I religiosi fratelli nella Chiesa
I religiosi fratelli sono laici che scelgono di appartenere a un Istituto di vita consacrata mediante professione pubblica o privata dei consigli evangelici, attraverso il voto, il giuramento o la promessa, impegnandosi a vivere un carisma specifico. 133 i religiosi di 21 congregazioni che si sono riuniti a Roma sotto lo slogan "Tutti siamo fratelli" per ribadire l’attualità di una vocazione caratteristica della Chiesa. L’impegno nel campo dell’insegnamento, della salute e delle missioni. I riconoscimenti internazionali per l’attività a favore dei più bisognosi.
Nelle ore in cui si votava la Relazione finale del Sinodo sulla famiglia, 133 religiosi appartenenti a 21 Congregazioni maschili si riunivano a una manciata di chilometri da piazza San Pietro sotto lo slogan “Tutti siamo Fratelli”.
In occasione dell’Anno della vita consacrata, le Congregazioni dei religiosi fratelli - particolarmente impegnati nel campo dell’insegnamento, della salute e delle missioni - hanno deciso di fissare un momento comune per celebrare la vocazione del “fratello”. Ad accompagnare l’incontro è stato il cistercense padre Sebastiano Pacciolla, sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, e il comboniano padre David Glenday, segretario generale dell’Unione dei superiori generali. Padre Glenday ha citato l’esempio di san Daniele Comboni, che fin dall’inizio ha sostenuto la presenza di fratelli nella missione, e ha lodato l’iniziativa di un incontro inter-congregazionale: “Da sempre ho vissuto in comunità con fratelli e io stesso, da giovane, sono stato alunno dei Maristi”.
Identikit
Ma chi sono i religiosi fratelli? Si tratta di laici che scelgono di appartenere a un Istituto di vita consacrata mediante professione pubblica o privata dei consigli evangelici, attraverso il voto, il giuramento o la promessa, impegnandosi a vivere un carisma specifico.
La vita consacrata laica è una delle più antiche forme di donazione al Signore e conseguente assunzione degli impegni di povertà, castità e obbedienza, da vivere nella condizione di celibato o verginità. D’altra parte è la stessa esortazione post-sinodale “Vita consecrata” a spiegare che “secondo la dottrina tradizionale della Chiesa, la vita consacrata per natura sua non è né laicale né clericale, e per questo la ‘consacrazione laicale’, tanto maschile quanto femminile, costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli evangelici”.
In linea con l’insegnamento del Concilio Vaticano II, prosegue l’esortazione firmata da Giovanni Paolo II, “il Sinodo ha espresso grande stima per questo tipo di vita consacrata nella quale i religiosi fratelli svolgono, dentro e fuori della comunità, diversi e preziosi servizi, partecipando così alla missione di proclamare il Vangelo e di testimoniarlo con la verità nella vita di ogni giorno”.
Uscire dalle sacrestie
Filo conduttore dell’incontro di sabato 24 ottobre sono stati i tre obiettivi indicati dal Santo Padre per l’Anno della vita consacrata: “guardare il passato con gratitudine”, “vivere il presente con passione”, “abbracciare il futuro con speranza”.
Durante l’assise ciascuna Congregazione ha condiviso lo specifico della propria vocazione, dopo la proiezione di un video con le immagini delle attività realizzate dai fratelli nei tanti Paesi in cui operano. A introdurre il filmato è stato un intervento registrato del domenicano fra Timothy Radcliffe: “Spesso i religiosi sono uomini e donne che ci portano oltre la Chiesa, oltre il nostro piccolo mondo conosciuto. Papa Francesco dice che dobbiamo uscire dalle sacrestie. Molto spesso, sono i religiosi che lo fanno. Per andare in posti dove il nome di Cristo non è conosciuto e lì scoprirlo”.
Vocazione attuale
L’assemblea ha ribadito che la vocazione del fratello è attuale. Non a caso l’ultima edizione del premio Principessa delle Asturie per la Concordia, tra i principali riconoscimenti che la Spagna assegna a chi si rende meritevole nel campo dei valori umanitari, è andato ai fratelli dell’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio per l’operato in favore dei malati di Ebola in Africa, a causa del quale hanno perso la vita 18 tra fratelli e collaboratori, e per l’attenzione ai rifugiati.
“Sebbene la vocazione del fratello si è vista ridotta in quanto al numero totale dei membri - osserva il gruppo costituito da fratelli religiosi di vari Istituti che ha organizzato l’incontro -, tuttavia risulta più estesa nel panorama mondiale e continua a essere necessaria come immagine d’uguaglianza e di servizio in un mondo diviso, disuguale e con tante persone povere”. L’appuntamento si è tenuto a poche settimane dalla pubblicazione di un documento della Santa Sede sulla vita e la missione dei religiosi fratelli.