Sindrome di Down: la Corte europea dei diritti umani capirà il vero significato di "Dear Future Mom"?
A seguito del ricorso di Fondazione Jérôme Lejeune, attesa a giorni la sentenza della Corte europea che si pronuncerà su un punto: se la decisione attuata in Francia di censurare il video violi davvero la libertà di espressione
Era il 2014 quando la campagna globale “Dear Future Mom” prodotta da CoorDown per la Giornata Mondiale sulla sindrome di Down faceva il giro del mondo e otteneva milioni di visualizzazioni, successi e premi. La campagna, ideata da Luca Lorenzini e Luca Pannese e prodotta da Saatchi&Saatchi, venne realizzata in collaborazione con diverse associazioni internazionali partner e fu trasmessa dalle TV e diffusa sui social network di tutto il mondo. Il messaggio, lanciato in diverse lingue da 15 persone con la sindrome di Down da differenti paesi europei, sottolineava che: «Le persone con la sindrome di Down possono avere una vita felice. Anche grazie a tutti noi».
In Francia, invece, il Consiglio Superiore per l’Audiovisione (CSA) prese la decisione di censurare il video, chiedendo alle emittenti televisive nazionali che l'avevano trasmesso di fermare la diffusione del film. Decisione confermata due anni dopo dal Consiglio di Stato francese.
La posizione espressa dal CSA francese riportava tra le motivazioni che lo spot "non può essere considerato come un messaggio d'interesse generale e la sua finalità può apparire ambigua e non suscitare un'adesione spontanea e consensuale". Inoltre, l’Authority riteneva che il film potesse "disturbare la coscienza delle donne che, nel rispetto della legge, hanno fatto scelte diverse di vita personale".
Nel 2017 la Fondazione Jérôme Lejeune, partner di CoorDown nella realizzazione del film, ha presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti umani e dopo un lungo iter nei prossimi giorni depositerà le ultime argomentazioni presso la Corte, che dovrà decidere se la censura francese violi la libertà di espressione (articolo 10).
“Dear Future Mom”, una delle campagne che ha cambiato la storia della comunicazione sociale nel mondo, nacque dalla volontà di rispondere a una madre in attesa di una bimba con la sindrome di Down che aveva scritto una lettera a CoorDown chiedendo come sarebbe potuto essere il futuro della figlia che aspettava. L’associazione aveva quindi deciso di dare la parola direttamente a giovani e adulti con sindrome di Down che, pur ammettendo le difficoltà della loro condizione, affermavano con determinazione che la loro era una vita degna e felice.
La decisione di censurare il video fu secondo le associazioni promotrici la negazione della libertà di espressione alle persone con sindrome di Down. Un atto grave di censura che lede i diritti umani e l'immagine delle persone con sindrome di Down, che non solo hanno il diritto di essere felici, ma anche quello di esprimere il loro punto di vista ed essere ascoltati.
Le associazioni che hanno firmato il film, in particolare CoorDown, Fondation Jérôme Lejeune, Down Madrid, The Down Syndrome Development Trust, Down Syndrome Centar Pula, Saving Down contano nell’intervento della Corte Europea dei diritti Umani affinché il diritto alla libertà di espressione venga rispettato.
Jean-Marie Le Méné, presidente della Fondazione Jérôme Lejeune, dichiara: “Vogliamo un'Europa dove si combatte il rifiuto della diversità. Non vogliamo più un'Europa segnata da due pesi e due misure, in particolare in Francia, dove i poteri pubblici sono bravi a parlare di inclusione, ma censurano le iniziative che rendono questa inclusione una realtà, e quindi violano i diritti umani”.
Anche Robin Sevette, uno degli attori francesi di Dear Future Mom, ha dichiarato all'ONU il 21 marzo: "Accettatemi, non sono diverso da voi"!
Antonella Falugiani, presidente CoorDown dichiara: “Dear Future Mom è un film che ha contribuito a cambiare la narrazione sulla sindrome di Down, scardinando un’immagine pietistica della persona con sindrome di Down e dando voce diretta a ragazzi e giovani adulti con sindrome di Down. È una campagna che ancora oggi dopo 7 anni continua a diffondere una corretta cultura della diversità, continuiamo infatti a ricevere da ogni parte del mondo messaggi di ringraziamento e richieste di concessione di diritti di utilizzo e siamo fieri e orgogliosi di aver contribuito a questo processo culturale e siamo fiduciosi che la Corte europea dei diritti umani comprenda il vero significato della campagna”.