Il Parlamento europeo: «Salviamo l'integrità dell'Iraq»
La guerra contro l'Isis ha rafforzato militarmente curdi e sciiti, isolando i sunniti, che avevano detenuto a lungo il potere usando il pugno di ferro contro le altre etnie. Andrea Margelletti, presidente del Cesi, ne è convinto: «Il futuro del Paese sarà la divisione in tre stati autonomi»
L'offensiva in corso in Iraq per liberare Mosul dall'Isis potrebbe causare oltre un milione di sfollati civili, di cui circa 700 mia bisognosi di assistenza e strutture di emergenza. È "per difetto" la stima fatta dal Parlamento europeo sulla situazione umanitaria a Mosul - la seconda città del paese, in cui risiedono due milioni di persone - e nell'Iraq del Nord.
«Contro l'offensiva di un esercito vero era chiaro che l'Isis non avrebbe potuto resistere, ha fatto danni solo quando si è comportato da movimento di guerriglia - spiega Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali (Cesi) - Il paese però si sta inesorabilmente dividendo: l'avanzata delle milizie sciite, che lottano in prima linea contro l'Isis e che hanno contribuito in modo determinante a salvare Baghdad, sta mettendo ai margini sul piano interno il potere sunnita».
Secondo lo studioso, nel paese che dalla seconda Guerra del Golfo non conosce pace, si stanno delineando con chiarezza tre future entità statali autonome: «Al nord i curdi, il sud agli sciiti e in mezzo i sunniti - afferma - Di fatto l'entità statuale unitaria in Iraq non esiste più, nemmeno i suoi confini».
«Oltre alle battaglie in Iraq, gli sciiti - prosegue Margelletti – combattono in Siria e combattono come un vero e proprio esercito. Con carri armati, armi pesanti: dotazioni e mezzi ceduti in larga parte dal "vecchio" esercito iracheno e in parte anche dall'Iran. Al Nord il rafforzamento militare dei curdi, supportato anche dagli occidentali, ha di fatto creato le condizioni per uno stato indipendente. Per salvare l'Iraq abbiamo impiantato i semi per il suo dissolvimento, è solo questione di tempo».
Ma la situazione interna va oltre alla sanguinosa tripartizione: colpito, e quasi affondato, l'Isis, la comunità internazionale non sta facendo molto per arginare le motivazioni per le quali era nato.
«I combattenti dello Stato islamico non scompariranno, andranno semplicemente a nascondersi tra la popolazione civile - dice Margelletti - E non è detto che tra qualche tempo non diventino più pericolosi di quanto non lo siano adesso, magari ricominciando con azioni spot di guerriglia».
Gli osservatori sul campo, anche italiani, parlano intanto di un paese allo stremo: dopo l'invasione degli Stati Uniti nel 2003 ci sono stati oltre 3,3 milioni di sfollati interni. È per questo che il Parlamento europeo, nell'ultima risoluzione di fine ottobre, ha esortato l'Ue a fornire assistenza ai rifugiati nella parte curda dell'Iraq e al tempo stesso la Turchia a ritirare il suo esercito dal territorio iracheno e sollecitato tutti i paesi a rispettare la sovranità e l'integrità territoriale dell'Iraq.
«Temo sia troppo tardi - commenta Margelletti - poiché oltre all'aiuto umanitario l'Iraq ha bisogno di una strategia interna di riconciliazione nazionale».
Riconciliazione che può passare attraverso la principale risorsa economica dell'Iraq, il petrolio. Ad oggi lo Stato islamico, ha dichiarato il portavoce del ministero del petrolio, Asim Jihad, ha perso il controllo di tutti i pozzi, dopo essere stato debellato anche dal distretto di Sharqat, nei pressi di Kirkuk.
«L'unica strada percorribile per tentare di tenere unito l'Iraq è una strategia di riconciliazione nazionale con la suddivisione e ripartizione delle risorse petrolifere. Al nord i curdi hanno il petrolio, così come al sud gli sciiti, ma i sunniti che faranno? Purtroppo sono pessimista: per decenni i sunniti al potere hanno massacrato senza scrupoli sciiti e curdi. Pensiamo che adesso che vedono l'opportunità di gestire le risorse le divideranno serenamente con chi li ha perseguitati?».