Rapporto Draghi, se il rilancio della competitività passa dall’istruzione. La sintesi di Tuttoscuola

Tuttoscuola ha sintetizzato quanto affermato da Mario Draghi nel suo rapporto a proposito della scuola e della formazione. Tra le diverse proposta, una valorizzazione degli insegnanti, che “dovrebbero ricevere stipendi e benefit competitivi che riflettano il valore del loro lavoro e delle loro qualifiche”

Rapporto Draghi, se il rilancio della competitività passa dall’istruzione. La sintesi di Tuttoscuola

L’Europa, a seconda delle scelte (o non scelte) che farà, potrà competere con le altre superpotenze planetarie (USA, Cina, Russia, presto India) oppure declinare perdendo i vantaggi di cui ha complessivamente goduto dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e che le hanno consentito di preservare alcuni valori fondamentali. Questi valori sono stati identificati da Draghi nell’introduzione al suo Rapporto presentato in Europa in “prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile”. E’ Tuttoscuola ad evidenziare questi passaggi, in particolare con riferimento proprio all’attenzione da dedicare al sistema scolastico e della formazione.

Secondo Draghi, l’Unione Europea deve poter garantire che gli europei possano sempre beneficiare di questi diritti fondamentali. Se fallirà in questo compito però “l’Europa avrà perso la sua ragione d’essere”. Ma “l’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale”. La produttività, sottolinea, “è una sfida esistenziale per l’Ue”, ma per diventare più produttiva l’Europa deve “cambiare radicalmente” e fare uno sforzo straordinario (dell’ordine di 800 miliardi all’anno) attraverso “strumenti di debito comune, da utilizzare per finanziare progetti di investimento congiunti volti ad aumentare la competitività e la sicurezza” europea.
“Il principale di questi progetti di investimento è quello che riguarda il miglioramento delle competenze (skills) degli addetti alla produzione di beni e servizi in tutti gli Stati che compongono l’Unione Europea – afferma Tuttoscuola -. Un compito comune che spetta prima di tutto ai sistemi scolastici e della ricerca europei e alle loro sinergie. Saprà l’Europa essere all’altezza di questa sfida che Draghi definisce giustamente ‘esistenziale’? Abbiamo letto e sintetizzato cosa dice il Rapporto sull’istruzione, che avanza alcune proposte molto decise, tra cui quella che “gli insegnanti dovrebbero ricevere stipendi e benefit competitivi che riflettano il valore del loro lavoro e delle loro qualifiche. Una giusta retribuzione può aiutare ad attrarre e trattenere individui di talento nella professione di insegnante”. Ecco qualche spunto.

Gap di competenze e rilancio della competitività

Il filo del ragionamento che attraversa il Rapporto è stringente e individua nel gap di competenze il punto di partenza (“starting point”) per il rilancio della competitività dell’Unione Europea.
“La competitività dell’Ue e il successo del modello economico europeo – a partire dal realizzare efficacemente le transizioni verde e digitale – richiedono una forza lavoro dotata delle giuste conoscenze e competenze”. Lo sintetizziamo concatenando analisi, dati e considerazioni riportate nella parte A del Rapporto, nel paragrafo intitolato “Closing skills gaps”. L’Europa soffre a causa della carenza di competenze in tutta l’economia, rafforzata da un calo della forza lavoro. L’economia europea mostra una persistente carenza di competenze in diversi settori e occupazioni, sia per i lavoratori poco qualificati che per quelli altamente qualificati. Circa un quarto delle aziende europee ha incontrato difficoltà nel trovare dipendenti con le giuste competenze, mentre un’altra metà riferisce di aver avuto qualche difficoltà. Il 77% delle aziende dell’Ue riferisce che anche i dipendenti appena assunti non hanno le competenze richieste. Mancano anche le competenze a livello manageriale. Quasi il 60% delle imprese dell’Ue ritiene che la mancanza di competenze sia un ostacolo importante agli investimenti e una percentuale analoga riferisce di difficoltà nell’assunzione di specialisti TIC. Allo stesso tempo, i lavoratori europei sono generalmente impreparati a trarre vantaggio dalla diffusa digitalizzazione del lavoro: circa il 42% degli europei non ha competenze digitali di base, compreso il 37% dei lavoratori. È essenziale perciò una strategia europea per affrontare il divario di competenze, incentrata su tutte le fasi dell’istruzione. La carenza di competenze in Europa è infatti dovuta al declino dei sistemi di istruzione e formazione che non riescono a preparare la forza lavoro ai cambiamenti tecnologici”.

Tuttoscuola evidenzia come il livello di istruzione nell’Ue, misurato dai punteggi OCSE PISA, sia in calo. Le posizioni di testa nei recenti rapporti PISA sono dominate dai Paesi asiatici, mentre l’Europa ha registrato un declino senza precedenti. Questo calo riguarda sia i dati medi che i risultati migliori: nel 2022, solo l’8% degli studenti dell’Ue ha raggiunto un livello elevato di competenze in matematica e il 7% in lettura e scienze, come misurato dai punteggi standardizzati PISA. Sebbene il numero di laureati in materie STEM sia in aumento, il ritmo non è sufficiente a tenere il passo con la crescita della domanda di lavoro in ambito STEM e sono evidenti forti disparità di genere: gli uomini sono quasi il doppio delle donne. Le prestazioni insufficienti si estendono anche all’apprendimento degli adulti: nel 2016 solo il 37% degli adulti ha partecipato a corsi di formazione e da allora questo tasso non è praticamente aumentato. Per raggiungere l’obiettivo di una partecipazione alla formazione di almeno il 60% degli adulti ogni anno, fissato dall’Agenda europea per le competenze 2020, sarebbe necessario formare circa 50 milioni di lavoratori in più. Una situazione simile riguarda la formazione professionale, la cui qualità ed efficacia varia notevolmente all’interno dell’Ue.

Molte delle carenze di competenze possono essere ricondotte al sottoutilizzo dei talenti esistenti, come testimoniano i profondi divari di genere in alcune professioni. Gli investimenti dell’Ue hanno finora dato risultati relativamente scarsi. L’attuale bilancio dell’Ue prevede una spesa di circa 64 miliardi di euro per gli investimenti nelle competenze, ma i risultati sono stati limitati. Questo insuccesso è dovuto a diversi fattori, tra i quali la mancanza di valutazioni sistematiche, che impedisce di cogliere l’efficacia di strategie alternative e di perfezionare gli interventi. Tali informazioni sono essenziali per valutare le carenze di competenze esistenti e previste nei vari settori e regioni, nonché per orientare in modo appropriato le politiche e la spesa. Sebbene siano diventate disponibili nuove fonti di informazione e metodologie, l’uso effettivo dei dati granulari sulle competenze per la definizione delle politiche rimane basso e disomogeneo sia tra le istituzioni dell’UE che tra i singoli Stati membri. L’Ue dovrebbe perciò rivedere il suo approccio alle competenze, rendendolo più strategico, orientato al futuro e focalizzato sulle carenze di competenze emergenti.

In primo luogo, si legge nel rapporto Draghi, l’Ue e gli Stati membri dovrebbero migliorare l’uso della skills intelligence, facendo un uso molto più intenso dei dati per comprendere e agire sulle carenze di competenze esistenti. In secondo luogo, i sistemi di istruzione e formazione dovrebbero diventare più reattivi alle mutevoli esigenze di competenze e alle carenze di competenze individuate tramite la skills intelligence. I programmi di studio andrebbero rivisti di conseguenza, coinvolgendo anche i datori di lavoro e le altre parti interessate. In terzo luogo, per massimizzare l’occupabilità, si dovrebbe introdurre un sistema comune di certificazione per rendere le competenze acquisite attraverso i programmi di formazione facilmente comprensibili dai potenziali datori di lavoro in tutta l’Ue. In quarto luogo, i programmi dell’Ue dedicati all’istruzione e alle competenze dovrebbero essere ridisegnati, in modo che i fondi stanziati possano avere un impatto notevolmente maggiore. In particolare, si propone di adottare interventi specifici per affrontare le carenze più gravi di competenze tecniche e STEM sia nella formazione di base sia in quella continua, necessaria per aggiornare le competenze dei lavoratori nel corso della loro vita.

In relazione a ciò, anche la formazione professionale necessita di un’ampia riforma in tutta l’Ue. Settori specifici (catene del valore strategiche) o competenze specifiche (capacità dei lavoratori e manageriali) richiederanno interventi mirati complementari. Ad esempio, si propone di lanciare un nuovo Programma di acquisizione delle competenze tecnologiche per attrarre talenti tecnologici dall’esterno dell’Ue, cofinanziato dalla Commissione e dagli Stati membri. Questo programma combinerebbe un nuovo programma di visti a livello UE per studenti, laureati e ricercatori in settori rilevanti per stimolarne l’afflusso, insieme a un gran numero di borse di studio accademiche dell’UE, in particolare nelle materie STEM, e a tirocini per studenti e contratti per laureati con centri di ricerca e istituzioni pubbliche partecipanti in tutta l’Ue, così da mantenere in Europa le competenze dei ricercatori nella fase iniziale della loro carriera.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)