Terra terra... tra etica del consumatore e interessi commerciali
Quando la televisione fa discutere e scuote la coscienza. Chiamatela televisione intelligente, d’inchiesta o d’approfondimento, comunque la si definisca, ci sono servizi televisivi, pochi in realtà, che fungono da autentici “esami di coscienza”. Non entro nel merito dell’obiettività giornalistica e sul principio di verità dell’informazione. Sta di fatto che dei problemi è sempre meglio discuterne, bene o male.
È bastata una recente inchiesta di Report su Raitre, per svelare i retroscena della produzione di una delle più note aziende di piumini del Padovano, alzando un polverone capace di far traballare il colosso della moda.
Il motivo è l’aver dimostrato ciò che molti sanno, ma pochi dicono: lo “spiumaggio” delle oche per fornire la materia prima di piumini e trapunte. Con poi i costi minimi di produzione (estera) che stridono con i costi al cliente.
Premesso che nessuno c’impone di comprare nulla, è pur vero che avere una maggiore consapevolezza su ciò che “comprando” noi provochiamo alimenta o ferma la catena viziosa che spesso porta allo scandalo. È l’etica del consumatore che dovrebbe avere la meglio sul prodotto. Sempre!
Ma questo, troppo spesso non avviene, perché preferiamo non sapere o vedere, semplicemente perché ci conviene. Poi, improvvisamente, ecco un servizio televisivo e la galassia dei consumatori si scandalizza nel sapere ciò che finisce nei nostri armadi, frigoriferi e stomaci. Essere coscienti e coscienziosi non è un optional.
Ce lo ricorda il mese del creato che stiamo celebrando, che restiamo parte di un organismo chiamato terra. Che siamo la terra. Che dovremmo essere “uomini” di coscienza, la stessa che dobbiamo usare più spesso quando entriamo in un supermercato. Quando compriamo un cellulare, un capo di abbigliamento, un paio di scarpe, una macchina, un giocattolo, come pure una pizza.
Non saranno le leggi, peraltro necessarie, a salvaguardare il creato. Ma la consapevolezza individuale sulle cose che disponiamo e consumiamo. La questione è tutt’altro che scontata e ricca di contraddizioni.
A partire dal nostro smisurato consumo di carne, visto l’avvicinarsi delle feste natalizie: il che significa allevamenti intensivi e sfruttamento degli animali. Essere a posto con la coscienza, non implica diventare a ogni costo vegetariani, bensì sapere che in ogni piatto finisce una creatura che era viva. Un sacrificio che ha un costo in termini di ambiente e sostenibilità.
Così questa auspicata presa di coscienza dovrebbe incidere sull’inaccettabile spreco quotidiano: autentico peccato contro natura.
Una cosa va riconosciuta alla tv “intelligente”: quella di stimolare il nostro grado di consapevolezza. E laddove servisse, quella dello stesso produttore, a considerare che il rapporto qualità-prezzo viene stabilito prima ancora dall’etica di chi acquista. Se ciò avvenisse realmente, sarebbe una autentica rivoluzione sociale oltre che economica. Ma i segnali restano deboli e gli interessi altissimi.
Ecco allora che nel tempo in cui “tutti sanno, pochi parlano e molti consumano”, rendere pubblico un problema, significa migliorarne la qualità. L’esempio lo si è visto con l’inchiesta sulle pizze sempre di Report. Farine, pasta congelata, mozzarella estera, oli, forni ecc. hanno mostrato ciò che finisce nel nostro piatto.
Dopo quel servizio, la pubblicità si è adeguata e oggi si legge: farine “O” o integrali, mozzarelle 100 per cento italiane... Potere della tv o potenza della coscienza?