Parrocchia, tutti fuori! Cioè? Parrocchia, ministeri, formazione, ne parla in un libro don Rolando Covi
Nel libro Parrocchia, ministeri, formazione emerge l’urgenza, per le parrocchie, di essere realmente in uscita. Per un dialogo “di speranza” con i territori, geografici e antropologici
Sono decenni che, almeno sulla carta, non è più valida la concezione di una Chiesa in cui preti e laici viaggiano in scompartimenti separati. Con i motu proprio “Spiritus Domini” e “Antiquum ministerium” papa Francesco, nel 2021, ha ampliato le finestre dei ministeri laicali istituiti prima permettendo l’accesso delle donne al lettorato e all’accolitato, poi istituendo il ministero del catechista. È il servizio – ministero, appunto – il focus. Parlare di ministeri battesimali senza ricorrere a qualche tecnicismo è impossibile, eppure, è su questa partita che si gioca il futuro delle parrocchie. Chi farà cosa, certo, ma anche su quali immagini di parrocchia, di ministero e di formazione prenderà corpo la proposta di papa Francesco di un ministero battesimale istituito nel tessuto della Chiesa italiana. Da poche settimane è uscito, per le Edizioni Messaggero Padova, il libro Parrocchia, ministeri, formazione di don Rolando Covi, prete della Diocesi di Trento e docente di catechetica e teologia pastorale alla Facoltà teologica del Triveneto di Padova. «Il testo non è originale nelle singole parti – spiega don Covi – ma tenta una sintesi affrontando la questione in tutta la sua complessità e in tutte le sue sfaccettature». Il rapporto tra laici e preti, in primis: «Il nuovo ministero non può essere accolto se allo stesso tempo non si prova ad accompagnare e a fare evolvere anche il ministero ordinato». Dunque quale parrocchia, ma anche quale formazione sia per i preti che per i laici: «Per entrambi va ritrovata la collocazione dentro una forma di Chiesa che è in cambiamento». Nel suo libro don Rolando Covi racconta di un suo studente, prete da 30 anni, che osservava tutta la contraddizione nel rilevare la frustrazione per lo scarso successo di tante iniziative pastorali e allo stesso tempo convincersi di quanto la figura del prete sia necessaria nella società di oggi. E non solo come testimonianza. Un superamento del clericalismo che metta al centro la fede e poi si concentri sulle cose da fare, in cui i laici e i preti insieme «si ritrovino insieme come discepoli, cioè persone che hanno bisogno di imparare l’uno dalla fede dell’altro». Occorre dunque spostare l’attenzione sull’ecosistema parrocchia, chiamata a evolvere verso uno stile maggiormente missionario: «In un lavoro coordinato da fratel Enzo Biemmi, catecheta, che uscirà a novembre, saranno raccolte non tanto delle idee, quanto delle esperienze già in atto di parrocchie che vivono l’attenzione missionaria, per una Chiesa che ha bisogno di essere accompagnata a ritrovare la gioia dell’annuncio». Citando mons. Erio Castellucci (vescovo di Modena-Nonantola e vice presidente della Cei per l’Italia settentrionale), don Covi vede nel futuro delle parrocchie da una parte un ripensamento delle strutture, che richiedono una “dieta”, dall’altra «il riconoscimento di germogli di novità che stanno crescendo», come nuove «forme di comunità che dentro la parrocchia vivono una fraternità reale in varie esperienze dove la Parola è messa al centro, dove non c’è il ruolo che prevale sulla relazione e dove la relazione prevale sull’organizzazione». Parrocchie, insomma, più fraterne. L’esperienza di Trento, con le sue valli montane, insegna che le piccole realtà possono sopravvivere anche senza parroco residente se si responsabilizza un comitato locale, spesso a guida femminile. Ma anche che la dimensione della Chiesa in uscita non è limitata all’annuncio, ma anche alla generazione di nuove esperienze: «Un mio amico parroco in Trentino è riuscito a far entrare in relazione la sua parrocchia con una comunità che si occupa di adulti con disagio psichico. È nato un centro estivo diurno in cui gli adolescenti della parrocchia offrono animazione agli adulti. Da soli non ce l’avrebbero fatta, ma l’incontro tra le realtà ha creato qualcosa di grande. Esempi così ce ne sono tanti». In un contesto di maggiore mobilità delle persone – nelle quali insomma non si va più necessariamente a messa o ai sacramenti nella chiesa più vicina – le parrocchie resteranno centrali tanto quanto sapranno dialogare con il territorio non più solo dal punto di vista geografico, ma anche antropologico: «Citando fratel Biemmi: abbiamo bisogno di riscoprire la fede dentro i territori esistenziali. Le sentinelle del cambiamento sono i giovani, che cercano comunità dove la vita fraterna sia reale: ci sono tanti esempi in Italia di vita comune. Tutto ciò non elimina le parrocchie, ma le invita, in maniera molto concreta, a organizzarsi insieme, perché vi siano dei poli dove possano, ad esempio, ritrovarsi i giovani: la singola piccola parrocchia non può più rispondere a questi bisogni, ma più parrocchie in rete sì». «Il cambiamento – conclude don Rolando Covi – non deve spaventarci. Segni di speranza sono i tanti giovani che cercano spiritualità, che cercano il dono di sé, che cercano Cristo, che si sono allontanati dalla Chiesa ma non dal Vangelo: questo dicono le ricerche. Ma la speranza è anche nella pazienza e nella resilienza di tanti parroci e fedeli che continuamente cercano con passione di amare questa Chiesa».
Don Rolando Covi: «La Chiesa è cambiata molte volte...»
Quale figura di parrocchia? Quale figura di ministero? Quale figura di formazione? Tre domande al cuore del libro di don Rolando Covi, Parrocchia, ministeri, formazione (Edizioni Messaggero Padova, pp. 208, 35 euro). «La forma della Chiesa è cambiata molte volte nei secoli e quindi un cambiamento non deve spaventarci. La sfida è quella di aiutarci a ritrovare il Vangelo».
Uno spunto? Imparare dall’esperienza
Tre piste concrete dal libro di don Rolando Covi: formazione permanente del clero che metta al centro la riflessione sull’esperienza pastorale; figure che sappiano tradurre l’esperienza sinodale in vita feriale; imparare dall’esperienza. «Questo è uno spunto nato in ambito professionale che l’Associazione catechetica italiana ha approfondito e che mi sembra promettente».
Andrea Canton