Tumori infantili, un libro racconta l’esperienza di una mamma

Nel volume “Con i miei occhi” mamma Silvia descrive la malattia della sua piccola in cura per un neuroblastoma: “Un tema tabù, di cui fa paura parlare”

Tumori infantili, un libro racconta l’esperienza di una mamma

Silvia Sponchiado è la mamma di tre figli, tra cui Lucia, bambina con neuroblastoma. Ha deciso di raccontare il proprio vissuto legato all'esperienza di malattia della sua bambina nel libro “Con i miei occhi. Non si può controllare ciò che è imprevedibile”. Oggi Lucia ha cinque anni, ed è in cura presso il reparto di Oncoematologia pediatrica dell’ospedale di Padova per un tumore infantile tra i più diffusi, il neuroblastoma, diagnosticato quando la piccola aveva da poco compiuto tre anni di vita. “La malattia nel bambino, in particolar modo la malattia oncologica è un tema che spesso, nella nostra società, rimane ancora troppo sullo sfondo, quasi a rappresentare una sorta di tabù; fa paura parlarne, è proprio l’associazione delle parole tumore-bambino che risuona in modo inaccettabile, innaturale; eppure questa realtà purtroppo esiste”, si legge nell’introduzione del volume.

Nell’estate del 2020, la prima dopo la comparsa del Covid 19, Lucia non ha ancora compiuto tre anni. Ma, anziché partire per le vacanze, la famiglia è diretta verso il reparto di Oncoematologia pediatrica dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna per eseguire tutti gli esami necessari per la stadiazione di un tumore scoperto in seguito a un esame istologico “La notizia ci è stata comunicata per telefono, trovandoci completamente spiazzati e increduli – scrive Silvia, che ha 36 anni e vive Quarto d’Altino, provincia di Venezia,  –. Soltanto gli esami che avremmo effettuato nel corso di questo ricovero avrebbero chiarito la situazione”. Di lì a pochi giorni arriva la diagnosi: neuroblastoma al quarto stadio con metastasi ossee e coinvolgimento linfonodale. Per Silvia queste parole suonano come una sentenza di condanna. Il protocollo di cura è lungo e pesante e prevede una durata di almeno 18 mesi: chemioterapia, trapianto di staminali, intervento, radioterapia, terapia di mantenimento.

“Il tumore fa paura, incarna il paradigma della malattia mortale, rimanda subito
all’idea di morte, causa una reazione emotiva sicuramente più intensa e profonda rispetto a qualsiasi altra malattia – riflette mamma Silvia –. Proprio questo messaggio di morte, che viene richiamato al solo pronunciare la parola tumore, di per sé già talmente inaccettabile, risulta ancora più spaventoso, ingiusto, addirittura contro natura, quando colpisce un bambino”. Per prima cosa cambiano le priorità, hai bisogno di trovare un nuovo ordine al tuo mondo. “Da questo momento dobbiamo provare a costruire una nuova “normalità”, un nuovo modo di vivere incentrato su Lucia: capovolgiamo il nostro mondo e ripartiamo da qui, rinunciando a tutto il resto. La vita, nonostante tutto, deve andare avanti”.

Col tempo il reparto dell’Oncoematologia pediatrica di Padova, dove Lucia è tuttora in cura, diventa un luogo familiare per mamma Silvia. È un crocevia di storie e di vissuti, l’uno diverso dall’altro: c’è chi ce l’ha fatta e chi sta ancora combattendo, chi è inciampato durante il percorso, ma non per questo ha smesso di combattere. Nel giro di tre settimane dall’inizio del primo ciclo di chemioterapia Lucia comincia a perdere i capelli, per sua madre è una pugnalata al cuore. “Può sembrare assurdo di fronte alla gravità della malattia, ma vederle perdere i capelli per me è stato uno dei momenti più difficili e dolorosi da dover affrontare durante questo percorso. Fino a poche settimane fa il suo volto era incorniciato da una cascata di boccoli scuri, adesso la sua testa è completamente spoglia”.

Il volume però lascia sempre la porta aperta alla speranza di una mamma che sa di dover trovare la forza per andare avanti e guardare al futuro. “A un certo punto – dichiara l’autrice ­– dopo lo shock iniziale del non voler accettare la malattia di mia figlia, ho sentito di dover reagire, avevo bisogno di trasformare qualcosa di doloroso in qualcosa di altro, in qualcosa di utile per la ricerca”. Oltre a essere pensato per rompere il tabù su un tema di cui si parla troppo poco e infondere coraggio in quei genitori che si trovano a vivere la stessa situazione, il volume ha anche una precisa finalità solidale: parte del ricavato serve infatti a sostenere l’Associazione italiana per la lotta al neuroblastoma impegnata da quasi 30 anni a finanziare progetti per cure sempre più personalizzate ed efficaci.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)