"Studio la voce delle galassie". La storia di un’astrofisica portoricana non vedente

Cosa ci fa un’astrofisica portoricana non vedente all’Osservatorio gravitazionale europeo di Cascina? Semplice, si occupa di ricerca sulla sonificazione dei dati provenienti dallo spazio. Intervista a Wanda Diàz Merced pubblicata sulla rivista SuperAbile Inail

"Studio la voce delle galassie". La storia di un’astrofisica portoricana non vedente

Lo spazio può essere anche ascoltato, non solo visto. Lo dimostrano gli studi condotti da Wanda Diàz-Merced, un’astrofisica non vedente originaria dell’arcipelago caraibico di Porto Rico. Nata 47 anni fa, si è laureata in Scienze informatiche all’Università di Glasgow, in Scozia, con una tesi interdisciplinare incentrata sull’uso del suono per analizzare misurazioni e dati astronomici. Attualmente lavora all’Osservatorio gravitazionale europeo di Cascina, in provincia di Pisa, per portare avanti i suoi studi sulla sonificazione delle misurazioni astronomiche.

Perché ha scelto proprio questo indirizzo di studi?
Ho sempre voluto diventare una scienziata, fin da quando ero bambina. Ma alle elementari ho sviluppato il diabete e, a poco a poco, diverse complicazioni dovute a questa malattia, tra cui una grave retinopatia degenerativa che ha portato, col tempo, alla cecità. All’università, dato che le condizioni della mia vista continuavano a peggiorare, ho pensato: come farò? La scienza è così talmente tanto visiva.

Poi che cos’è successo?
Un giorno un mio amico mi ha mostrato l’audio in tempo reale di un’emissione solare. Era stata acquisita in tempo reale con un normale radiotelescopio, di quelli che gli appassionati di astronomia possono facilmente avere nelle loro case. Ascoltare quell’emissione sonora mi ha aperto un mondo di possibilità che non speravo più di avere. Ed è così che mi sono innamorata dell’astronomia.

Come ha superato le difficoltà legate alla cecità durante gli studi e durante la sua carriera professionale?
Mia madre e mia sorella sono disabili: entrambe hanno problemi ortopedici. Ma mi sono servite come esempio: sono due persone che non si arrendono mai, che vanno sempre avanti. Ho anche un mentore buddista, il dottor de Daisaku Ikeda, che mi ha sempre incoraggiato a non rinunciare e a cancellare la parola “impossibile” dal mio dizionario. Quelle parole e quegli esempi al mio fianco mi hanno dato la forza per superare quello che all’inizio percepivo come un ostacolo. In realtà si è trasformato in un’opportunità per poter creare qualcosa di nuovo: studiare le stelle usando tutti i sensi.

Da dove è partita la sua idea?
L’audio è utile per analizzare i dati acquisiti dai satelliti, che corrispondono a misurazioni della luminosità delle stelle, e parametri diversi come l’intensità dei campi magnetici, l’intensità delle particelle o la loro velocità. Quando si usa il suono per studiare le stelle, aumenta la sensibilità degli astronomi ai dati. Abbiamo fatto alcuni esperimenti partendo dalla nozione che c’è un buco nero al centro delle galassie e che il gas molecolare attorno al disco della galassia emette uno spettro simmetrico a doppio picco. Questo spettro viene mostrato sul display e la sua intensità può cambiare in base a diversi fattori. Ma è molto difficile per una persona vedente rilevare cose ambigue. Così abbiamo fatto altri esperimenti: gli astronomi hanno dovuto identificare un segnale da dati solo visivi, solo uditivi e audiovisivi insieme. Il risultato? Hanno fatto meglio usando l’audio.

Quindi è questa la sonificazione della misura dei dati astronomici?
Prima di tutto voglio chiarire un concetto: non si tratta di rendere uditiva un’immagine visiva, ma si tratta di analizzare i dati astronomici attraverso l’ascolto. Quello che facciamo è ascoltare le informazioni che estraiamo, le loro intensità, le frequenze, la luminosità, le onde gravitazionali.

Attualmente lei lavora all’Osservatorio gravitazionale europeo di Cascina. Di che cosa si occupa?
Sto scrivendo un libro sulla sonificazione dei dati in astronomia. Quest’anno non sto facendo ricerche, né esperimenti di percezione, perché devo progettare i modi per analizzare i dati astronomici attraverso l’ascolto.

L’astronomia è accessibile alle persone con disabilità sensoriali?
Purtroppo ancora no. Bisognerebbe costituire un gruppo di astronomi e di persone disabili che lavorino insieme in questo campo per guidarne lo sviluppo, così che un domani si possa progredire anche in questo settore.

Cosa si aspetta per il futuro Wanda Diàz-Merced?
Spero che chiunque, in particolare le persone con disabilità, possano scegliere liberamente qualsiasi ramo scientifico in base al proprio interesse e non in base agli ostacoli. È una questione di istruzione e di sensibilizzazione della società, ed entrambe le cose sono molto importanti. Ma dobbiamo anche perfezionare noi stessi, come ricercatori, se vogliamo essere buoni comunicatori e buoni educatori.

Nel suo cassetto c’è ancora qualche sogno da realizzare?
Voglio sperimentare ciò che gli astronomi professionisti provano nel loro lavoro quotidiano: l’eccitazione e l’euforia di fare nuove scoperte, di contribuire al progredire della scienza. Amo l’astronomia, amo i miei colleghi, amo il mio lavoro. E non riesco a pensare a nessun’altra professione in cui sarei più felice di questa.

(Intervista tratta dal numero di novembre 2022 di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

Michela Trigari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)