Se il papa è un “extracomunitario”...

Presa nel suo significato immediato vuol dire “fuori della comunità”, fuori dalla cerchia di persone che si conoscono e di cui si ha fiducia. Se viene pronunciata da un vescovo, da un prete, da un cristiano, la parola assomiglia a una “bestemmia laica”, perché è tutta contraria al linguaggio ecclesiale, che ha al centro la “comunità”. Sul piano civile, da quando l'Unione Europea ha sostituito la Comunità Europea non ha più senso. Eppure continuiamo a usarla, senza rifletterci su abbastanza...

Se il papa è un “extracomunitario”...

Se a papa Francesco viene applicata una delle categorie che sono state inventate per indicare gli immigrati, la categoria di “extracomunitario”, allora papa Francesco dovrebbe essere un extracomunitario, perché viene “dalla fine del mondo”, dall’Argentina.

Ma a questo punto sopravvengono notevoli difficoltà, che hanno come esito finale la cancellazione definitiva di questa errata espressione.

La prima difficoltà in ordine temporale viene dalle stesse parole del papa, in occasione di un colloquio con un gruppo di giovani italiani presenti nella Gmg tenutasi a Colonia lo scorso mese di luglio: «Extracomunitario? Non conoscevo questa parola! È una crudeltà. Ti portano via dalla comunità. Dobbiamo lottare tanto contro questo terrorismo della lingua».

Non occorre, dunque, fare esegesi per capire che la parola “extracomunitario” non funziona.

Presa nel suo significato immediato vuol dire “fuori della comunità”, fuori dalla cerchia di persone che si conoscono e di cui si ha fiducia.

Se viene pronunciata da un vescovo, da un prete, da un cristiano, la parola assomiglia a una “bestemmia laica”, perché è tutta contraria al linguaggio ecclesiale, che ha al centro la “comunità”. Si pensi che più della metà dei cinque milioni di immigrati presenti in Italia sono cristiani battezzati, e dunque fanno parte di “diritto” alla comunità cristiana, non sono certo “extracomunitari”, fuori della comunità.

Ecco che la parole del papa prendono tutta la loro rilevanza nell’ambito della vita cristiana.

Ma anche dal punto di vista civile la parola non funziona, perché finché c’era la Comunità Europea il termine poteva anche essere tecnicamente corretto, perché indicava chi proveniva dal di fuori della Comunità.

Da quando però la Comunità è stata sostituita dall’Unione Europea la parola “extracomunitario” ha perso il suo significato, e di fatto è stata sostituita dalla più impegnativa dizione “cittadino non appartenente all’Unione Europea”.

Ciononostante si continua ad usarla, come se fosse una parola impiantata nella testa di arteriosclerotici. Continua ad essere utilizzata da giornalisti pigri e ignoranti, nel senso che ignorano la “Carta di Roma”, il codice deontologico che mette al bando questo termine, assieme ad altri scorretti e fuorvianti quando si parla di “richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta, migranti”.

In conclusione, dunque, papa Francesco non è un “extracomunitario”, per le ragioni sopra dette e perché il termine non esiste.

A meno che non si faccia un’eccezione, ma solo per lui, intendendo “extracomunitario” come “supercomunitario”. Come capo e guida della comunità cristiana, “extra” significa “super”. Ma da come intende lui il compito che Dio gli ha affidato, anche questa trovata non funziona.

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