Servizio medico nelle Cucine economiche popolari. Un bilancio. Accanto a chi non ha alcuna cura
Cucine economiche popolari. “Bilancio” del servizio medico: diminuiti drasticamente gli accessi anche per una nuova regolamentazione Suor Zandonà: «Seguiamo i più bisognosi e, allo stesso tempo, aiutiamo chi ha diritti di assistenza a ricevere cure nei luoghi predisposti»
Sempre attivo: a parte qualche settimana a inizio lockdown, il servizio medico offerto dalle Cucine economiche popolari di Padova non si è mai fermato. Ha però registrato un calo degli accessi, già sensibile tra 2018 e 2019: le visite mediche, infatti, erano passate da 4.139 a 3.398. Nel 2020 la diminuzione ha superato il 60 per cento per un totale di 1.354 prestazioni mediche (a cui si aggiungono 176 infermieristiche), rivolte a un totale di 578 persone: il 67 per cento uomini e il 33 per cento donne.
Sono questi i dati più significativi che emergono dal “bilancio” del servizio medico delle Cucine economiche popolari, predisposto dalla Fondazione Nervo-Pasini e dalle Cucine stesse. «L’andamento mensile delle prestazioni nel 2020 – si legge – è stato fortemente condizionato dalla pandemia di Covid-19; nei mesi di marzo e aprile la richiesta di visite mediche si è ridotta drasticamente, per poi aumentare pian piano senza però mai nemmeno lontanamente avvicinarsi ai numeri degli anni precedenti».
Delle 578 persone che hanno avuto accesso a visite mediche, circa la metà (268) provengono dall’Africa subsahariana, con una forte prevalenza nigeriana; un 20 per cento (118) dall’Europa orientale (in particolare da Romania e Moldavia), un altro 18 per cento (107) dal Magreb e a seguire 49 dalle zone asiatiche (in particolare da Bangladesh e Pakistan), 28 dall’Italia e alcune unità da Medio Oriente e America Latina.
Un servizio per chi non ha alcuna cura
«L’anno della pandemia ha portato un drastico calo delle visite mediche – sottolinea suor Albina Zandonà, direttrice delle Cucine economiche popolari – così come è stato per il servizio mensa, anche se l’utenza è in parte diversa. C’è poi da specificare che negli ultimi anni si è registrata già una diminuzione, dovuta anche a una regolamentazione del servizio medico che prevede ora l’accesso solo alle persone che davvero non hanno altre possibilità di cura: non hanno un medico di base di riferimento (persone senza fissa dimora, di passaggio o con residenza altrove) o sono in possesso della tessera Stp (straniero temporaneamente presente). Per tutte le altre persone abbiamo attivato percorsi di “accompagnamento” e di consapevolezza rispetto ai servizi esistenti e di cui hanno diritto nelle strutture pubbliche. La nostra preoccupazione principale è di seguire le persone più bisognose, quelle che altrimenti non avrebbero alcuna cura, e nello stesso tempo di aiutare chi ha dei diritti di assistenza a ricevere cura nei luoghi predisposti».
Il servizio medico delle Cucine economiche popolari, attivo fin dagli anni Settanta, ha avuto negli ultimi anni un’importante riorganizzazione, con nuovi spazi al piano superiore della struttura di via Tommaseo, una sala di attesa, ambulatori nuovi e un servizio farmacia, oltre a essere dotato di tutte le apparecchiature indispensabili per eventuali emergenze.
«L’attività medica – spiega il prof. Giuseppe Realdi, coordinatore dei medici alle Cucine – è assicurata al mattino per l’intera settimana, ed è coadiuvata da una decina di infermieri che si ruotano nel servizio. I medici volontari sono attualmente venti, tra medici di medicina generale e interna, e specialisti. Pressoché tutte le attività specialistiche sono assicurate: chirurgia generale, ortopedia, cardiologia, gastroenterologia, epatologia, ginecologia, pneumologia, otorinolaringoiatria, oculistica, ematologia, immunologia, allergologia e anche pediatria».
Pazienza e comprensione, “strumenti” di medici e infermieri
Gli assistiti trovano presso le Cucine popolari non solo competenze mediche professionali in grado di risolvere i molteplici problemi medici e assistenziali sofferti, «ma anche e soprattutto – sottolinea il prof. Realdi – un ambiente dove ogni ospite avverte nell’immediato un clima di solidarietà e di partecipazione ai suoi, talvolta difficili problemi di salute, di lavoro o di adattamento, o anche di aperto conflitto con una realtà ben lontana dal suo ambiente di origine, talvolta di rifiuto o anche ostile e comunque spesso indifferente e incurante della sofferenza e del disagio. La pazienza e la comprensione dell’altro costituiscono gli strumenti di cui medici e infermieri, volontari e tutto il personale delle Cucine, si propongono ogni giorno di dotarsi e di consolidare, per accogliere e prendersi cura di questi fratelli, spesso figli di un mondo di miseria materiale e morale, di un mondo di oppressione e di violenza, e farli sentire persone, dotate di piena dignità e chiamate a cosciente libertà nel reciproco rispetto».
Protocollo di collaborazione con l’Ulss 6
Dal 2018 le Cucine popolari hanno sottoscritto un protocollo di collaborazione con l’Ulss 6 Euganea per l’assistenza sanitaria alle persone indigenti, italiani e stranieri, che la chiedono assistenza nella struttura di via Tommaseo. «La collaborazione – spiega il prof. Realdi – prevede sia la fornitura da parte dell’Ulss di farmaci di fascia A e di presidi sanitari, sia l’accesso a prestazioni specialistiche diagnostiche e terapeutiche presso le strutture dell’azienda, sia il rilascio di tessera sanitaria, Stp o Eni, o l’assegnazione di un medico di medicina generale, e l’eventuale collegamento con lo stesso. È proficua, inoltre, la collaborazione con il Distretto Padova Bacchiglione e con il personale medico dell’Uoc (unità operativa complessa) Infanzia, adolescenza e consultori, referente Immigrazione del Distretto».
Ricominciano i pranzi domenicali in parrocchia
Da dicembre scorso, le Cucine economiche popolari – vista l’impossibilità, causa Covid, di distribuire i pranzi domenicali nelle parrocchie della città – sono rimaste aperte sette giorni su sette, festività comprese. Ora, con domenica 7 marzo, riprendono i pranzi in parrocchia: il servizio prevede, visto il perdurare della pandemia, la distribuzione di cestini.