XXVII Domenica del Tempo Ordinario *Domenica 6 ottobre 2024
Marco 10,2-16
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
Siamo davvero strani noi uomini!
O non sappiamo cosa vogliamo, oppure siamo incontentabili in tutto ciò che vogliamo! È una storia che comincia dall’inizio di tutto. Infatti, subito dopo che Dio ha ricavato da un pugno di polvere «un essere vivente» (Gen 2,7), già Adamo non è contento. L’ombra della solitudine gli grava lo sguardo. «Il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda”. Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome» (2,18-19). È il primo tentativo, con cui l’uomo tenta di riempire il suo cuore: saziandolo di cose, diventando padrone del mondo, dominando le situazioni, avendo successo. E «così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse» (2,20).
Il risultato è un flop totale! Che fare?
«Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo» (2,21-22). È una vecchia storia, che abbiamo imparato saltando tra le panche del catechismo e su cui abbiamo anche riso. Eppure, nasconde un significato bellissimo. Che fa, infatti, Dio? Allunga le mani dentro il nostro mondo fino a raggiungere il sogno più profondo che da sempre inseguiamo, quello a cui non riusciamo a dare un volto, un nome, quello che cerchiamo dappertutto e non riusciamo a trovare, incapaci come siamo di vederne i contorni. E cosa fa? Ce lo porta fuori. Lo riveste di carne e ossa, gli dà un volto e un indirizzo, il nostro.
E poi ci sveglia dal sonno e… e ce lo mette davanti. La donna!
«Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne» (2,23) gridiamo noi nella spontaneità più personale. Una corrispondenza perfetta, dentro e fuori. Una fortuna immensa! Vedere lei ci dà modo di conoscere noi stessi, il meglio di noi stessi. Realizzare un’unità tale con gli altri, nella completezza più sincera, nell’amore più condiviso. «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (2,24).
Cosa desiderare di meglio? «Della fatica delle tue mani ti nutrirai – canta di conseguenza il salmo responsoriale – sarai felice e avrai ogni bene» (Sal 127,2). Guarderai la tua sposa e la scoprirai «come vite feconda nell’intimità della tua casa» (127,3): festa dei sentimenti più personali, fertilità di ogni tuo gesto. Guarderai, poi, «i tuoi figli» e li riconoscerai «come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa» (idem), rami di speranza concreta, freschezza inossidabile della tua eredità. «Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore» (127,4). Un risultato migliore non si poteva sperare!
Ma ecco… «alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie» (Mc 10,2). Cos’è successo?! Ha fatto flop anche il sogno della costola? Un flop così devastante che Adamo preferisce tornare alla solitudine degli inizi! Si può mai? «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla» (10,4) gli rispondono quelli. Ma perché Mosè l’ha concesso? – chiede Gesù: «Per la durezza del vostro cuore» (10,5).
Che disastro! Avete preferito credere alla disgrazia che alla grazia, arroccarvi nella sconfitta che rincorrere la felicità. Avete preferito accontentarvi della banalità che sfidare la noia. Non è questo che Dio vuole; «Dunque, l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Avete rovinato il sogno di Dio! È mai possibile?
«A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento». «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei – spiega Gesù ai suoi discepoli, rimasti sconcertati da tali parole – e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Parole chiare per dire… che non si può turare un buco con un buco più grande!
Lo capiranno? Affari loro! Lui, Gesù, sull’argomento non ci vuole tornare. Preferisce perdere il suo tempo con i bambini piuttosto di stare a discutere con loro. I discepoli lo «rimproverarono» (Mc 10,13). Ma «Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio”» (10,14). Bellissimo! Il regno di Dio non è di chi si fa adulto e, pur di avere tutte le ragioni del mondo, si riduce a vivere da solo. Il regno di Dio è dei bambini, di chi fa della propria fragilità una ricchezza da proteggere con l’amore più quotidiano, proprio come fa Gesù con i bambini: «prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro» (10,16).
È solo così che il sogno dell’amore più condiviso non si rompe. Benedicendoci reciprocamente, prendendoci in braccio l’un l’altro, riconoscenti dell’attenzione personale che ognuno dà alla fragile preziosità dell’altro. «Ti benedica il Signore da Sion – conclude giustamente il salmo responsoriale – Possa tu vedere i figli dei tuoi figli! Pace su Israele!» (Sal 127,5-6).
frate Silenzio
Sorella allodola
Solo abbracciando la sua Grazia guariamo le nostre dis-grazie.
In foto: Bisi Bonaventura detto Padre Pittorino, Adamo ed Eva (miniatura della collezione Borghese, 1693 Roma).