Ozieri, la Caritas diocesana che scommette sul lavoro (nonostante tutto)

Nord Sardegna, uno spaccato delle attività della Caritas ozierese: ascolto e accoglienza, ma anche una cooperativa che con vigna, forno e pizzeria dà lavoro a persone svantaggiate. L’inatteso ciclone del processo vaticano al cardinal Becciu non modifica la strada tracciata: “Non rispondiamo ai bisogni in modo assistenzialista”

Ozieri, la Caritas diocesana che scommette sul lavoro (nonostante tutto)

In una piccola diocesi di una zona interna della Sardegna il modo per aiutare le famiglie in difficoltà passa attraverso progetti di inserimento lavorativo che consentano alle persone di avere un’occupazione e di migliorare così la propria condizione economica, dando linfa al contempo all’economia locale. Una vigna, un forno, un laboratorio per la produzione di ostie, una pizzeria: differenti attività che occupano persone fragili e svantaggiate e che affiancano le attività di distribuzione degli alimenti, di sostegno al pagamento delle bollette, di presa in carico attraverso i centri d’ascolto presenti sul territorio.

Siamo a Ozieri, nord della Sardegna, la città più popolosa del Logudoro, più o meno a metà strada fra Sassari (50 chilometri a ovest) e Olbia (65 a est). Un passato glorioso che affonda le sue radici fin nella preistoria (i ritrovamenti di epoca neolitica nella grotta di San Michele sono di importanza archeologica capitale), che conserva suggestive tracce artistiche dell’arte romanica (una delle massime espressioni del romanico in Sardegna è la maestosa basilica di sant’Antioco di Bisarcio, che sovrasta la piana di Chilivani a pochi chilometri da Ozieri), e che oggi vive un presente fatto delle difficoltà che inevitabilmente interessano le zone interne. Estesa anche ai territori delle antiche diocesi di Bisarcio e di Castro, la diocesi di Ozieri conta 46 mila abitanti, con 30 parrocchie (ventuno in provincia di Sassari, otto in provincia di Olbia-Tempio e una nella provincia di Nuoro) e una quarantina di sacerdoti. L’occasione che ci porta qui è il terzo seminario del ciclo “Raccontare il territorio”, organizzato dall'Ordine dei giornalisti della Sardegna, dalla Caritas regionale e da Redattore Sociale: un viaggio a tappe in diverse diocesi della Sardegna per approfondire alcuni fenomeni sociali che interessano queste zone e che, dopo il primo appuntamento di Tempio Pausania sulla sanità, e il secondo di Oristano sul tema degli anziani e della “silver economy”, ci conduce a Ozieri per riflettere sulla disabilità.

“I nostri centri d’ascolto – ci racconta don Mario Curzu, direttore della Caritas ozierese – raccolgono i bisogni delle persone, le loro necessità principali, e fra queste il lavoro c’è quasi sempre”. Anche da queste parti, naturalmente, la Caritas distribuisce alimenti tramite le parrocchie del territorio, e anche qui l’aiuto diretto alle famiglie che non riescono a far fronte al pagamento delle bollette è una via praticata, ma l’impegno sull'aspetto lavorativo senza dubbio caratterizza questa particolare esperienza. “La Caritas è un organismo pastorale e come tale non può essere fonte di lavoro: per questo – spiega don Curzu – c’è stata la necessità di dotarsi di un braccio operativo, una cooperativa di tipo B. La Cooperativa Spes (nata nel 2005) ha avviato nel tempo numerose attività e progetti: abbiamo un panificio, una vigna con una cantina in cui si produce vino, un laboratorio per la produzione di ostie per la messa, una pizzeria in città”. Tutte attività economiche che hanno assunto persone bisognose, fra le quali persone svantaggiate o con disabilità: “Invece di dare soldi a pioggia, le aiutiamo facendo in modo che possano avere un lavoro da cui trarre un guadagno necessario per vivere”. I dipendenti della cooperativa sono una settantina, impiegati in diversi settori (agricoltura, edilizia, falegnameria, ristorazione).

“Piz-Stop”, l’inclusione lavorativa per ragazzi con disabilità

L’esperienza di “Piz-Stop”, la pizzeria nella quale lavorano ragazzi con disabilità intellettiva, è l’ultima avviata in ordine di tempo, e prossima ad un ampliamento dell’attività. “Il lavoro è uno strumento pedagogico ma deve anche essere accessibile e per questo – spiega Francesca Sanciu, operatrice Caritas e socia della Spes – abbiamo coinvolto in questo progetto ragazzi e ragazze con disabilità che hanno avuto la prima esperienza lavorativa con regolare contratto di lavoro dipendente e affiancamento “on the job” da parte di alcuni operatori”. “Ricordo molto bene – racconta Sanciu - Il giorno in cui, emozionati e tremanti, presenti anche i genitori, hanno firmato il loro contratto di lavoro. Ora ogni mese vengono in ufficio, firmano la busta paga, ricevono uno stipendio”. La testimonianza di Sara, 20 anni, che nel locale fa la cameriera: “Ho frequentato il liceo classico, una volta finito ho cercato un lavoro ma non l’ho trovato. Poi nel novembre 2021 sono stata assunta a Piz-Stop. Siamo una grande famiglia. Ogni mese con grande gioia ricevo una busta paga e con quei soldi aiuto la mia famiglia e sono anche io più autonoma”.

“Al centro di questa esperienza – rimarca Sanciu - c’è l’inclusione, ma senza dimenticare la qualità del servizio che offriamo e che stiamo ampliando con l’allargamento ad una nuova sala che ci permetterà di ospitare ai tavoli 30 persone. Un anno e mezzo fa ci siamo posti l’obiettivo della costruzione di un modello di inclusione lavorativa, ora puntiamo a reiterare il modello e vorremmo che anche altre aziende del territorio possano osare assumendo i ragazzi. Noi speriamo che loro scoprano la loro vocazione e possano anche cambiare lavoro, facendo altro se il loro desiderio è quello”.

Sara, Bruno, Francesco, Federico, Stefano, sono le facce che accolgono i clienti a Piz-Stop. Sui tavolini la tovaglietta è “parlante”, racconta del luogo e della sua storia. “Perché fare Piz-Stop da noi?”, recita una delle domande. “Perché – è la risposta nero su bianco -  si mangia bene facendo del bene, puoi assaporare sorriso e gentilezza per saziarti di bellezza. Nota bene: quando mangi da noi, porta con te un pizzico di pazienza. Qui cuciniamo e serviamo a fuoco lento”.

Fondi e processi: l’attenzione mediatica su una piccola diocesi

Da qualche tempo a questa parte la cooperativa Spes è oggetto di un’attenzione, anche mediatica, che da queste parti avrebbero di gran lunga preferito non avere: “Non è piacevole, ma qui è tutto rendicontato, fino all’ultimo soldo”, dice il direttore della Caritas, don Mario Curzu. Il riferimento è al processo che si sta celebrando in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, che vede fra gli imputati anche il cardinale Angelo Becciu, originario - lui e la famiglia – proprio di queste zone. Al filone principale, quello legato all'investimento di un immobile di lusso a Londra (Sloane Avenue), se ne è aggiunto un secondo, riguardante l’erogazione diretta proprio alla cooperativa Spes – che è guidata dal fratello del cardinale, Antonino – di una somma di denaro disposta appunto dal porporato quando era Sostituto alla Segreteria di Stato. Una circostanza che ha attivato anche la Guardia di Finanza e un secondo procedimento, stavolta italiano, in corso al tribunale di Sassari. Il contributo in denaro arrivò a Ozieri in due tranche, la prima datata 2015 per 25 mila euro (servì, precisano alla Caritas, a far ripartire la produzione di un panificio in disuso e il suo ripristino per dare la possibilità di lavoro a giovani disagiati), la seconda datata 2018 e pari a 100 mila euro da destinare alla costruzione della Cittadella della carità di Ozieri, un centro multifunzionale che nelle intenzioni della Diocesi ospiterà spazi per l’accoglienza e aree di inclusione, a supporto delle attività della Caritas per anziani, profughi e bisognosi (i lavori di realizzazione sono partiti nel 2022 e sono tuttora in corso).

L’accoglienza dei profughi, la generosità della gente

Pur con la bufera processuale in corso, l’attività della Caritas diocesana continua a mettere in evidenza l’esigenza di non rispondere ai bisogni in modo assistenzialista, ma promuovendo l’esigenza lavorativa delle persone svantaggiate, inizialmente ex tossicodipendenti o ex detenuti, ora anche giovani con disabilità. Ma non mancano anche altri versanti di intervento: “Al momento – racconta don Curzu - accogliamo, tramite la Prefettura, 28 profughi pachistani che sono ospitati in una struttura messa a disposizione dal vescovo, un ex convento, e poi facciamo numerosi eventi di formazione accogliendo sempre nuovi volontari. La collaborazione con le istituzioni è fruttuosa, i Comuni e i servizi sociali quando non riescono a sopperire ai bisogno chiedono a noi, ma il rapporto con loro è consolidato. E poi la gente che può ha aiutato e aiuta molto: mai, neppure durante i momenti più difficili della pandemia da Covid-19, siamo rimasti fermi, ma sempre abbiamo potuto distribuire ciò che con grande generosità ci veniva consegnato. I problemi ci sono sempre, ieri come oggi, ma la solidarietà è grande”.

Stefano Caredda

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)