Pentecoste *Domenica 24 maggio 2015
Giovanni 15,26-27; 16-12-15
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Paraclito
Pasqua è già Pentecoste e Pentecoste è ancora Pasqua: celebrando il grande dono dello Spirito santo che vivifica la chiesa non separiamo questi due volti di un unico grande mistero d’amore. Chi è il “paraclito”? Una sorta di avvocato difensore che stava al fianco di chi in pubblico doveva rendere ragione del proprio operato. A quei tempi e in quel contesto l’avvocato, il paraclito, non si sostituiva alla persona sotto esame ma si poneva mezzo passo a lato. Non parlava in pubblico ma, sottovoce, dava suggerimenti all’accusato che si difendeva in prima persona. Lo Spirito santo così opera nei battezzati: non sostituendosi ma ispirando, non mettendosi in bella mostra ma ponendosi con discrezione a servizio. Immersi in ritmi spesso frenetici, distratti da molte voci diverse, coglieremo la voce gentile dello Spirito santo? È certo che a nessuno Dio nega il dono dei doni, lo Spirito santo: «Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. […] Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc 11,9.13). Ma ci poniamo in condizione di accogliere questo “ospite dolce dell’anima?”.
Verità?
Gesù annuncia non un qualsiasi spirito, ma lo Spirito della verità. Oggi non sono pochi quelli che vivono con un certo disincanto la questione della verità: non sembra tema che entusiasmi quanto il benessere psico-fisico, l’essere se stessi (bizzarra espressione che maschera forme di narcisismo), una vita tranquilla con un tot di divertimento, l’avere relazioni soddisfacenti ecc. E quindi le grandi verità sull’esistenza umana, il bene e il male, il destino del mondo, Dio... vengono al più rubricate come smarrimento adolescenziale da archiviare crescendo. In fondo, si dice, chi riesce a venirne a capo? Oggi rinnoviamo la convinzione che la verità non è un’idea ma una persona, che ci viene incontro e ci chiede piena amicizia. Una verità comprensibile e desiderabile e bella per tutti gli esseri umani, come annuncia la prima lettura enumerando un lungo elenco di popoli allora noti (cfr At 2,9-11).
Quale verità
«Egli darà testimonianza di me... vi guiderà a tutta la verità...»: la verità a cui conduce lo Spirito santo non è un insieme di nozioni astratte, come poteva essere intesa la verità dalla filosofia dell’antica Grecia. Qualche volta abbiamo ridotto la fede al sapere a memoria dei concetti. Piuttosto verità è relazione piena e trasformante con la persona di Gesù, via, verità e vita (cfr Gv 14,6). Non è un ricordare qualcosa del passato né ridurre l’amicizia con Gesù-verità a un possesso sicuro acquisito una volta per sempre. «Camminate secondo lo Spirito», raccomanda la seconda lettura: Gesù-verità mi supera sempre, mi apre al futuro, mai posso presumere di aver compreso tutto il tesoro d’amore che mi mette a disposizione.
Frutto
Pentecoste, festa di frutti! Scrive una nota della bibbia di Gerusalemme: «La festa della mietitura, chiamata festa delle settimane in Es 34,22, si celebrava dopo sette settimane (Dt 16,9) o cinquanta giorni (Lv 23,16) dopo la pasqua (da dove il suo nome greco di pentecoste, Tb 2,1), e segnava la fine della mietitura del frumento; vi si unì più tardi il ricordo gioioso della promulgazione della legge sul Sinai». Gesù-verità nel dono dello Spirito santo mette in grado di portare frutto, come descrive con chiarezza la seconda lettura, un frutto che è il pieno sbocciare della nostra umanità: «Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé». «Le grandi opere di Dio» da riconoscere e celebrare, come avviene nella scena descritta nella prima lettura, sono quelle che fioriscono nella vita dei credenti che si lasciano afferrare e condurre dalla forza dello Spirito. Il miracolo più significativo non è, allora, qualcosa di esterno all’essere umano: è che nello Spirito egli viva librandosi alle altezze della sua vocazione di figlio di Dio.
Pappagallo
Capitava più frequentemente nelle interrogazioni di fisica, chimica e matematica: che l’impegno dello studente sottoposto all’interrogazione fosse quello di ripetere pappagallescamente le nozioni. Ma appena il prof sondava la reale assimilazione dei contenuti, c’era da ridere... o piangere. «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità»: siamo consapevoli che nella vita di fede per cogliere il palpito amante del cuore di Cristo non è sufficiente essere eruditi biblisti o dotti teologi. D’altra parte l’esperienza di fede non è un inseguire momenti forti, rincorrere emozioni intense. Lo Spirito santo guida a tutta la verità perché opera l’incontro fra sapere e sentire, fra conoscenza e amore. E ci ammonisce instancabilmente ad avere pudore nel parlare di Dio, nel dire di Lui, del suo sconfinato mistero d’amore. Soprattutto chi fa servizio pastorale, chi è ministro della Parola, invochi lo Spirito santo per non ridursi a essere abile parolaio: si tratta di mettere cuore e testa in quel che si dice e di non prendere mai il centro della scena. Il parlare di Dio dovrebbe essere innervato da timore e tremore, un camminare in punta di piedi nella consapevolezza che le nostre parole possono facilmente confondere e confonderci.