Il diritto di “esserci”, durante e dopo il coma. E' la Giornata dei Risvegli

Fino a qualche anno fa in Italia non esistevano strutture in grado di prendere in carico pazienti in coma. Oggi le strutture ci sono, ma il percorso per realizzare quel “diritto a esserci” è spesso complicato. Parla Fulvio De Nigris, fondatore della Casa dei Risvegli. E le 4 richieste al nuovo governo

Il diritto di “esserci”, durante e dopo il coma. E' la Giornata dei Risvegli

Chiara Insidioso ha 27 anni ed è sta in coma da marzo del 2013 a febbraio 2014, sopravvissuta alla violenza del compagno che l'aveva ridotta in fin di vita. Oggi è lucida, comprende tutto e comunica a modo suo, ma vive in una struttura per gli stati vegetativi e non riceve le terapie riabilitative di cui avrebbe bisogno per tornare effettivamente nel mondo. S. ha 52 anni e un figlio ancora piccolo: dopo l'ictus, a marzo dell'anno scorso, sembrava non ci fosse niente da fare per lei: dalla terapia intensiva, è stata trasferita direttamente in Rsa, senza passare per un clinica riabilitativa: ma la voglia di esserci è così forte che oggi S. sta lentamente ma tenacemente tornando a comunicare col mondo: attraverso la scrittura, esprime preoccupazioni, ringraziamenti, proteste. E' in attesa di essere presa in carico da una struttura riabilitativa del Lazio, ma la strada è complicata, perché in teoria, nel Lazio, solo dall'ospedale si ha accesso alla struttura riabilitativa. Lei ormai è in Rsa e, pur in presenza di diverse relazioni che certificazioni i suoi miglioramenti e la necessità di terapie, il trasferimento sembra tutt'altro che facile.

Oggi è la “Giornata nazionale ed europea dei risvegli”, giunta alla 24a edizione, storicamente sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, promossa dall’associazione “Gli amici di Luca”: una giornata dedicata ad accendere una luce e far uscire dal silenzio storie come quelle di Chiara, o come quella di S. Storie di tante “persone con esiti di coma, stato vegetativo minima coscienza, e GCA, migliaia in Italia, che aspettano nuovi impegni e stabili percorsi di assistenza”. Ce ne parla Fulvio De Nigris, direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma dell’associazione Gli amici di Luca nella Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna. “Le persone con esiti di coma e gravi cerebrolesioni acquisite, oggi più che mai, richiedono una maggiore attenzione perché i loro diritti e le loro problematiche siano sempre sotto gli occhi di tutti ed affinché i loro bisogni siano intercettati in maniera constante e consapevole dalle istituzioni preposte. Le patologie che seguiamo non possono essere lasciate indietro, né essere anche soltanto indirettamente colpite dalla pandemia che ha distolto da loro attenzione e risorse”. A Fulvio De nigris Redattore Sociale ha rivolto alcune domande, per fare il punto sulla situazione e capire quali risposte si debbano e si possano dare a chi vive in questo stato, tra il buio e la luce, perché alla fine sia la luce a risplendere.

Oggi è il 7 ottobre. Cosa rappresenta questo giorno per voi?
Il 7 ottobre 1997 fu il giorno in cui nostro figlio Luca si svegliò, dopo otto lunghi mesi di coma e stato vegetativo, in Austria, dove era ricoverato in un centro di eccellenza grazie ad una gara di solidarietà. Quel giorno è diventato un simbolo che attraverso la sua storia interpreta il bisogno di migliaia di familiari che vivono situazioni simili e chiedono anche adeguamenti a una realtà che cambia: la parte relativa alla traumatologia stradale, ad esempio che riguarda spesso i giovani, si è sensibilmente ridotta e si è quindi spostata in avanti la fascia di età in cui si osservano negli ospedali lesioni cerebrali gravi che comportano il coma per emorragie o altro. Diventa più difficile la gestione del futuro di queste persone e dobbiamo cercare nella fase post-acuta, di trovare luoghi, nuove capacità di accoglienza che oggi magari non esistono che possano salvaguardare le famiglie fuori dal domicilio. Creare nuove domiciliarità. Non è detto che le persone che non si risvegliano poi non abbiano un futuro: il loro benessere può migliorare e noi ci battiamo per questo. Importante e' anche investire in ricerca: questione critica perché per gli studi su persone non competenti spesso i comitati etici dicono dei no. In questa giornata dei risvegli, oltre ai momenti di sensibilizzazione e di festa importante avremo tre convegni sui temi specifici delle Gravi Cerebrolesioni acquisite ((A San Pellegrino Terme, a Bologna e Genova) che approfondiranno i temi delle raccomandazioni espresse dalla giuria della ‘seconda “Conferenza di consenso delle associazioni” che si occupano di queste tematiche. Una iniziativa che è stata patrocinata dal Ministero della Salute e che ha intanto visto la riapertura in Emilia Romagna del Tavolo di confronto sulle GCA. Cosa che dovremmo riaprire a livello nazionale cercando di superare gli 'sfilacciamenti' con le Regioni per rimarcare la necessità di garantire, nei confronti di malati particolarmente fragili, un corretto approccio sanitario ma anche un adeguato approccio sociale. Alla luce dei mutamenti scientifici, legislativi, culturali ed epidemiologici rifletteremo sulle criticità e le buone raccomandazioni”
La vostra associazione nasce con l'obiettivo di garantire ai pazienti un'adeguata presa in carico durante e dopo il coma: in cosa deve consistere, secondo Lei, questa presa in carico? Quali strumenti devono essere messi in campo? Cosa c'è e cosa, invece, ancora manca?
L’associazione Gli amici di Luca nasce dal basso, dall’esperienza di due genitori che nel 1997 furono costretti ad andare all’estero perché in Italia non c’erano strutture in grado di curare un ragazzino di 15 anni andato in coma per un’”operazione perfettamente riuscita”. In Austria, dove pure non potevamo stare insieme con nostro figlio, nacque l’idea di una struttura dove la famiglia potesse vivere con il proprio caro e dove la malattia non l’avrebbe avuta vinta sulle relazioni e la possibilità di comunicare. Per questo comunicare alla pari tra medici e familiari, senza sudditanze psicologiche, ma con la convinzione che attorno a quel letto del paziente è possibile mettere in gioco varie competenze per il miglior recupero e benessere di vita. Una vita che magari cambierà ma non cambierà il modo di affrontarla e la determinazione di considerare le persone con disabilità piene di opportunità ancora da cogliere.
Una persona che oggi, per trauma o per malattia, finisce in coma, quale percorso si trova normalmente ad affrontare?
Un percorso molto lungo e complesso che dalla fase della rianimazione, alla riabilitazione e al possibile ritorno al domicilio non smette mai di richiedere impegno e coinvolgimento pratico ed emotivo. Si parla tanto di reinserimento al lavoro di una persona disabile, ma non bisogna trascurare il problema del caregiver che quando lavora rischia di perderlo perché troppo impegnato, troppo coinvolto, suo malgrado, in una complessa vicenda familiare.

Quali supporti esistono (se esistono) per i familiari? E quali dovrebbero essere implementati?
Regioni virtuose hanno creato un assegno di cura che aiuta i familiari nel difficile “percorso di vita” di una persona con grave disabilità. Bisogna incentivare questi sostegni economici e cercare di istituire nuove “domiciliarità”, co-housing per assistere persone in fase di cronicità, laddove la famiglia non fosse in grado di portare a casa il proprio caro.

Sul fronte sanitario, l'Italia negli ultimi anni ha fatto qualche passo avanti: se prima era necessario rivolgersi all'estero per trovare strutture riabilitative per i pazienti in coma, oggi anche l'Italia offre strutture di questo genere? Ce ne sono a sufficienza?
L’Italia ha sicuramente raggiunto un ottimo livello nella riabilitazione e nella conoscenza di una tematica, quella delle gravi cerebrolesioni acquisite. Oggi, andare all’estero a mio avviso non ha più senso perché in Italia abbiamo buoni protocolli, gli stessi che hanno in altre nazioni. Bisogna dare più fiducia ai professionisti, ai sanitari che operano nelle strutture, agli stessi pazienti. ai quali bisogna offrire fin da subito qualche possibilità in più per un eventuale recupero. Bisogna fare più squadra con le famiglie e le associazioni, essere capaci di rafforzare modelli di assistenza e crearne altri più adeguati ai tempi; tempi di una famiglia che è diversa da quella tradizionale del passato, molto più variegata. Bisogna affrontare la situazione con percorsi 'sartoriali' valutati caso per caso.

Ci sono differenze, nella presa in carico di questi pazienti e delle loro famiglie, tra regione e regione? Esistono regioni più virtuose e meno virtuose? Qualche esempio?
Esiste purtroppo ancora una grande disparità tra le regioni. Ci sono sicuramente regioni più virtuose come l’Emilia Romagna, la Lombardia e poche altre, rispetto ad aree geografiche che fanno più fatica. In ogni caso, le comunità scientifiche e le associazioni che rappresentano i familiari sono in campo per essere intercettate e coinvolte in processi di trasformazione e di innovazione della cura e dell’assistenza. La conferenza Stato Regioni ha licenziato più di 10 anni fa le “Linee guida sugli Stati vegetativi”, invitando le regioni ad applicarle in maniera univoca e costituendo tavoli regionali di consultazioni con clinici e associazioni. Purtroppo, molto di quanto previsto è stato disatteso: sono poche le regioni hanno messo in campo questi tavoli di lavoro per l’applicazione di queste linee guida.

Il vostro centro vanta risultati eccezionali: qual è la percentuale di pazienti che escono dalla struttura avendo riconquistato un buon livello di autonomia?
Nella Casa dei Risvegli Luca De Nigris, una struttura pubblica dell’Azienda Usl di Bologna, dal 2004 ad oggi sono passate quasi 500 persone. Di queste, un buon 75% si sono “risvegliate” intendendo con questa espressione un buon grado di autonomia, seppur con percentuali di disabilità da considerare. C’è poi quel restante 25% che non ha avuto risultati apprezzabili ed è tornato a casa, o in strutture di lunga assitenza. Anche queste persone vanno seguite, perché i loro familiari sono stati formati e, anche sei il risveglio del loro caro non è avvenuto come sperato, si sono avviate ad un percorso vita nel quale non possono e non devono essere lasciate sole,

Quali strumenti utilizzate per “mettervi in contatto” con questi pazienti e aiutarli a uscire dal buio e dal silenzio?
Nella Casa dei Risvegli Luca De Nigris, costituita da 10 moduli abitativi, una sorta di casa nella casa, dove la famiglia può vivere con i suoi ritmi e le sue abitudini, utilizziamo un percorso pedagogico, clinico, riabilitativo e sociale che utilizza un team interdisciplinare dove la riabilitazione cosiddetta tradizionale su unisce al teatro, alla musica, all’arteterapia in un’alleanza terapeutica estremamente proficua che utilizza anche il ruolo del volontariato. Coinvolgendo la famiglia e formandola per l’auspicato ritorno a casa”.

Riesce a ipotizzare, all'incirca, quale percentuale di pazienti in coma, in Italia, riesce ad accedere a strutture riabilitative convenzionate in cui riceve cure adeguate? E a quanti invece questa possibilità viene negata?
Non abbiamo purtroppo un dato epidemiologico certo e questo è un problema che abbiamo sempre evidenziato sia al Governo, quando eravamo nei tavoli ministeriali, sia alle amministrazioni locali. Fare un censimento sarebbe oltremodo importante, anche per aggiustare il tiro rispetto agli obiettivi da perseguire. Certamente ci troveremmo davanti ad una casistica che probabilmente non ci saremmo aspettati.

Quali sono le vostre richieste al prossimo governo?
Primo, riprendere in mano la “Mozione sulle GCA”, approvata nella scorsa legislatura all’unanimità dal Parlamento Europeo. Secondo, analizzare le criticità emerse nel documento della Giuria della seconda “Conferenza di consenso sulle GCA” promossa dalle nostre associazioni. Terzo, istituire una legge per i caregivers, che devono essere aiutati anche economicamente. Quarto, istituire un “Osservatorio nazionale sulle GCA” e, per legge, la “Giornata nazionale ed europea dei risvegli”, che realizziamo da 24 anni e recentemente insignita dal Capo dello Stato con la Medaglia del Presidente della Repubblica, quale evento di importante rilevanza culturale e sociale.

Quali le richieste al mondo dell'informazione e della comunicazione?
Di non considerare solo il “fine vita” come argomento urgente nel nostro paese. La libertà di scelta è un problema da risolvere. ma non deve fare ombra né mettere in secondo piano il diritto alla cura e a una sanità più giusta e democratica, che venga incontro alle esigenze delle famiglie senza lasciarle sole con i loro problemi e i loro affanni. Accendere le luci su quei percorsi dopo un evento cerebrale dannoso e sull’impegno dei familiari caregivers nella vita di tutti i giorni, sarebbe di estremo conforto e di aiuto a quanti vivono questa condizione. Il coma, lo stato vegetativo, le gravi cerebrolesioni acquisite diventano una malattia di tutta la famiglia ed è tutta la famiglia che va curata. Ne siamo convinti. Ma, come dice un nostro slogan “vale la pena”.

Testimonial della Giornata è Luca Bergonzoni, con la campagna sociale “Essere o essere”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)