V Domenica del Tempo Ordinario *Domenica 4 febbraio 2024
Marco 1,29-39
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, andò subito nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
«Un soffio» (Gb 7,7), solo un soffio è la vita dell’uomo. Vita da mercenario, fatiche da schiavi. «Mesi d’illusione e notti di affanno» (7,3). Da passare a rigirarsi inutilmente sul letto fino all’alba. Per sospirare cosa, poi? Al massimo un po’ d’ombra o un misero salario. «I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza» (7,6). «Vanità delle vanità, tutto è vanità – aggiunge di suo in perfetta consonanza Qoelet – Una generazione se ne va e un’altra arriva, ma la terra resta sempre la stessa» (Qo 1,1.4). «Gli anni della nostra vita – conferma il salmo – sono settanta, ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione; passano presto e noi voliamo via» (Sal 90,10).
Cosa rispondere a una visione così amara? Con il Vangelo che questa domenica parla di Gesù. Cosa fa, appena uscito dalla sinagoga, dove era andato a pregare domenica scorsa? Non si perde in elucubrazioni teologiche, ma «subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni.
La suocera di Simone era a letto con
la febbre e subito gli parlarono di lei»
(Mc 1,29-30).
Questa è la sua risposta al male che dilaga. Stare in alto con il Padre gli serve a rovesciarsi in basso dai fratelli che sono in difficoltà, rifugiarsi in Dio gli dà la carica di correre in casa dalla suocera di Pietro e Andrea … «si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano». Nessuna magia e nessuna applicazione medica, solo un semplice avvicinarsi e prenderle la mano. E «la febbre la lasciò ed ella li serviva» (1,31). È bello che Gesù tra l’altare e il letto del dolore non accetta distanza, ma è più bella ancora la donna che, appena ritornata in salute, non sa far altro che tornare a «servire». Come non ci fosse altro modo per ringraziare!
È un atto solitario, che avviene nel chiuso di una casa, ma che, «venuta la sera, si allarga a tutta la città. Infatti, «davanti alla porta, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati» (1,32-33). E Gesù si dà loro senza risparmio. È questo il suo «servire» l’umanità malata. Il girarsi e rigirarsi solitario ed inutile, che lamentava Giobbe, in Gesù si traduce in uno sprofondarsi ad occhi aperti dentro la notte dell’umanità. Per forzarne a colpi di misericordia l’alba, a crescere su tutto l’orizzonte. E lo fa Gesù, senza «l’ombra» di una frescura, o il salario di un mercenario.
«Qual è la mia ricompensa? – si domanda Paolo – Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo» (9,18). Bellissimo! Non c’è gioia più grande di chi si dà gratuitamente alla gente, Vangelo di carità che non desidera altro che moltiplicarsi, a macchia d’olio, pienezza di cuore che tracima dalle mani. Non c’è denaro che possa pagare tanto miracolo!
«Infatti, pur essendo libero da tutti – continua Paolo – mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero» (9,19). Eccola la salute della suocera che sanata si mette a servire. In Paolo ritorna nel tradurre la sua libertà personale nel farsi servo di tutti. E così «mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io» (9,22-23). La ricompensa impagabile del bene che fai sta solo nel poter partecipare personalmente al bene che si allarga oltre la tua persona. Nel modo più incredibile e misterioso. È per questo che Gesù… «guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni, ma non permetteva ai demoni di parlare» (1,34).
«Il Signore ricostruisce Gerusalemme – canta di rimbalzo il salmo responsoriale – raduna i dispersi d’Israele. Risana i cuori affranti e fascia le loro ferite» (Sal 146,2-3). Sì, quel Dio, che «conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome», sa camminare quotidianamente per terra: «sostiene i poveri, e abbassa fino a terra i malvagi» (146,4.6). Avere un Dio così a portata di mano è certamente una garanzia.
Ma, ecco, «al mattino presto Gesù si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava» (Mc 1,35). Cosa mai gli è capitato? Dopo tanto lavoro, non è riuscito a prender sonno, è tornato anche lui a girarsi e rigirarsi nel letto come Giobbe? O peggio ancora è fuggito via?
Assolutamente no! È il pendolarismo di ritorno. Come lo stare in sinagoga a pregare lo aveva mandato dalla suocera di Pietro, così lo stare con i malati alla porta della città lo rimanda dal Padre. A ristorarsi. Nel silenzio. Ma ecco, preoccupati, «Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, quando lo trovarono, gli dissero: «Tutti ti cercano!». Hai avuto successo! Sei diventato qualcuno per tanta gente, tanto che non ti vogliono perdere! Non sei contento?
«Ma egli disse loro: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo, infatti, sono venuto!”» (1,35-38). Che bello! Il bene, fatto bene, non accetta nessun sequestro di persona, non ammette recinti di preferenza. Serve e basta. Fa saltare ogni cordone ombelicale per correre più avanti. Infatti, «la messe è abbondante, e sono sempre pochi gli operai!» (Lc 10,2). Non basta mai, infatti, il bene che si fa! «Annunciare il Vangelo per me è una necessità che mi si impone – confida Paolo – guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1Cor 9,16). «Grande è il Signore nostro, grande nella sua potenza – gli risponde in perfetta sintonia il salmo responsoriale - la sua sapienza non si può calcolare» (Sal 146,5). Solo cantare tutta la vita, senza mai guardare indietro, nella soddisfazione più intima.
frate Silenzio
Sorella allodola
A seguire i suoi passi si resta senza fiato, tanto si corre avanti.