Caritas, la voce dei volontari. In ascolto di storie e bisogni, con la formazione giusta
Volontari Al centro di ascolto diocesano si spendono persone di tutte le età ed esperienze, perché non esiste un prototipo di “volontario/a Caritas”. Roberta studia psicologia e da due anni è impegnata nel servizio
Esperienze di vita ed età differenti, visioni del mondo diverse, percorsi di fede, di servizio e di impegno tra i più disparati. Non esiste il prototipo del volontario (o della volontaria) Caritas da replicare con lo stampino, ma una molteplicità di storie dalla quale deriva una molteplicità di risposte e di incontro con la povertà. Roberta è giovanissima: studia psicologia e da due anni è volontaria presso il Centro d’ascolto diocesano di Caritas Padova. «Incontro le persone che si rivolgono al servizio – spiega – faccio i colloqui, compilando sia la scheda cartacea che quella digitale. Mi occupo in buona sostanza di ascoltare le storie e i bisogni delle persone che si rivolgono a noi e di trascriverle perché ne rimanga traccia». Ascolto, certo, ma anche orientamento: «Le persone arrivano con i bisogni più disparati: possono chiedere vestiti o questioni burocratiche su pensione e disoccupazione da risolvere. È qui che le indirizziamo verso l’Avvocato di strada, il Centro di assistenza fiscale o le Cucine popolari». Roberta non è da sola: almeno una volta al mese l’equipe si riunisce e fa il punto, interviene su eventuali difficoltà e si fa carico dei temi del momento, dall’emergenza freddo o alla gestione, nella primavera del 2022, dei profughi ucraini. Non manca poi la formazione: «Andiamo a vedere di persona i servizi con i quali collaboriamo, come Avvocato di strada, Casetta Borgomagno, l’asilo notturno del Torresino». Altri incontri tematici sono particolarmente “suggestivi” per chi già studia psicologia come lei: «Abbiamo incontrato il dott. Federico Vignaga, uno psichiatra, che ci ha offerto alcune dritte su come si conduce un colloquio al centro d’ascolto, che è diverso da un colloquio psicologico. Con questa formazione è sicuramente importante conoscere i limiti ma anche i confini tra questi due ambiti». Roberta, in questi due anni, ha anche imparato quanto spesso sia grande il confine tra ciò che si può fare e ciò che si vorrebbe fare. «Mi piacerebbero ci fossero più risorse. Lo so, è molto utopico, ma quando le persone arrivano e chiedono un posto letto, dire di no è davvero difficile. La frustrazione di non poter dare di più è tanta. C’è anche il fatto che spesso le persone arrivano da noi con un’idea un po’ diversa rispetto al servizio, con informazioni e aspettative sbagliate». Altri ostacoli importanti stanno in altri tipi di incomunicabilità, come quella linguistica, specie con immigrati che non conoscono né l’inglese né il francese. «Come ci spiega la coordinatrice Elisabetta Vergani – aggiunge Roberta – il nostro è un servizio per gli ultimi tra gli ultimi, che spesso non hanno più alcuna speranza. Ed è bello, quando capita, vedere come queste persone, attraverso l’accesso temporaneo al servizio, possano ritrovare la via».
Esperienza tra prassi precise e novità
Strutture, regole, prassi stabilite da una parte. Fantasia, originalità, capacità di cogliere le novità dall’altra. Come gestisce questo equilibrio una giovane che inizia a fare la volontaria in Caritas? «Le volontarie che sono qui da tanti anni – racconta Roberta – sono abituate a tutto, anche a dei rifiuti quando c’è bisogno. Tutto è organizzato in modo che ciascuno abbia il suo compito: è una sensazione di ordine che mi rassicura. Eppure, nei singoli colloqui, c’è anche la possibilità di essere se stessi e di dare il proprio contributo per quello che si è. Mi piace lavorare con Elisabetta Vergani e le altre volontarie: mi sento gratificata e arricchita. E c’è anche spazio per suggerimenti e novità». Tra queste novità, una delle più recenti è il gruppo di “Cercatori di Bellezza”, che accompagna le persone che si rivolgono a Caritas in appuntamenti culturali e artistici: «Questo spunto, che è stato raccolto e portato avanti, è la dimostrazione che anche in una realtà strutturata le nuove idee possono crescere».
Andrea Canton