarsi. Aderì a una formazione partigiana “minore” attiva nella Riviera del Brenta denominata Gruppo autonomo partigiano “Capriccio” di Stra (Venezia). Entrò in azione solo nelle ultime settimane, prima dell’insurrezione generale, riportando la perdita di tre partigiani. Il 23 aprile 1945, Perarolo rimase vittima di un violento bombardamento degli Alleati che fece 14 morti (nove erano di Perarolo), fra questi un carissimo amico di Vinicio, Pedron Ivo: «Vero gioiello che il Signore ha tratto dallo smarrimento del male». La parola Resistenza oggi riveste un significato drammatico. Allora si dovette scegliere.
Verso i malati
Per Dalla Vecchia l’aver scelto la facoltà di medicina era stata una «vocazione». Più s’immergeva nello studio e più ne avvertiva il valore, sia pure in contesa con l’altro tipo di vocazione che sentiva forte, quella dell’apostolato: «È con dispiacere, però, che vedo profilarsi, man mano che gli studi procedono, la tirannia della professione medica, così impegnativa e severa da non consentire le ampie scorribande nel campo dell’apostolato. Non che al medico non sia concesso di avvicinare le anime a Dio, anzi dopo il sacerdote, forse è la persona che più gode di questa possibilità!». Quanti sono stati visitati o assistiti da lui ne hanno un caro ricordo per la delicatezza e la bontà usata. Riceveva i pazienti a casa e regalava loro i farmaci. Aveva uno studio anche a Battaglia Terme. Si batteva perché gli agricoltori, i poveri avessero l’assistenza sanitaria, che al tempo non esisteva e oggi stiamo di nuovo rischiando di perdere.
Il cammino di Dalla Vecchia verso la canonizzazione
La causa di canonizzazione di Vinicio Dalla Vecchia, da quando è stata aperta dalla Diocesi di Padova (1999), ha superato vari passaggi: la fase diocesana della raccolta di atti e scritti, l’audizione dei testimoni viventi, il parere di una commissione storica, più altre esigenze formali. Al momento è in fase di stesura la Positio, cioè il documento che attesta verso gli organi giudicanti le prove dell’esercizio delle virtù cristiane del Servo di Dio. Postulatore a Roma è stato nominato don Francesco Armenti, mons. Maurizio Tagliaferri è il Relatore della Causa. Don Tiziano Vanzetto, direttore dell’ufficio diocesano per le Cause dei santi, ha avviato tutte le procedure per sostenere e diffondere la conoscenza del Dalla Vecchia, ma anche l’iter di don Lucio Ferrazzi, parroco di Pernumia, indicato nello stesso editto del 1999 del vescovo Antonio Mattiazzo.
La sorella
Il padre Riccardo (1894-1979) era nato a Fara Vicentino, aveva militato nel corpo degli Alpini durante la Grande Guerra. La madre Corinna Sabbadin (1901-1983) era nata a Vigonovo, faceva l’orlatrice lavorando in una fabbrica a Stra. Si sposarono nel 1923, ebbero tre figli: Vinicio (1924), Livia (1926), Gianni (1935). L’unica sopravvissuta della famiglia è la sorella Livia, 98 anni. Vive a Perarolo e ricorda ancora con estrema lucidità quel tragico 17 agosto: «Ero al rifugio Gardeccia, assieme alla fidanzata di Vinicio, Maria Gloria Peyla. Quel mattino eravamo andate in paese a fare delle spese. Quando risalimmo al rifugio trovammo molta gente. Chi ci conosceva non ebbe il coraggio di dirci nulla. Le salme furono portate al cimitero di Pera di Fassa. Non ho voluto vedere mio fratello morto perché preferisco continuare a ricordarlo da vivo».
Politica a servizio della persona
In un clima di forte contrapposizione ideologica, c’è da chiedersi quale fosse lo stile e l’atteggiamento assunto dal giovane di Perarolo. Molte persone lo hanno sentito parlare nelle piazze, durante i comizi elettorali che precedevano le elezioni politiche. Non era mai offensivo verso l’avversario ma sapeva rintuzzare con sagacia le idee contrarie alle sue. Vinicio Dalla Vecchia aveva una solida preparazione. Fu eletto consigliere comunale a Vigonza nel 1946 ottenendo 2.984 preferenze, il più votato. Se la piazza principale del capoluogo porta il nome di Enrico Zanella (ucciso brutalmente dai fascisti nel ’44) il merito è suo. Sono numerose le delibere in cui il consiglio comunale cambia opinione dopo il suo intervento. Nel 1950 riuscì persino a ottenere il trasferimento del segretario comunale ritenuto «inadeguato e lacunoso nel suo ruolo».
La scelta di Dalla Vecchia di impegnarsi nella Democrazia Cristiana non era la via per arrivare alla gestione del potere. Sulla scia del Magistero della Chiesa – di cui aveva letto molto – si era convinto che l’azione politica era a servizio della persona e della sua promozione. Nel ’46 non ebbe nessun dubbio su cosa votare al referendum che invitava gli italiani a scegliere tra monarchia e repubblica. Il 27 giugno 1954 Dalla Vecchia andò a Napoli al Congresso della Democrazia Cristiana. Conobbe Alcide De Gasperi, Giorgio La Pira e polemizzò con Giovanni Gronchi, grande fautore di una riforma del sistema elettorale interna del partito. Dalla Vecchia intravede e biasima i pericoli del capitalismo causa «delle più gravi ingiustizie sociali: troppo ampio e profondo è il solco che divide il povero dal ricco, il debole dal potente, il servo dal padrone, perché i primi possano ancora sopportare di dovere: loro soffrire l’indigenza più misera; gli altri godere nell’abbondanza e nel lusso più smodato». Consapevole di attaccare il capitalismo, Dalla Vecchia bolla con fermezza liberalismo e social-comunismo echeggiando l’insegnamento del magistero papale espresso nella Rerum novarum del 1891.
La sua battaglia contro il comunismo è nota. Profetiche queste parole: «Giù la maschera, partigiani falsi della pace! Voi che nelle bettole e nei covi aizzate e sostenete l’ardore dei vostri facendo balenare davanti alle loro menti esaltate il miraggio di una rivoluzione. (…) Voi partigiani di pace, che avete scritto in un vostro foglio che mai voi difenderete la Patria se l’aggressore sarà la Russia! In questo momento mi par di raccogliere nel profondo dell’animo lo sdegno fremente di quanti per questa nostra Italia, madre di santi e di eroi, han dato la vita. Si alzano dai loro sepolcri questi martiri dell’antico e del nuovo Risorgimento. E con la forza derivante da un amor che giunse all’olocausto supremo vi gridano in faccia il loro onore e vi dicono: traditori della patria. Vi dico e vi scongiuro, non date il vostro voto a chi vuol fare dell’Italia una colonia della Russia».
La passione per la montagna «pone la sue radici nel cuore»
Fu don Bartolomeo Dal Bianco, cugino e compagno di sventura, la persona che più di ogni altra fece nascere nel giovane Dalla Vecchia la passione per la montagna. Verso i 14-15 anni cominciò a portarlo con lui nelle vacanze estive in montagna. Aveva affittato una casa in Val di Fassa, a Moena. Quando si avvicinava il tempo della partenza don Dal Bianco diceva: «Tienti pronto, preparati, che partiamo». Dalla Vecchia ne era entusiasta. Nelle riflessioni di Vinicio affidate alle pagine di un diario, all’età di 16 anni, scrive: «Quando la passione per la montagna penetra nel cuore, pone le sue radici, ben difficilmente la si può sradicare. Lo stiamo constatando noi stessi che attendiamo con sempre più impazienza il momento di partire per arrampicare, per conoscere, per vedere cose che richiamano l’animo a considerare la grandezza e la sapienza Divina».
Le iniziative per i due anniversari
La parrocchia di Perarolo sta onorando con varie iniziative il doppio anniversario: cento anni dalla nascita e settanta dalla morte. Il grest – che si è svolto a luglio e ha visto la partecipazione di 120 ragazzi e una trentina di animatori – ha approfondito la sua figura. Sabato 17 agosto la comunità di Perarolo, assieme alla parrocchia di Codiverno e alle parrocchie del vicariato di Vigonza e all’Azione cattolica diocesana, partecipa al pellegrinaggioescursione in Val di Fassa ai piedi della parete est del Catinaccio, dove Vinicio ha perso la vita. Domenica 1° settembre, alle 21 a Perarolo, concerto per ricordare la figura di Vinicio dalla Vecchia. Sul palco il gruppo dei The Sun, band di christian music originaria di Thiene, per risvegliare la consapevolezza che agire attivamente per il bene comune porta dignità alla persona stessa e all’intera società. Lunedì 2 settembre, durante la sagra, alle ore 20.45 nel centro parrocchiale dedicato a Vinicio Dalla Vecchia si svolge una serata per ricordare la sua vita, con l’intervento dello storico Patrizio Zanella.