Salmo 104. Un rendimento di grazie entusiasta per tutte le bellezze del Creato

Se siamo inseriti in questo circuito di amore che in Gesù si fa trinitario come e cosa possiamo temere?

Salmo 104. Un rendimento di grazie entusiasta per tutte le bellezze del Creato

“Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto, tu che distendi i cieli come una tenda, costruisci sulle acque le tue alte dimore, fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento”. Quando il cielo è così bello quando è bello prendendo a prestito l’espressione manzoniana per quello di Lombardia… anche a Roma dal cuore può sgorgare un canto di lode con i versi con cui inizia l’esteso Salmo 104. Nel corso della Quaresima – tempo non certo di tristezza, ma di gioia per l’occasione propizia e feconda di purificare il nostro rapporto con il Signore, anche attraverso gli strumenti della preghiera, del digiuno e della carità – abbiamo celebrato non più tardi di ieri la festa tutta luminosa della Trasfigurazione. Gesù, chiamando a testimoni la Legge e i Profeti, mostra ai suoi più intimi discepoli la sua sfolgorante bellezza, perché conservino nel cuore il sapore di questa pienezza anche durante il suo Calvario, la morte in croce, la resurrezione e fino al suo ritorno quando apparirà loro in riva al lago. Possiamo vivere una profonda concordanza fra la dimensione spirituale che vissero Pietro, Giacomo e Giovanni, tanto da voler fare tre tende per Mosè, Elia e Gesù e rimanere su quell’altro monte con quella che ha riempito di creativa meraviglia e stupore il salmista perché il salmo che stiamo commentando è davvero un rendimento di grazie entusiasta per tutte le bellezze del Creato nelle quali e attraverso le quali Dio Padre mostra il suo amore per il mondo e tutte le sue creature. E se è vero, come si canta in quel breve caposaldo di fede che è il Salmo 8 che l’uomo è poco meno degli angeli, nella sinfonia del mondo descritta in questo altro carme molto più esteso, gli esseri umani si inseriscono in tutta la loro piccolezza a confronto di fenomeni naturali grandiosi o di dettagli del microcosmo che lasciavano e ancora lasciano a bocca aperta chiunque non si sia assuefatto né al bello sempre nuovo, né al male in cui pure sempre possiamo ricadere. La poesia descrive il movimento delle acque che passando sulla Terra la modellano come uno scultore fa con il marmo. “Egli fondò la terra sulle sue basi: non potrà mai vacillare. Tu l’hai coperta con l’oceano come una veste; al di sopra dei monti stavano le acque. Al tuo rimprovero esse fuggirono, al fragore del tuo tuono si ritrassero atterrite. Salirono sui monti, discesero nelle valli, verso il luogo che avevi loro assegnato; hai fissato loro un confine da non oltrepassare, perché non tornino a coprire la terra. Tu mandi nelle valli acque sorgive perché scorrano tra i monti, dissetino tutte le bestie dei campi e gli asini selvatici estinguano la loro sete” (5-11). Impossibile soffermarsi su tutte le formelle di cui si compone questo magnifico affresco, che non esclude di rendere grazie per i doni più preziosi della coltivazione dei campi: “vino che allieta il cuore dell’uomo, olio che fa brillare il suo volto e pane che sostiene il suo cuore” (v. 15).  Ecco allora prorompere quasi una dichiarazione d’amore della creatura al suo Creatore: “Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature” (v. 24). “Tutti da te aspettano che tu dia loro cibo a tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono; apri la tua mano, si saziano di beni” (vv. 27-28). Dio è un Padre che dà da mangiare con generosità ai suoi figli e come non pregare per tutti quegli uomini che, pur faticando, non riescono a sfamare le loro famiglie. Il Signore è fedele al progetto di vita che ha iniziato: “Mandi il tuo spirito [e tutti] sono creati e rinnovi la faccia della terra” (v. 30). E in questa ruah, questo soffio vitale, i padri della Chiesa hanno voluto da sempre riconoscere l’anticipazione dello Spirito Santo così che il carme è molto presto entrato nella liturgia della celebrazione di Pentecoste…  Ancora un dettaglio di grande tenerezza: “Egli guarda la terra ed essa trema” (v. 32) Quasi che si tratti di uno sguardo fra innamorati la Creazione è come se arrossisse di fronte al compiacimento del suo Amato: se siamo inseriti in questo circuito di amore che in Gesù si fa trinitario come e cosa possiamo temere? “Voglio cantare al Signore finché ho vita, cantare inni al mio Dio finché esisto” (v. 33) “Scompaiano i peccatori dalla terra e i malvagi non esistano più. Benedici il Signore, anima mia. Alleluja” (v. 35). Non una chiusa banale, ma la consapevolezza profonda che il male esiste e che solo nella nuova Creazione potremo davvero essere tutti in Lui e vivere pienamente la Gloria di lui che ha sconfitto il peccato per sempre.

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Fonte: Sir