Terremoto, procure al lavoro. Quanto sicuro è il Veneto?
Martedì scorso i funerali dei 232 morti di Amatrice alla presenza del capo dello stato Mattarella e del premier Renzi. Procure al lavoro per accertare eventuali responsabilità. Qual è la situazione del Veneto dal punto di vista della prevenzione?
«Il terremoto non uccide. Uccidono piuttosto le opere dell’uomo. I paesaggi che vediamo e che ci stupiscono per la loro bellezza sono dovuti alla sequenza dei terremoti».
Parole dure e coraggiose quelle del vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, scandite martedì scorso sotto la tensostruttura posta a riparo dalla pioggia per le centinaia di amatriciani che avevano voluto ferocemente celebrare in paese le esequie dei loro 232 compaesani portati via dal terremoto che il 24 agosto ha sconvolto questo lembo appenninico alla convergenza di Lazio e Marche.
Parole per certi versi scontate, che spazzano via in un batter d’occhio tutti i paraventi travestiti da alibi che ogni volta prendono forma appena dopo un sisma.
La crudeltà della natura, sotto processo oggi con le 292 salme appena sepolte – e altre che ancora affiorano da sotto le macerie –, è la stessa finita sul banco degli imputati nel 2012 quando a tremare furono le viscere delle terre emiliane e nel 2009 quando le scosse colpirono poco distante dall’area delle tre A (Amatrice, Accumoli, Arquata), all’Aquila.
La generosità degli italiani
Come al solito, l’Italia ha dimostrato la sua grandezza d’animo. Le innumerevoli raccolte di beni alimentari e di prima necessità, partite immediatamente da più parti sono state bloccate dalle autorità «dopo il primo fine settimana per l’abbondanza del materiale raccolto», come spiega Luigi Bolognani, presidente della Croce Rossa di Padova. «Naturalmente siamo pronti a intervenire con uomini e mezzi in qualsiasi momento – continua il presidente – ma per i momento il coordinamento nazionale che opera in loco ha chiesto al Veneto il supporto delle sole unità cinofile di Treviso».
Un dispiegamento di uomini e mezzi di molto inferiore rispetto a quanto visto all’Aquila sia per le condizione dell’area colpita (Amatrice è semi isolata per l’inagibilità dei ponti che la collegano) sia per le proporzioni della popolazione coinvolta: i 2.500 sfollati di oggi non sono paragonabili ai 70 mila aquilani di sette anni fa.
Nel frattempo continua la colletta nazionale della Protezione civile che marcia al ritmo di oltre un milione di euro raccolto al giorno (superata quota 12 milioni) e della Caritas italiana, che il 18 settembre unirà quanto devoluto dagli italiani alla somma che sarà raccolta in tutte le chiese italiane su iniziativa della Conferenza episcopale italiana (che ha già stanziato un milione di euro).
Il vulnus della prevenzione
Mons. Pompili ha scoperchiato in un attimo tutte le mancanze della classe dirigente, ma anche di quella imprenditoriale e civile, di un paese che negli ultimi quarant’anni, dopo il terremoto che rase al suolo il Friuli Venezia Giulia, non ha voluto prendere sul serio il suo impegno per la prevenzione, che tradotto significa ristrutturare in termini antisismici il proprio patrimonio immobiliare.
Così, il sindaco di Amatrice Pirozzi, da eroe della sua gente per come si è speso in questi dieci giorni trascorsi dal sisma, rischia ora di finire sepolto dalle polemiche per il crollo della scuola Capranica inaugurata nel 2012 dopo 700 mila euro di lavori che dovevano servire a renderla antisismica: la verità che pare emergere dalle carte su cui è al lavoro la procura di Rieti dice che quegli stessi lavori sarebbero stati assegnati in forma dubbia, e comunque irregolare, senza una vera gara, a un’impresa (la Edilqualità) che forse non aveva le certificazioni per compiere interventi di questa portata, il cui amministratore unico, Gianfranco Truffarelli, ha comunque già dichiarato in varie interviste che all’epoca nessuno gli aveva chiesto l’«adeguamento sismico».
La situazione in Veneto
Quattro ore con Renzo Piano per mettere appunto un piano di sicurezza capace anche di “rammendare” le periferie “scucite” del nostro paese. Così il presidente del consiglio ha dato il la all’operazione ricostruzione e messa in sicurezza da tre miliardi di euro l’anno.
Viene però da chiedersi perché nulla sia stato fatto finora e perché anche iniziative come “Scuole sicure” lanciate dagli ingegneri veneti non siano andate in porto.
«Già dieci anni fa – commenta Pasqualino Boschetto, presidente dell’ordine di Padova – ci siamo proposti alle amministrazioni per condurre perizie gratuite su tutto il patrimonio immobiliare pubblico. Ci chiamarono solo due o tre comuni: il timore era quello di non poter far fronte agli eventuali lavori e di dover chiudere scuole o municipi. Entro settembre formalizzeremo nuovamente alla Regione la nostra disponibilità a fare la nostra parte».
Ma il Veneto ha anche un patrimonio di 110 mila capannoni di cui il 60 per cento, stimano gli ingegneri, sorto prima degli anni 80 e quindi fuori norma e la Pedemontana, una delle principali aree produttive ha un elevato tasso di sismicità (2 su una scala da 4 a 1).
«Intervenire in questo tipo di strutture costa da 100 a 300 euro al metro quadrato – aggiunge Boschetto – Non c’è nessun obbligo normativo e, quel che è peggio, non ci sono sgravi fiscali o incentivi. In tempi di crisi trovare imprenditori pronti a investimenti come questo non è semplice.
È necessario istituire per legge il “libretto del fabbricato”, una documentazione in grado di descrivere l’immobile in tutte le sue componenti, specie per le componenti non visibili e strutturali che contenga anche una certificazione sismica sulla scorta di quella energetica».