Migranti, non c'è nessuna invasione
Speciale Caritas. Gli sbarchi sono calati del 75 per cento e l'Italia ha avuto meno della metà delle richieste di protezione internazionale della Germania negli ultimi sette anni. Immigrazione e sbarchi: tra la realtà dei dati e la narrazione di certa politica. «La “minaccia populista” – commenta Oliviero Forti di Caritas Italiana – ha sicuramente prodotto un cambiamento anche nell’agenda politica italiana».
Non c’è alcuna invasione. Sì, avete letto bene.
Spegniamo la televisione, chiudiamo Facebook, facciamo silenzio dentro di noi e ripetiamolo ancora una volta, con calma ma con decisione: non c’è alcuna invasione di migranti, se non nell’ormai dominante narrazione da campagna elettorale permanente che è diventata la nostra politica.
È innegabile come negli ultimi anni, dopo le primavere arabe, la guerra in Siria e l’instabilità politica nell’Africa subsahariana si siano intensificati i flussi migratori verso l’Europa. Ma è altrettanto innegabile che i problemi più grandi non siano provocati dal fenomeno in sé, quanto dalla sua cattiva – se non pessima – gestione. Per l’Italia pesano un sistema d’accoglienza “emergenziale”, le trappole del regolamento di Dublino, che impone ai Paesi di primo accesso la gestione della richiesta di protezione internazionale e la mancanza di una solidarietà europea. Non solo i ricollocamenti promessi non hanno funzionato, ma non vi potrà essere alcuna modifica al regolamento di Dublino finché vi sarà l’opposizione dai Paesi dell’est, specialmente dall’Ungheria di Orban, che non vogliono sentire in alcun modo parlare di redistribuzione e quote.
L’analisi dell’Ufficio politiche migratorie e protezione internazionale di Caritas italiana, che ha incrociato i dati di Ministero dell’interno, Istituto per gli studi di politica internazionale, Ministero del lavoro e Save the children, aiuta a fare chiarezza.
Gli sbarchi sono calati del 75% Negli ultimi cinque anni sono arrivati in Europa due milioni di migranti lungo le rotte “irregolari”. Dal luglio del 2017, dopo gli accordi dell’ex ministro dell’Interno Minniti con le milizie libiche, il numero di sbarchi è crollato. Sono diminuite anche le richieste d’asilo, anche se l’Italia, che valuta 7 mila richieste d’asilo al mese, avrebbe bisogno di un anno e mezzo senza sbarchi per rispondere a tutti.
L’invasione? Nella nostra testa e nelle parole dei politici L’Italia ha 60,5 milioni di abitanti. Gli stranieri regolari sono poco più di 5 milioni, cioè l’8 per cento, di cui 4 milioni, il 6,7 per cento, proveniente da fuori Europa. Gli extraeuropei sono però il 9,9 per cento degli austriaci, l’8,5 per cento dei francesi, l’11,6 per cento degli svedesi. L’Italia non è tra le prime posizioni nemmeno come numero di richiedenti asilo, con una cifra, nel 2017, pari a due richieste per mille abitanti, superati da Austria, 2,5 per mille, Svezia, 2,2 per mille e Germania, 2,4, che però negli ultimi anni ha ricevuto oltre 700 mila richieste d’asilo, più del doppio dell’Italia.
Le ong? Non sono i “taxi del mare” Cala anche il numero delle vittime in mare in termini assoluti, ma viaggiare è ancora più pericoloso, dato che tra il gennaio-marzo 2017 e i primi tre mesi del 2018 il rischio è salito dal 3,3 al 5,8 per cento. I dati sconfessano poi gli attacchi che criminalizzano le organizzazioni non governative dedite al soccorso in mare: il numero di sbarchi, infatti, non ha alcuna correlazione statistica con il numero delle operazioni di salvataggio delle ong.
Accoglienza: il sistema Sprar non è ancora sufficiente Sono aumentati i posti per “progetti di accoglienza integrata”, salendo dai 4 mila del 2012 ai 25 mila del 2017. Non basta però: se nel 2014 circa un migrante su tre era ospitato nelle strutture Sprar, adesso la proporzione è di uno su sette. Troppo poco per una vera integrazione.
La redistribuzione europea ancora non funziona Dal settembre 2015 all’aprile 2018 in Italia sono sbarcate 350 mila persone. I piani di ricollocamento europei prevedevano la ricollocazione di 35 mila richiedenti asilo verso altri Paesi, limitati però alle nazionalità con un tasso di riconoscimento di asilo superiore al 75 per cento, ovvero solo eritrei, somali e siriani. Gli “aventi diritto” in Italia erano solo 21 mila. Di questi 13 mila i collocati. (Andrea Canton)