L’ordinazione del vescovo Lucio Nicoletto, Ai piedi della Croce insieme ai fratelli
Don Lucio Nicoletto è vescovo! All’ordinazione, sabato scorso nella Cattedrale di Padova, il fidei donum padovano – classe 1972, originario di Carceri (dove ha vissuto fino a nove anni) e Ponso – si è trovato coinvolto in un “blitz” ad opera del vescovo ordinante principale, mons. Mário Antônio da Silva, arcivescovo di Cuiabá (Mato Grosso, Brasile).
Concluso il rito di ordinazione vero e proprio e scambiato l’abbraccio e il bacio di pace con tutti i vescovi presenti, mons. Mário Antônio è sceso dal presbiterio, si è diretto verso la mamma di don Lucio, Paola, e l’ha accompagnata dal figlio. In quell’abbraccio, con mamma Paola completamente “avvolta” da don Lucio, c’erano anche papà Dino – scomparso nel 2017 – i fratelli Rossano ed Elisabetta, i parenti, gli amici, la Chiesa di Padova e le Chiese del Brasile: Duque de Caxias e Roraima, dove ha vissuto il suo servizio come fidei donum, e la prelatura territoriale di São Félix do Araguaia, nel Mato Grosso, dove papa Francesco l’ha destinato come vescovo.
Una storia condivisa
«Questa celebrazione richiama la storia della nostra relazione con le Chiese brasiliane, ratificando il fraterno legame che da tempo si vive e che oggi viene rafforzato – ha sottolineato, nel saluto iniziale, il vescovo Claudio Cipolla, co-ordinante insieme al vescovo emerito di Padova, mons. Antonio Mattiazzo, e al cardinale Leonardo Ulrich Steiner, vescovo di Manaus – Come non pensare oggi al nostro don Ruggero Ruvoletto e al comboniano padre Ezechiele Ramin, che hanno dato la vita per l’annuncio del Vangelo proprio in Brasile? Il pensiero va anche a padre Francesco Montemezzo e a quanti hanno dedicato la vita per quelle comunità. I vescovi provenienti dal Brasile qui presenti, così numerosi, testimoniano l’accoglienza delle Chiese da loro presiedute e di tutta la Chiesa brasiliana per la quale papa Francesco ha scelto tra di noi il vescovo di São Felix». Tra i vescovi brasiliani presenti all’ordinazione c’era anche mons. Francesco Biasin, originario della Diocesi di Padova, e già vescovo di Pesqueira (2003-2011), di Barra do Piraí-Volta Redonda (2011-2019) e ora amministratore apostolico di Corumbá (da dicembre dello scorso anno).
Amare, la prima missione
Nella sua omelia, il vescovo Mário Antônio da Silva, dopo avere riflettuto su Gesù “pane vivo”, nella solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, si è rivolto a don Lucio: «Avrai come principale responsabilità, nel tuo ufficio apostolico, di condurre i fedeli all’unità della Chiesa verso la salvezza. Avrai pure la missione di creare o rafforzare la coscienza del popolo, perché sia in grado di costruire una società giusta e fraterna. La giustizia deve permeare tutte le relazioni sociali e interpersonali, eliminando lo sfruttamento, l’oppressione e ogni forma di corruzione, anticipando così la realizzazione del regno di Dio sulla terra». E, facendo riferimento al motto scelto dal nuovo vescovo di São Félix do Araguaia – “Senza l’amore non sono niente” (1Cor 13,2) – ha aggiunto: «Ama tutti coloro che Dio ti ha affidato. Ama e abbi cura delle tue pecorelle, dei diaconi, religiosi, religiose, seminaristi, ma abbi uno sguardo attento e amoroso rivolto verso i presbiteri. Ama pure i poveri e gli ammalati, i pellegrini e i migranti. Dimostra uno zelo instancabile verso coloro che ancora non appartengono all’ovile di Cristo, come se fossero affidati a te dallo stesso Cristo. Non dimenticarti che fai parte del collegio dei vescovi in seno alla Chiesa universale unita dal vincolo della carità».
«Non voglio perdere il centro...»
Nel suo saluto, alla fine della celebrazione – che è stata seguita in streaming anche dal Brasile – il vescovo Lucio Nicoletto ha confidato: «Ho dovuto lottare non poco in questi ultimi tre mesi per non correre il rischio di perdere ciò che realmente conta in questo momento... Un cantautore brasiliano molto conosciuto, padre Zezinho, oggi canterebbe così: “Per un pezzetto di pane e un bicchiere di vino Dio si è fatto vero cibo e cammino”. Sì, per me va molto bene essere qui oggi per un pezzetto di pane ed un bicchiere di vino... Non posso e non voglio assolutamente perdere il nucleo, il centro... l’essenziale che rende presente la presenza, l’unica presenza che dà senso al nostro essere qui e ora, come amici di Cristo, qui e in tutte le strade del mondo dove c’è qualcuno che pagherebbe oro per poter stare insieme a condividere in compagnia un po’ di pane e un po’ di vino, l’alimento e la gioia della presenza...». Ha poi riflettuto sul fare festa/fare Pasqua: «Fare Pasqua è compiere un passaggio: da una vita ripiegata in se stessi a una vita con gli occhi negli occhi di chi non ha più occhi neanche per piangere, perché il pane non è abbastanza per tutti in famiglia, perché l’economia dell’accumulo nelle mani di pochi continua a tradire la gioia del banchetto pasquale che è per tutti. Fare Pasqua é aiutare altri a fare Pasqua, da una vita poco dignitosa a una più dignitosa per tutti, dove ci sia una casa, un lavoro e una terra per tutti... Per la mentalità attuale questo è solo un’utopia, una pazzia... Forse può esserlo per il mondo, ma non può esserlo per il cristiano, il discepolo, l’amico di Gesù... La chiesa di São Félix questo lo sa bene: a rimanere fedeli a Cristo si paga sempre un prezzo molto caro, soprattutto oggi perché stare dalla parte del Cristo che si incarna nel povero, nel migrante, nel rifugiato, nell’operaio disoccupato, nel contadino sfruttato e senza la sua terra... è prendere posizione per stare ai piedi della croce di Cristo».
«Entri nella nostra canoa...»
Un gruppo di fedeli brasiliani, presenti all’ordinazione, ha consegnato al vescovo Lucio tre doni: un anello di Tucum, realizzato con il seme di una palma amazzonica. È utilizzato dai movimenti sociali e dalle comunità ecclesiali di base in Brasile, e coloro che lo indossano hanno sposato la causa della lotta per una vita dignitosa per i poveri e gli esclusi; uno stendardo della tribù Tapirapé, ricamato da donne pensionate di Araguaia, con lo stemma della prelatura e i nomi dei popoli indigeni che la popolano; un remo per canoa «a simboleggiare che don Lucio sta entrando nella nostra stessa canoa, cioè nella nostra stessa realtà quotidiana e familiare e remerà insieme alla nostra gente nella stessa direzione. Questa per noi è la vera sinodalità». Doni sono giunti anche dai vescovi del Brasile: una collana realizzata a mano per mamma Paola (che le ha fatto indossare l’attuale vescovo di Roraima, mons. Evaristo Pascoal Spengler); due setacci di paglia intrecciati: uno per il vescovo Claudio e uno per il vescovo Lucio. «Dicono – ha sottolineato mons. Spengler – unione, comunione e sinodalità»; una stola fatta a mano, per don Lucio, con elementi che ricordano la regione di Roraima «perché se ne ricordi». Mons. Spengler ha concluso: «Il Brasile ha ricevuto tanto dalla Chiesa italiana. Grazie a Padova per averci dato don Lucio. Grazie a te, don Lucio, per essere rimasto con noi a servizio della Chiesa in Brasile».