Caritas Padova, parla una volontaria di lungo corso. Il Vangelo si fa pratica

Volontari di lungo corso Adriana racconta come si è evoluto il suo impegno in Caritas. «Il servizio che porto avanti è stato utile per la mia fede perché mi permette di mettere in pratica ciò che leggiamo nel Vangelo, donare quello che so fare, quello che so e il mio tempo»

Caritas Padova, parla una volontaria di lungo corso. Il Vangelo si fa pratica

Adriana, pensionata padovana, è volontaria nel Centro di ascolto diocesano della Caritas di Padova da oltre vent’anni. Prima di lei i figli avevano prestato servizio in Caritas. Poi, però, è toccato a lei, su “chiamata” del direttore dell’epoca: «Mi ha chiesto se volessi diventare anche io una volontaria, e così ho accettato. Conoscevo la Caritas parrocchiale, nella quale non avevo mai prestato servizio perché non mi pareva facesse per me, ma ho provato con quella diocesana. All’inizio Caritas effettuava solo distribuzione di piccolissime somme di denaro (mille lire) e non c’era ascolto o accompagnamento. Poi invece si è iniziato a pagare qualche bolletta, a seguire nell’inserimento lavorativo le prime donne dell’Europa dell’est che arrivavano qui, poi si è cominciato a fare accoglienza e il servizio si è andato sempre più strutturando». Seguendo tutta questa evoluzione ora Adriana presta servizio, per il Centro di ascolto diocesano di Padova, nei confronti delle persone senza dimora: «Concretamente ascolto le persone, cerchiamo di dare qualche risposta, proviamo a impostare percorsi di accompagnamento e questo modo di fare mi piace molto, lo sento mio e colgo l’importanza di quello che proviamo a fare». Un’esperienza che arricchisce, moralmente e spiritualmente: «Il servizio che porto avanti è stato utile per la mia fede perché mi permette di mettere in pratica ciò che leggiamo nel Vangelo, donare quello che so fare, quello che so e il mio tempo mi permette di vivere la fede anche nella concretezza». Ma è un’esperienza che richiede di condividere un bagaglio, che va costantemente arricchito: «La mia formazione di base arriva da esperienze di volontariato precedenti alla Caritas, formazioni che mi sono state davvero utili. Anche Caritas all’inizio del mio percorso faceva formazioni molto strutturate e interessanti. Forse negli anni questa attenzione si è un po’ persa o comunque ha cambiato modalità. Le situazioni che incontriamo sono molto complesse: persone senza dimora, cittadini stranieri senza documenti, persone con patologie psichiatriche. Mi piacerebbe avere la possibilità di una formazione continua e approfondita, avere indicazioni su come poter affrontare le situazioni più critiche. Nel servizio che svolgo è molto importante il confronto con gli altri volontari e con la coordinatrice e lo trovo fondamentale anche come momento formativo ma a volte, di fronte ad alcune situazioni, ci sentiamo impreparati». Eppure, «il fatto che dopo un incontro, la persona ti dica “ci sei la settimana prossima?” oppure “se torno, quando ti trovo?”, mi ripaga tantissimo. È questo che mi gratifica, il sapere che in qualche modo sono stata utile e sono riuscita a creare un piccolo aggancio». Di recente Adriana ha iniziato a condividere il suo bagaglio con alcuni giovani: «Mi piace poter lavorare con loro, cogliere la loro ricchezza interiore, la loro disponibilità, la loro velocità e il fatto che con naturalezza e semplicità si mettano a fianco di persone in difficoltà, a fianco di volontari non più giovanissimi, e donino il loro tempo e le loro capacità. La Caritas ha bisogno di giovani, perché non si può solo procedere camminando, bisogna correre con loro».

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Martedì 20 giugno ricorreva la Giornata mondiale del rifugiato delle Nazioni Unite. «I leader europei garantiscano l’accesso al diritto d’asilo»: questo l’appello di Maria Nyman, segretaria generale di Caritas Europa.

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