“Soli da morire”: i direttori delle strutture complesse sull'uccisione della psichiatra

Il neonato Coordinamento nazionale degli Psicologi direttori di struttura complessa chiede con urgenza “soluzioni normative e organizzative” per fronteggiare le numerose aggressioni agli operatori dei servizi che collaborano con la Magistratura nella presa in carico di situazioni delicate

“Soli da morire”: i direttori delle strutture complesse sull'uccisione della psichiatra

“Anche se chi lavorava al suo fianco ci dice che lei non si sentiva mai sola, è purtroppo realtà quotidiana per gli operatori sanitari soffrire un grande senso di solitudine, affrontando quotidianamente forti criticità privi delle necessarie risorse. Assurti ad eroi, durante la pandemia, con enfasi mai vista e poi abbandonati, al cessare dell’emergenza, per tornare a fronteggiare il dolore e la rabbia di chi vive profondo disagio psichico”: così il Coordinamento nazionale degli Psicologi direttori di struttura complessa commenta l'aggressione mortale di cui è stata vittima una psichiatra a Pisa, venerdì scorso. Una tragedia che rimette al centro l'urgenza di garantire tutele e sicurezza agli operatori sanitari, specialmente a quelli che lavorano ogni giorno nei contesti più delicati.

“Il Servizio Sanitario Pubblico vive nel suo complesso una grave carenza di risorse e condizioni di forte precarietà, in contraddizione con la sempre più crescente domanda di salute e di cura – ricorda il Coordinamento - In questo scenario, la salute mentale paga uno scotto ancora più alto degli altri settori della sanità. Sofferenza mentale e disagio psicologico giovanile sono cresciuti in modo esponenziale a fronte di un lungo periodo di lockdown per la pandemia, cui è seguito, senza soluzione di continuità, l’acuirsi della crisi mondiale e il conseguente clima di incertezza, senza che si facesse fronte al costante depauperamento delle risorse umane disponibili in questi settori della sanità. Blocchi del turnover durati anni, contratti di lavoro rinnovati sempre in forte ritardo, poche acquisizioni di nuovo personale e con contratti precari, hanno indebolito in modo costante le capacità di risposta del sistema”.

Nessun passo indietro può e deve essere compiuto rispetto alla “doverosa chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari”, da cui deriva però “la conseguente necessità di farsi carico degli utenti autori di reato, così come del grave e crescente disagio familiare e di coppia, che hanno riversato sui Servizi di Salute Mentale e del territorio una grande mole di decreti dell’Autorità Giudiziaria, in assenza di risorse per realizzarli. Reperire soluzioni normative e organizzative non è più ulteriormente rinviabile”, afferma il coordinamento. “In tale contesto, i rischi per operatori, utenti e familiari raggiungono livelli pericolosi – afferma ancora - Sono numerosi gli incidenti e le aggressioni agli operatori dei servizi che collaborano con la Magistratura nella presa in carico di situazioni delicate che vanno dagli autori di reato, all’alta conflittualità coniugale, all’abuso e maltrattamento sui minori, come alla violenza di genere”.

Il coordinamento dunque, “nell’abbracciare idealmente la collega che ha dedicato la propria vita alla cura degli altri, chiede a gran voce alle istituzioni tutte azioni concrete e complessive di valorizzazione, tutela e rafforzamento del servizio sanitario pubblico e normative e strutture più adeguate”. In particolare, “nell’ambito della salute mentale va rivista la normativa sulla gestione degli autori di reato, tutelando il Servizio Sanitario dalla inappropriata richiesta di realizzare ambiti di cura per chi cerca una scappatoia al carcere”. A tal fine, “vanno rivisti i contesti e le misure di trattamento e contenimento di quell'ampia fascia di soggetti che, in presenza di profonde alterazioni di personalità, in ogni caso gravi quadri clinici ancorché difficilmente modificabili, delinquono in piena coscienza e devono dunque essere gestiti e trattati in contesti di alta sicurezza adeguatamente progettati, anche rafforzando l’assistenza nelle carceri. E’ necessario ed urgente anche rivedere la normativa sull’imputabilità. La questione non può essere considerata di esclusiva competenza del Sistema Sanitario”. Soprattutto, “gli ambiti del diritto di famiglia e della tutela del minore che chiamano in gioco i Servizi sociosanitari richiedono una maggiore chiarezza, che tuteli da interventi impropri rispetto alla mission della sanità pubblica, investendo gli operatori sanitari di compiti che non competerebbero loro e spesso rendendoli oggetto della rabbia degli utenti coinvolti per le misure restrittive subite, quali la sospensione della responsabilità genitoriale piuttosto che il divieto di avvicinamento ai figli, in cui devono essere rigorosamente separate le funzioni di chi deve assistere clinicamente il soggetto da coloro che devono valutarne l’adeguatezza genitoriale”.

In conclusione, “le condizioni di lavoro degli operatori sanitari vanno migliorate ed è necessario che psichiatri, psicologi, assistenti sociali, infermieri e tutte le altre indispensabili figure professionali vengano impiegati con contratti dignitosi e numeri adeguati alla richiesta, affinché possano assolvere pienamente alla loro funzione di operatori del Servizio Pubblico Italiano. Un Servizio tra i migliori al mondo che rischia di indebolirsi sempre più e di morire e persino di veder morire i propri operatori”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)