XXXIV Domenica del tempo ordinario - *Domenica 23 novembre 2014

Matteo 25,31-46

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Re

La festa di Cristo Re venne istituita in tempi in cui (1925) nel nome di principi astratti le persone venivano sottomesse a totalitarismi (il comunismo sovietico, il ventennio fascista in Italia, in Germania si stava facendo strada il nazionalsocialismo). Negli Usa la borsa valori sarebbe crollata di lì a poco, con pesanti esiti generalizzati, mostrando quanto il capitalismo finanziario fosse già allora imperante. Proclamando Cristo re dell’universo la chiesa annuncia la sua resistenza critica a questi riduzionismi; insegna che non c’è sistema politico, economico o culturale che sia degno dell’essere umano se non è subordinato al più profondo rispetto ed onore alla singola persona, la quale non può mai essere ridotta a unità insignificante di una massa. Né tanto meno sacrificabile come mezzo per raggiungere un fine, per quanto nobile. Il vangelo di oggi canta il dono meraviglioso della persona, degna di amore e cura in ogni frangente della vita.

Nessuno escluso

«Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli»: non c’è nulla che sia universale e vincolante come l’amore, concreto e umile, libero e disinteressato. Nel termine tradotto con “popoli” l’evangelista designa le nazioni pagane. L’universalismo cristiano è nel segno dell’amore che coglie la verità fondamentale che tutti siamo figli dello stesso Padre e fratelli in Cristo. Nessuno escluso: «Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). È un amore che si rende prossimo anche ai carcerati, che al tempo in cui l’evangelista scriveva erano considerati del tutto meritevoli di condanna (altro che scopo riabilitativo della pena... per altro disatteso anche ai nostri giorni). Un amore che non giudica colpevoli i malati in quanto ritenuti responsabili del loro stesso male, come non di rado si era inclini a pensare a quei tempi. Ancora una volta, nessuno escluso.

Qualcosa di più

C’è nella parabola ben di più di un appello alla buona volontà di fare la carità, di essere solidali, come vorrebbe un certo buonismo sdolcinato. Questo amore concreto e universale sgorga là dove nella fede, di fatto, tu incontri Cristo in chi è nel bisogno. È amore a motivo di Cristo perché così egli ha fatto e insegnato. È amore in Cristo, che nella parabola del buon samaritano ha descritto se stesso come colui che soccorre l’umanità ferita. È amore che porta a Cristo (i benedetti, infatti, entrano in pienezza nella comunione con il Signore). Amare così, con questo respiro, è rispondere e acconsentire a una grazia più che fare sforzi per essere buoni (magari con atti che alla fine placano i nostri scrupoli di coscienza). Più che metterci impegno si tratta di lasciarsi ispirare. Arditamente il profeta Ezechiele nella prima lettura fa parlare Dio stesso: «Ecco, io stesso cercherò le mie pecore... Io stesso le condurrò al pascolo...». Dovunque si ama in verità un essere umano, lì Dio stesso ama attraverso di noi!

Quando... 

Viene attribuita a madre Teresa di Calcutta questa preghiera, splendido commento del vangelo di oggi: Signore, quando ho fame, mandami qualcuno da sfamare. Quando ho sete, mandami qualcuno da dissetare. Quando ho freddo, mandami qualcuno da scaldare. Quando sono triste, mandami qualcuno da consolare Quando sono povero, mandami qualcuno più povero di me. Quando non ho tempo, mandami qualcuno da ascoltare. Quando mi sento incompreso, mandami qualcuno da abbracciare. Quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare. Quando sono umiliato, mandami qualcuno da lodare. Quando non mi sento amato, mandami qualcuno da amare.

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