Italiani sempre più generosi e digitali, ma diminuiscono i potenziali donatori

Crescono i donatori abituali e aumenta la donazione media (+21%), ma negli ultimi quattro anni una grossa fetta di “indecisi” ha definitivamente abbandonato l’idea di donare. Ricerca scientifica e assistenza ai poveri calamite della solidarietà. I risultati della ricerca “Donatori, donazioni e corporate social responsability 2023” presentata in occasione dell’appuntamento dedicato all’innovazione nel Terzo Settore Reinventing

Italiani sempre più generosi e digitali, ma diminuiscono i potenziali donatori

Donatori abituali e donazione media in crescita, ma crollo verticale dei potenziali donatori: in quattro anni è raddoppiata la percentuale delle persone sensibili al Terzo Settore che ha scelto di non donare. È quanto emerge dalla ricerca “Donatori, donazioni e corporate social responsibility (nella società italiana) 2023”, realizzata dalla società Emotional Marketing in collaborazione con Atlantis Company, azienda specializzata nella consulenza e nella comunicazione nel settore non profit.
L’analisi – condotta su un campione rappresentativo di 1000 persone di età compresa tra i 18 e i 70 anni – è stata presentata in occasione della nuova edizione di “Reinventing”, il tradizionale appuntamento annuale dedicato all’innovazione e allo sviluppo del fundraising, della comunicazione sociale e della Corporate Social Responsibility promosso da Atlantis Company.

Dalla ricerca in particolare emerge che, rispetto alla precedente rilevazione del 2019, i donatori abituali (persone che hanno effettuato più di una donazione in un anno) sono passati dal 17% al 19% e che la donazione media è salita da 51 a 62 euro (+ 21%), ma anche che si è molto ristretto il bacino dei potenziali donatori (persone che non hanno mai donato, ma che dichiarano di essere interessate a farlo), che sono passati dal 32% del 2019 al 14% del 2023. Una parte degli “indecisi” in questi anni ha scelto di sostenere cause benefiche, determinando un aumento in termini assoluti di donatori, numero di donazione e cifre donate; ma una percentuale del campione decisamente più ampia ha definitivamente abbandonato l’idea di donare. In quattro anni, infatti, i non donatori sono passati dal 17% (2019) al 34% (2023).

“Le grandi emergenze degli ultimi anni hanno inciso in modo significativo sul contesto socioeconomico del nostro Paese – ha sottolineato Francesco Quistelli, CEO di Atlantis Company –. Pandemia, guerra, disastri naturali, crisi economica e climatica hanno polarizzato la società, anche riguardo alla propensione a sostenere cause benefiche. Durante la pandemia il ‘mercato’ delle donazioni è cambiato: il Terzo Settore ha risposto con tempestività ed efficacia all’emergenza e questo è stato riconosciuto sia dai donatori abituali che da una parte degli ‘indecisi’, che per la prima volta ha scelto di sostenere un ente benefico. In questi anni, però, abbiamo assistito anche a raccolte fondi rivolte direttamente ai beneficiari, senza la mediazione delle organizzazioni non profit, e queste iniziative si sono spesso rivelate inefficaci e non sempre trasparenti. Il clima di sfiducia generato da queste ultime ha coinvolto in parte anche il Terzo Settore e un’ampia parte dei potenziali donatori si è allontanata ulteriormente dall’idea di sostenere cause sociali. In questo quadro per le organizzazioni è fondamentale operare su più fronti – ha concluso Quistelli -. Da una parte, rafforzare la relazione con i donatori attivi, avvicinandoli sempre di più alla mission e ai progetti e, dall’altra, recuperare il rapporto con i donatori potenziali, attraverso strumenti e canali diversi dalla donazione “classica”, come gli acquisti solidali e progetti integrati di CSR. In ogni caso, efficacia e trasparenza devono restare fari imprescindibili, ricordandosi sempre che le persone donano alle persone, ma soprattutto a chi sa aiutare al meglio chi ha più bisogno”.

Gli italiani e le organizzazioni non profit. La ricerca analizza i criteri utilizzati dai donatori per scegliere le organizzazioni da sostenere: il fattore considerato prioritario è la trasparenza, seguito dall’efficienza e dalla capacità di ispirare fiducia. Per reperire informazioni in merito a questi argomenti, i potenziali donatori utilizzano vari strumenti parallelamente: il 50% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare internet, ma rimangono importanti anche il passaparola (33% degli intervistati), il contatto diretto (31,6%), le informazioni diffuse attraverso pubblicità (20%), i social network (16,5%) e la stampa (16,5%).

La scelta delle organizzazioni da sostenere è condizionata anche dal settore di intervento: gli enti più scelti per le donazioni sono quelli impegnati nella ricerca contro malattie gravi (64,8%), seguiti da quelli attivi nel contrasto alla povertà (45,8%) e nella tutela dell’ambiente (45,8%). Rispetto alla rilevazione del 2019 emerge una forte crescita delle donazioni a favore delle organizzazioni impegnate in aiuti medico-sanitari (dal 3% delle scelte, si è passati al 42,9%), ma anche delle donazioni indirizzate alla tutela dell’ambiente e all’assistenza ai poveri, che nel 2009 rappresentavano rispettivamente solo il 25% e 22% delle scelte.

In relazione alle modalità di donazione, lo studio rileva un aumento della propensione dei donatori a utilizzare la moneta elettronica (dal 19% nel 2019 al 30,7% nel 2023) e il bonifico bancario (dal 16% al 21,8%); restano stabili i bollettini postali e lo strumento della numerazione solidale, mentre si registra un calo del 3% per l’utilizzo dei contanti.

Oltre al sostegno diretto alle organizzazioni, risultano apprezzati anche gli acquisti solidali: gli intervistati hanno dichiarato di essere molto interessati (4,29 su scala 1-5) ad acquistare un prodotto sapendo che una parte degli incassi sarà utilizzata per una causa benefica a loro conosciuta e la propensione a donare cresce ulteriormente (4,37) se la donazione non comporta un aumento del costo dell’acquisto.

La relazione tra profit e non profit. Dalla ricerca emerge anche quanto l’impegno, trasparente e concreto, da parte delle aziende nel Terzo Settore possa fortemente condizionarne la reputazione, influenzando anche le scelte di acquisto.
L’88,4% degli intervistati ritiene che sia dovere di un’azienda impegnarsi in ambito di responsabilità sociale. Tuttavia, il 64% sottolinea che molte aziende usano l’impegno solo come facciata o che dichiarino impegni solidali non veritieri.
Dati che evidenziano non solo un crescente interesse, ma anche un approccio critico nei confronti dei comportamenti aziendali in termini responsabilità sociale. Un’attenzione alla quale le aziende italiane saranno sempre più chiamate a rispondere. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)