Care leavers vittime della “caccia ai furbetti”: per loro stop al Reddito di Cittadinanza

La denuncia del Forum terzo settore Lazio: decine di segnalazioni da parte di ragazzi vissuti in casa famiglia e ora impegnati in percorsi verso l'autonomia. Danese: “Storie dolorose, che ora sono costretti a ripercorrere, per fornire la documentazione richiesta. E intanto, non sanno come pagare l'affitto”

Care leavers vittime della “caccia ai furbetti”: per loro stop al Reddito di Cittadinanza

Nella “caccia al furbetto”, troppo spesso cade chi furbo non è: un paradosso della burocrazia, di cui oggi fanno le spese i giovani care leavers, ovvero i ragazzi e le ragazze che, divenuti maggiorenni, escono dalle strutture che li hanno presi in carico e, appena diciottenni, si incamminano – non per scelta, ma perché la legge lo prevede – verso l'autonomia. La notizia che arriva a Redattore Sociale da Francesca Danese, portavoce del Forum del terzo settore Lazio, ha dell'incredibile: proprio a questi ragazzi è oggi negato il Reddito di cittadinanza. Non solo negato, ma bloccato, anche per quelli che finora lo hanno ricevuto. Perché? Perché la pubblica amministrazione, legittimamente, ha deciso di stanare i “furbetti” e, tra gli strumenti messi in campo a questo scopo, ce n'è uno che decisamente sta sbagliando bersaglio: la sospensione della prestazione per i componenti dei nuclei “monocomponenti”.

In un messaggio nascosto dell'Inps, datato 14 ottobre 2022, si legge infatti che “in esito alle verifiche centralizzate svolte dalla Direzione Centrale Antifrode d’intesa con la Direzione scrivente, è emerso uno specifico rischio di frode in relazione alle dichiarazioni contenute in DSU da parte di soggetti maggiorenni, di età inferiore ai 26 anni, ai fini del riconoscimento del Rdc come nuclei monocomponenti”.

In base alla legge 26/2019, “il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa parte del nucleo familiare dei genitori quando è di età inferiore a 26 anni, è nella condizione di essere a loro carico a fini IRPEF, non è coniugato e non ha figli”. Sulla base di questa norma, afferma l'Inps, “in presenza delle condizioni indicate” è impossibile, per il richiedente del Rdc, costituire un nucleo familiare a sé. Eppure, “è stato individuato un insieme di percettori RdC che hanno dichiarato un nucleo familiare monocomponente e di trovarsi quindi nelle seguenti condizioni: essere maggiorenni, di età inferiore ai 26 anni; non essere conviventi con i propri genitori; non essere coniugati; non avere figli”. Ma sulla base delle informazioni fornite al sistema ISEE da Agenzia delle Entrate, “risulta che i medesimi percettori non dispongono di un reddito familiare superiore ai 4.000 euro (per i soggetti maggiorenni di età inferiore ai 24 anni), o superiore ai 2.840,51 euro (per i soggetti tra i 24 e i 26 anni)”.

E allora? Allora, di fatto, in presenza di queste condizioni, non si ha dritto al Reddito di cittadinanza. Tanto che l'Inps ha disposto che “si procederà a partire dalla rata del mese corrente a sospendere a livello centrale l’erogazione della prestazione per tutti i codici fiscali interessati, inviando contestualmente una comunicazione tramite “sms” con la relativa motivazione e l’indicazione della possibilità di riesame interessando la sede territoriale competente che procederà a verificare la veridicità della composizione del nucleo autodichiarato”.

Sono previste però delle eccezioni, in cui il diritto al RdC torna a essere riconosciuto: tra queste, si legge ancora nel messaggio dell'Inps, “la pregressa revoca della potestà dei genitori riguardo ai figli divenuti maggiorenni di età inferiore ai 26 anni; la presenza di un provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare ex art. 333 cc, riferito al figlio richiedente il Rdc o ai suoi genitori; se il maggiorenne di età inferiore ai 26 anni risulti orfano di entrambi i genitori (o con genitori sconosciuti, o con un genitore deceduto e l’altro genitore ignoto)”. Condizioni, queste, che devono però essere documentate.

“Questo significa riaprire ferite profonde – commenta Francesca Danese – per ragazzi che hanno vissuto anche per molti anni in casa famiglia, in alcuni casi allontanati dalla regione d'origine e oggi chiamati a ripercorrere una storia di sofferenza e a impegnarsi in una ricerca di documenti difficilissima, a volte impossibile, perché alcuni di questi documenti sono secretati. Parliamo di ragazzi di 18, che per legge devono uscire dalle strutture e si ritrovano a doversela cavare da soli, perché non sempre le strutture riescono a offrire una sistemazione o un supporto: giovani che, finché hanno vissuto in struttura, non hanno dovuto pagare una bolletta, ma che improvvisamente si ritrovano a prendere in mano la propria vita, a pagare un affitto, a formarsi delle competenze professionali. Sono giovani che andrebbero sostenuti e accompagnati in questo percorso, sono il contrario dei 'bambacioni': invece, sono proprio loro che questo provvedimento va a colpire, mettendoli ora in gravi difficoltà. Parliamo, in alcuni casi, anche di ragazzi con disabilità, che stanno cercando di costruirsi, anche loro, una vita indipendente”.

Quanti siano i care leavers a cui il Reddito di Cittadinanza è stato effettivamente bloccato, è impossibile dirlo: “Come Forum terzo settore Lazio, abbiamo ricevuto già diverse decine di segnalazioni. Ragazzi che, ripeto, si vedono ora costretti a riaprire delle ferite, ad affrontare una burocrazia miope, ottusa e crudele, in cui una Pubblica amministrazione non sa comunicare con l'altra, né condividere documenti e informazioni, di cui peraltro dovrebbe già essere in possesso. Così come si sa se un ragazzo sia orfano, possibile che la pubblica amministrazione non sappia se un ragazzo è stato affidato a una casa famiglia, se è stato allontanato dalla sua famiglia, se i genitori hanno perso la patria potestà? Possibile che debbano essere questi ragazzi e queste ragazze, ora, ad andare ai servizi sociali e ai tribunali, ripercorrendo storie di dolore, di allontanamenti, magari anche di restituzioni dopo un'adozione? Questi ragazzi sono impegnati nella costruzione del proprio futuro, dopo un passato di dolore e di privazioni: c'è chi paga un affitto, chi ha trovato un percorso formativo professionalizzante, che pure deve pagare, c'è chi fa il servizio civile: ora non sanno come andare avanti, per loro il Rdc era un investimento, non un sussidio. Chiediamo che a questi ragazzi siano subito restituiti questi soldi, senza che siano costretti a fornire documenti e prove. E ali enti che gestiscono queste strutture, radiocomandiamo di verificare che i ragazzi che hanno visto andare per la propria strada non si trovino in questa difficoltà e di aiutarli e accompagnarli, laddove sia necessario, nella ricerca di documentazione. Soprattutto, però, chiediamo che si restituisca subito il Reddito cittadinanza a questi ragazzi, care leavers, disabili, minori stranieri non accompagnati, per i quali quei soldi contano davvero”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)