Pecore di pietra, maiali di lana e galline altstairer. Le giovani contadine e imprenditrici sudtirolesi
Premiate le pioniere dell’agricoltura contadina, sostenibile e multifunzionale, e innovatrici nelle aree rurali
Il naso nero spicca sul musetto bianco, che circonda due occhietti vispi che sbucano vivaci tra ciuffi di pelo nero. Originariamente la sua era una razza da latte e per questo ancora oggi è un animale molto docile. La sua lana ruvida, mista e folta, le permette di affrontare il clima freddo e aspro della montagna. Come quello di S. Pancrazio, in Val d’Ultimo, dove Sasha vive insieme ad altre 36 compagne.
Sasha, che fa capolino dalla pagina Fb del Linderhof, è una pecora di pietra della Carniola, una rara varietà polivalente che fornisce carne, lana e latte e che in passato era diffusa tra Italia, Austria e Slovenia.
A prendersi cura di questo gregge di pecore carniola è Verena Kapaurer che nel 2016 ha ridato vita al maso Linterhof abbandonato dai nonni a S. Pancrazio. E proprio le pecore sono il pilastro su chi si fonda il caseificio in cui Verena e il suo partner producono yogurt, crema di formaggio, formaggio blu e formaggio a pasta semidura. I prodotti del caseificio del maso Linterhof sono a km 0 e vengono venduti solo a livello locale, in ristoranti e alberghi e al mercato dei contadini. Quando, nel 2020, a causa della pandemia le vendite non sono state più possibili, Verena ha unito le forze con tre aziende agricole locali e, attraverso la piattaforma online “der Bauer bring’s” (te lo porta il contadino), ha avviato un sistema di consegna porta a porta. Non solo. Da dicembre dello scorso anno è stato avviato un servizio di catering ed eventi e dall’autunno 2020 ad animare la vita nel Linterhof c’è anche “die Hofzwerge”, l’asilo del maso.
A poco meno di 80 km di distanza dal maso di Verena Kapaurer, arrampicato sul Nördersberg (Monte Tramontana), a 1.250 metri di altitudine c’è il Psegghof, dove possiamo incontrare quella che a prima vista sembra una pecora un po’ grassottella. Ma a ben vedere – e sentire – tutto è tranne che una pecora. Si tratta, infatti, di un maiale mangalica. Si tratta di una razza che vive in allevamenti dell’Europa dell’Est (Ungheria e Austria) e arriva a pesare oltre 2 quintali. Il pelo del maiale di lana, che può essere bianco o nero, lo aiuta a proteggersi dalle rigide temperature invernali. Al Psegghof vive con tre scrofe e la loro prole in un recinto all’aperto. Ma questi non sono gli unici “ospiti” del maso vicino a Cengles, in Val Venosta, dove vivono Alexandra Zöggeler, suo marito Philipp Thoma e i loro due figli. E le loro 600 galline.
Con alle spalle un’esperienza professionale nel settore degli alimenti biologici, Alexandra e Philipp hanno iniziato a maturare qualche anno fa l’idea di cambiare completamente lavoro e dedicarsi all’agricoltura. Un sogno, questo, che ha faticato a spiccare il volo. E proprio quando l’idea era stata quasi accantonata, si è aperta la strada che li ha portati in Val Venosta. A 1.250 metri di altitudine. Qui, seguendo un minuzioso calendario di attività, hanno gettato le basi del commercio biologico, con contatti con i commercianti locali che acquistano il loro prodotto: l’uovo biologico.
A produrre le uova sono 600 galline, che vivono in due gruppi e hanno un recinto coperto davanti alla stalla in inverno e possono uscire sui pascoli circostanti in estate. Quando i pendii del monte non sono coperti dalla neve, le galline si spostano da un pascolo all’altro, in modo che ogni prato possa rigenerarsi. Come in una sorta di “rotazione dei campi”. Ci sono esemplari di razze antiche, come le Altstairer (pollo della vecchia Stiria), più adatte all’allevamento all’aperto, in quanto più resistente e dotate di un istinto naturale che consente loro di riconoscere più rapidamente i pericoli.
Le galline dello Psegghof producono circa 500 uova al giorno. E quando sono troppo vecchie per deporre le uova? Non vengono eliminate, ma nuovamente valorizzate. Una gallina, infatti, sviluppa in età avanzata un antibiotico naturale per se stessa, che sarebbe un peccato buttare via. Non per niente il brodo di pollo viene consigliato quando non si sta tanto bene. Allo Psegghof ogni gallina dispone di almeno quattro metri quadrati di spazio libero, un ambiente pulito e mangimi biologici certificati, così come previsto dalla legge. Rispetto ad altre realtà, i due branchi di polli di Alexandra e di suo marito sono piccoli rispetto ad altri allevamenti, ma loro non vogliono ingrandirsi, per mantenere la qualità e la salute del ciclo.
I volti sorridenti di Verena Kapaurer e Alexandra Zöggeler li ritroviamo in questi giorni su Fb. Sono, infatti, queste due giovani contadine e imprenditrici sudtirolesi le vincitrici della 3.a edizione del premio Agitu Ideo Gudeta, istituito per mettere in luce le donne che operano in Alto Adige e in Trentino come pioniere dell’agricoltura contadina, sostenibile e multifunzionale e come innovatrici nelle aree rurali.
Così come è stata Agitu Ideo Gudeta, l’imprenditrice e ambientalista etiope che, dopo essere stata costretta nel 2010 a scappare dal suo Paese, è arrivata nella Val dei Mocheni in Trentino e qui – grazie anche agli insegnamenti ricevuti dalla nonna materna – ha fondato l’azienda agricola biologica “La capra felice”, dove 180 capre di razza pezzata mochena hanno trovato una “casa”.
La notte del 29 dicembre 2020 la 42enne Agitu Ideo Gudeta, che per il suo impegno e per la sua creatività imprenditoriale aveva ricevuto diversi riconoscimenti, è stata barbaramente uccisa nella sua casa a Plankenhoff, frazione di Frassilongo, da un lavoratore stagionale ghanese che lei aveva assunto perché l’aiutasse nella gestione del gregge. All’indomani dell’assassinio di Agitu Ideo Gudeta, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (Unchr) ha parlato di lei come “un modello di successo e integrazione”, auspicando che fosse “di ispirazione per altri rifugiati”. E non solo, visto l’alto numero di adesioni al concorso, istituito per mantenerne viva la memoria, ma soprattutto il messaggio. Diciassette sono state le candidature esaminate dalle promotrici del premio, Martina Schullian, Susanne Elsen, Alessandra Piccoli, Monika Gross e Marion Maier.
Insieme a Verena Kapaurer e Alexandra Zöggeler – a cui è andato un premio di 1.500 euro ciascuna – il comitato promotore ha voluto dare anche un premio speciale di 1.000 euro a Moira Donati di Comano Terme, che gestisce da diversi anni l’azienda agricola Agrilife di Comano, specializzata nella produzione di latte d’asina, cosmetici a base di latte d’asina, succhi, tisane e marmellate. E un premio speciale di 900 euro è andato anche a Sandra Hofer di Chiusa (Val d’Isarco), per il suo progetto di pascolo lungo le rive dell’Adige, che gestisce insieme al compagno Daniel. Con un gregge di circa 200 pecore, un asino, diverse capre e cinque cani da guardia, Sandra utilizza e si prende cura delle sponde dell’Adige, contribuendo così alla protezione civile, alla salvaguardia di questo bene comune e a una maggiore biodiversità.