Apre CasaPaese, un ambiente di cura in un paese “Dementia frienldy”

Intervista all'ideatrice Elena Sodano: “Nessuno vorrebbe scardinare le proprie radici affettive per vivere in una residenza sanitaria: qui gli anziani vivranno nel rispetto della loro libertà, delle loro abitudini, delle loro esigenze e dei loro desideri”. Dal bar alla trattoria, tutti gli angoli per ritrovare i ricordi

Apre CasaPaese, un ambiente di cura in un paese “Dementia frienldy”

Si chiama CasaPaese e vuole essere proprio questo, per i suoi ospiti: una casa, ma anche un paese, in cui provare a recuperare e conservare i ricordi che vogliono andare via. E' la nuova residenza per persone anziane con Alzheimer e demenze inaugurato venerdì 21 ottobre a Cicala, in provincia di Catanzaro: a idearlo e promuoverlo, l'associazione RaGi e la sua fondatrice, Elena Sodano. L'abbiamo intervistata, per comprendere meglio le peculiarità di questo progetto, in un momento in cui, in attesa della riforma dell'assistenza per gli anziani non autosufficienti, si è finalmente accesa l'attenzione intorno a un tema che con la pandemia ha svelato tutta la sua urgenza

Elena Sodano, c quando e perché è nato il Suo impegno verso le persone anziane con demenze?
Il mio primo incontro con questa tematica risale al 2004, quando abbiamo avuto un progetto, approvato dal ministero dell’Interno, che tentava di monitorare il bisogno delle famiglie di Catanzaro che vivevano in solitudine la fragilità di una malattia. Il progetto di chiamava “Soli Mai” più ed è proprio in quel periodo che abbiamo incontrato quella che a quel tempo veniva definita “Arterio Sclerosi”: famiglie rassegnate che vivevano nella disperazione più assoluta le manifestazioni esteriori della malattia e che nulla potevano fare, se non istituzionalizzare i propri cari all’interno di strutture sanitarie. All’epoca vi era la Lungodegenza: proprio all’interno di una lungodegenza, ho incontrato una donna, una pianista che amava Giuseppe Verdi, la cui delicata gentilezza mi ha tracciato l’anima. Tutti mi dicevano di non avvicinarmi a lei perché era aggressiva, sputava, pizzicava. “Ha l’Alzheimer”, mi dicevano. Ma poi mi sono ritrovata con la mia testa piegata sulle sue gambe, le sue mani affusolate, bianche e venose nei miei capelli e la mia voce che intonava “Libiamo ne’ lieti calici”. E lei che mi diceva: “Aiutame a rapere chidda porta ca eu on ci angagghiu”: in altre parole, quella donna chiedeva libertà. E da quel progetto, insieme alla mia equipe, abbiamo deciso di ridare dignità proprio a questa fetta di popolazione, che solo in Calabria conta oltre 40 mila anime.

Come e quando Le è venuta a l'idea di una "CasaPaese"?
Durante i mesi del lockdown, l’equipe del nostro centro diurno ha lavorato senza sosta all’interno delle abitazioni delle persone con demenza, che non potevano uscire di casa. Sapevamo che quello, specialmente per le famiglie, rappresentava un periodo di difficile gestione. La loro preoccupazione era tanta: se l’infezione avesse continuato con quei ritmi, la paura più grande sarebbe stata quella che i loro cari potessero essere inseriti all’interno delle Rsa. Questo per loro rappresentava la fine di tutto. Da sempre, nei vari convegni a cui vengo invitata, sostengo che le persone con demenza non debbano essere istituzionalizzate all’interno delle residenze sanitarie, perché l’esternazione della malattia le fa diventare delle persone anarchiche, che non possono essere in grado di rispettare le regole organizzative di strutture che hanno ritmi tayloristici, che nulla hanno a che fare con l’umanità delle cure e la normalità di vita, di cui hanno invece bisogno (e diritto) le persone con demenza. Così come penso fermamente che le persone con demenza, proprio perché manifestano disturbi comportamentali importanti, non possano trascorrere la loro quotidianità vicino a persone che hanno patologie meno gravi. Le persone con demenza disturbano, scambiano il giorno per la notte, sono curiose, scavano dappertutto e questi atteggiamenti non sono compresi, giustamente, da persone che comunque stanno anche loro male.

Sempre nel periodo del coronavirus, il comune di Cicala ha pubblicato una manifestazione di interesse per la cessione in fitto di una struttura. Ci siamo guardati in faccia e, in meno di tre giorni, abbiamo messo su carta un pensiero che avevo in testa da sempre: trasformare una comunità alloggio in una CasaPaese residenziale solo per le persone affette da demenza. Una “casa”, ambiente di vita per eccellenza, all’interno della quale costruire un paese, nucleo di convivenza e condivisione pubblica. Purtroppo il progetto non finanziava nulla, se non la cessione della struttura. Ed è per tale motivo che abbiamo attivato tutto il possibile per un crowdfunding. Quindi CasaPaese nasce senza finanziamenti pubblici, ma solo con la grande generosità di una rete umana che abbiamo costruito intorno a questo progetto. La sua apertura non è la fine di un sogno, ma l’inizio di un percorso, che spero possa cambiare il pensiero di come prendersi cura delle persone con demenze.

Oggi si parla molto di domiciliarità per gli anziani non autosufficienti, contrapponendola alla residenzialità: cosa pensa di questa polarizzazione? E come vi si inserisce questo progetto?
Ritengo che il periodo del Covid abbia fatto capire come le Rsa debbano in qualche modo modificare il loro modo di prendersi cura: riducendo il numero dei pazienti, dando loro più spazi riservati alla socializzazione e alla relazione, aumentando il numero delle persone che si devono prendere cura della fragilità. Il rapporto numerico tra persone non autosufficienti e operatori è ridotto al lumicino, ciò non permette la corretta relazione con le persone sofferenti. L’assistenza domiciliare sarebbe la chiave di svolta, perché renderebbe le case il luogo privilegiato per rispondere ai bisogni degli anziani non autosufficienti. Ma per attivarla c’è un merletto a maglie strette da costruire. E non sarà affatto facile, nel tempo immediato. L’Italia è frammentata in tal senso, diverse criticità rimangono ancora da affrontare per rendere omogenee le cure domiciliari, i cui singoli interventi ad oggi sono davvero brevi. A fianco del progetto CasaPaese, noi svolgiamo già interventi di natura domiciliare specifiche per persone con demenza. Il nostro intervento non prevede una mera attività di cura sanitaria, ma gli operatori sono formati per riuscire a dare respiro alle famiglie per almeno tre ore.

Quali sono i punti di forza di questo progetto?
La libertà con cui vivranno le persone con demenza e la possibilità di mantenere solido e intatto il loro progetto di vita. Credo che questi siano degli elementi che non si possono intaccare per nessuna ragione: nessuno vorrebbe scardinare le proprie radici affettive per vivere in una residenza sanitaria, in cui tutto ciò che è appartenuto ad una vita - abitudini, esperienze, relazioni sociali e amicali - diventa evanescente. CasaPaese sarà un luogo in cui, grazie alla presenza di operatori formati, le persone con demenza saranno accompagnate nella prosecuzione della loro vita, favorendo relazioni umane, gesti e aspirazioni, pensieri, emozioni, abitudini espresse in quel reale che è stata la loro esistenza

Quali saranno i luoghi e le attività cruciali di CasaPaese?
Per le persone con demenza, la residenza funzionerà come una vera e propria casa, dove i ritmi imposti dalla malattia verranno rispettati in pieno. Quindi nessuno dovrà svegliare queste persone se stanno dormendo, perché magari hanno trascorso una notte insonne, la fase dell’igienizzazione avverrà nel pieno rispetto dei loro tempi e delle loro esigenze. Perché chi lo dice che una persona deve necessariamente lavarsi al mattino? A volte lavarsi la sera rilassa e concilia il sonno. La colazione potrà essere fatta ai tavolini del Vecchio Bar Italia, mentre la gestione della mattina verrà cadenzata a seconda di quello che, in piena libertà, si vorrà fare. Si potrà uscire a fare due passi nel 'Borgo amico delle demenze' di Cicala, oppure guardare un film al Cinema “Ettore Scola”, sferruzzare o curiosare tra le tante bacheche posizionate nella CasaPaese, comprare borsette, foulard, oppure fare la spesa nella bottega de Leonetto. Il pranzo e la cena saranno servite nella Pizzeria e Ristorante Totò e Peppino in cui, grazie all’arredamento, si respira l'aria di una delle tipiche trattorie calabresi. La giornata sarà stimolante, ricca di opportunità di vita per queste persone, per le quali occorre pensare ad un riscatto di tipo esistenziale. È questo quello che conta per la loro vita: una vita vissuta e non sopravvissuta. La sfida della CasaPaese è promuovere l’indipendenza che ha il sapore della libertà, rispettando la persona con i tempi, i suoi ritmi. Non ci saranno regole organizzative, ma tutto avverrà nel pieno rispetto delle loro cadenze di tempi, spazi e vita.

In che modo la struttura s'inserisce nel paese e si integra con la popolazione del borgo? Che rapporto ci sarà tra gli ospiti di CasaPaese e gli abitanti di Cicala?
Cicala è una 'Dementia Friendly Community' fin dal 2018: la popolazione ed i commercianti sono stati debitamente formati per entrare in relazione con le persone con demenza. La nostra fioraia Cinzia ad esempio, quando Serafina entra nel suo negozio, apre senza problemi la vetrina delle borse, perché sa che Serafina ama toccarle e curiosare. Così come il macellaio che, quando vede le persone con demenza entrare nel suo negozio, prepara subito un piattino di buoni salumi calabresi, oppure il pasticciere Pasquale, che esce in strada per offrire i dolcetti e le pizze. Insomma, Cicala è una comunità che ha accettato le persone con demenza fin da subito e con la CasaPaese, tutto sarà più normale.

Che significa essere "Imprenditrice della cura"? E come vuole proseguire questo impegno?
Mi definisco così perché il mio obiettivo, condiviso dal mio staff, è quello di prendermi cura della persona come essere relazionale, che per vivere ha bisogno di nutrirsi del mondo che lo circonda, in cui anche la persona con demenza possa sentirsi ancora protagonista del suo essere, indipendentemente dalla malattia. E non sentirsi invece uno “scarto”, fin dal momento della diagnosi. Per fare questo abbiamo lavorato nei territori, rendendoli dei veri e propri dispositivi terapeutici a disposizione delle persone con demenza.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)