Legge 328, dopo 15 anni bilancio in chiaroscuro. "Ma ora si punti sul welfare generativo"
A 15 anni dall’approvazione della legge che ha ridefinito le politiche sociali in Italia, parla il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato: "Abbiamo accumulato un ritardo che ci impone oggi di agire rapidamente, investendo, non solo amministrando male le risorse".
Sono trascorsi 15 anni dalla legge 328 del 2000, che ha ridefinito il profilo delle politiche sociali colmando un vuoto legislativo di oltre 110 anni.
La legge creò un quadro normativo unitario dell'assistenza, finalizzata a promuovere interventi sociali, assistenziali e sociosanitari che garantissero un aiuto concreto alle persone e alle famiglie.
L'anniversario della legge è stato "celebrato" nell'ambito del convegno “Idee per il futuro - Per un sistema integrato dei servizi sociali”, organizzato dal gruppo Pd alla Camera, commissione affari sociali. Il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato, ha preso parte alla tavola rotonda "Apriamo il cantiere delle politiche sociali".
La legge 328 è stata efficace nella ridefinizione delle politiche sociali e dell'assistenza?
«La Legge 328 fu un traguardo importante, ma non è stata attuata come si sarebbe dovuto. E questo anche per colpa di una parte delle regioni, che non l’ha implementata, come avrebbe dovuto, con proprie norme. Gli anni perduti ci consegnano una prospettiva obbligata: passare a politiche di welfare generativo. Sono prefigurate dall’articolo 118 della Costituzione (comma 4) e, per alcuni aspetti, dalla stessa Legge 328 all’articolo 1, comma 6 che impegna le istituzioni a valorizzazione le capacità e potenzialità di ogni persona».
Quella legge puntava a superare la logica assistenzialistica, che però è ancora viva e vegeta...
«Non siamo ancora riusciti ad andare oltre le politiche tradizionali. Questa è la più grande criticità. Abbiamo accumulato un ritardo che ci impone, oggi, di agire rapidamente, investendo, non solo amministrando male le risorse a disposizione. Valgono circa 800 euro pro capite e si potrebbero utilizzare a rendimento, con tutta l’arte professionale necessaria per moltiplicare i valori a disposizione, con soluzioni di welfare generativo. È possibile "con le persone", valorizzando le capacità e le competenze di tutti, anche degli aiutati».
Cosa sta rallentando questo processo?
«Un grande ostacolo è l’analfabetismo di welfare. Si ragiona ancora per prestazioni, per misure, per diritti senza bisogni, facendo corrispondere a ogni problema una legge, un fondo, una procedura e perdendo di vista l’insieme».
Come andare oltre?
«Servono nuovi incontri di responsabilità (pubbliche e private) nei territori, per passare da politiche tradizionali e degenerative, che consumano e non rigenerano le risorse, a politiche di investimento e sviluppo: umano, sociale ed economico».