Myanmar. Mons. Celso Ba Shwe: “Il Papa mi ha detto: siete voi a benedirmi, perché siete martiri”
Ai ripetuti appelli di Papa Francesco per il Myanmar, risponde il vescovo di Loikaw (nello Stato a maggioranza cristiana di Kayah), mons. Ba Shwe: “La sua voce incrollabile nel far conoscere al mondo la situazione del nostro Paese ci porta un'immensa speranza”. Costretto nel novembre 2023 ad abbandonare la cattedrale a causa degli scontri armati, il vescovo e i suoi sacerdoti, religiose e religiose non sono ancora riusciti a tornare in città perché “la cattedrale e il centro diocesano sono ancora occupati dalle forze armate”
“Siamo veramente grati per il sostegno e le preghiere del nostro amato Santo Padre, che ha costantemente mostrato grande cura e preoccupazione per il Myanmar. La sua voce incrollabile nel far conoscere al mondo la situazione del nostro Paese ci porta un’immensa speranza”. Sono parole di gratitudine le prime che mons. Celso Ba Shwe, vescovo di Loikaw, esprime al Sir in un messaggio arrivato via mail in risposta ai ripetuti appelli alla pace di Papa Francesco per il Myanmar.
“Non dimenticherò mai le sue parole – scrive padre Celso – quando lo incontrai per la prima volta durante un’udienza privata nel 2023. Dopo l’incontro, gli chiedemmo di benedirci e lui mi sussurrò all’orecchio: ‘Siete voi a benedirmi, perché siete martiri’. Ha ripetuto questo sentimento quando l’ho incontrato di nuovo durante l’udienza di gruppo dopo il corso di formazione dei nuovi vescovi a settembre di quest’anno, dicendo: ‘Il Myanmar è sempre nel mio cuore’”.
“Le sue preghiere costanti per il Myanmar, in particolare la sua menzione settimanale di noi durante gli Angelus domenicali, sono un’incredibile fonte di incoraggiamento per tutti noi”.
Costretto nel novembre 2023 ad abbandonare la cattedrale a causa degli scontri armati, il vescovo, con i suoi sacerdoti, religiose e religiose, non è ancora riuscito a rientrare in città ma continua a prendersi cura dei fedeli della diocesi, oggi sparpagliati in 200 campi profughi in aree remote. “In effetti – riflette il vescovo -, come dice il Santo Padre, la guerra è una sconfitta umana: non risolve mai i problemi. La guerra è un male; distrugge”. Il vescovo conosce e vive sulla sua pelle gli effetti della guerra. “Per quanto riguarda la situazione del conflitto armato nello Stato di Kayah e nella diocesi di Loikaw, potete trovarla sui media e non voglio parlarne”. Il Myanmar si trova nella morsa della guerra civile dal primo febbraio 2021.Secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite (17 settembre 2024), da allora, almeno 5.350 civili sono stati uccisi, più di 3,3 milioni sono stati sfollati e più della metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, principalmente a causa della violenza militare.
A causa della guerra, il Paese sta precipitando in un ulteriore declino economico. I giovani, che rappresentano la chiave per il futuro del Myanmar, stanno fuggendo all’estero per evitare di essere costretti a prestare servizio o combattere per l’esercito. Il Report documenta anche la vasta portata delle detenzioni intraprese dall’esercito. Circa 27.400 individui sono stati arrestati dal colpo di stato, con arresti in aumento da quando l’esercito ha introdotto la coscrizione obbligatoria nel febbraio 2024. Fonti credibili indicano che almeno 1.853 persone sono morte in custodia, tra cui 88 bambini e 125 donne. È stato accertato che molti di questi individui sono morti dopo essere stati sottoposti a interrogatori violenti, maltrattamenti durante la detenzione o al diniego di accesso a un’adeguata assistenza sanitaria.
Il vescovo prosegue nel suo racconto: “Nella città di Loikaw, alcune persone sono riuscite a tornare a casa negli ultimi mesi, ma molte sono ancora riluttanti a reinsediarsi a causa dei pericoli posti dalle mine antiuomo, in particolare nelle aree a maggioranza cristiana”.
“Anche noi non siamo riusciti a tornare perché la cattedrale e il centro diocesano sono ancora occupati dalle forze armate”.
Alla domanda su cosa hanno maggiormente bisogno, il vescovo Celso risponde: “La nostra preoccupazione più urgente in questo momento è la sicurezza alimentare. La situazione attuale rende quasi impossibile trasportare cibo e medicine nelle aree sfollate. Le inondazioni degli ultimi tre mesi hanno distrutto risaie e raccolti, lasciando molte persone senza scorte alimentari sufficienti. Di conseguenza, molti sfollati interni (Idp) stanno affrontando gravi carenze di cibo e beni di prima necessità”.
Il vescovo lancia quindi un appello: “Chiediamo alla comunità internazionale di adottare misure concrete per fermare la guerra in Myanmar e di sostenere un dialogo significativo che possa portare alla pace e alla riconciliazione”.