Se Ursula von der Leyen cita don Milani. Dal muro di Barbiana la scritta di don Milani chiede di trasferirsi nella coscienza di ciascuno
Don Lorenzo Milani quasi sessant’anni fa voleva sottolineare l’importanza del senso di responsabilità del singolo sul tutto, della partecipazione alla vita politica, sociale e culturale.
E’ curioso che per accendere i riflettori su un grande italiano sia necessaria la voce e l’autorità di una donna tedesca. E’ curioso che l’immagine di un educatore che nell’immaginario collettivo – la realtà non è sempre così – risulta quanto di meno “teutonico” possibile (intendendo per “teutonico”, rifacendosi a luoghi comuni diffusi, un comportamento strutturato, rigido, sommamente disciplinato), rimbalzi con un’eco fortissima proprio nelle parole di chi rappresenta, in Europa, il rigore.
Stiamo parlando di don Lorenzo Milani e di Ursula von der Leyen: il “priore di Barbiana” e la presidente della Commissione europea che proprio nei giorni scorsi, durante un corso su The State of the Union, appuntamento annuale organizzato dall’Istituto universitario europeo ha proposto che proprio il motto di don Milani – il famosissimo “I care” – diventi la parola-chiave dell’Europa durante e oltre la pandemia.
“Don Milani – ha spiegato l’autorevole esponente europea – disse agli studenti che quelle erano le due parole più importanti da imparare. ‘I care’ significa mi interessa, mi assumo la responsabilità. Gli europei hanno dimostrato con le loro azioni cosa significa. Questo deve essere il motto dell’Europa: We care”.
Don Lorenzo Milani quasi sessant’anni fa voleva sottolineare l’importanza del senso di responsabilità del singolo sul tutto, della partecipazione alla vita politica, sociale e culturale. Ursula van del Leyen ha ricordato come quest’anno “milioni di europei” hanno detto in concreto “I care”, “Ci tengo”, con le loro azioni durante un tempo di grande difficoltà. Ha aggiunto: “Si sono offerti volontari. Hanno aiutato un vicino bisognoso. O semplicemente, indossavano una maschera per proteggere le persone intorno a loro. In quest’anno di pandemia, e oltre, questo deve essere anche il motto dell’Europa: mi interessa, ci interessa. Questa è la lezione più importante che spero possiamo imparare da questa crisi. È una lezione sull’Europa”. Europa che – ha ricordato – sui vaccini per tutti si è impegnata al massimo, diventando “il principale esportatore di vaccini a livello mondiale. Finora, più di 200 milioni di dosi di vaccini prodotti in Europa sono state spedite nel resto del mondo”
Prendersi cura: è la lezione che viene da questo tempo. Prendersi cura “dei più deboli tra noi; dei nostri vicini”. Ma non solo. Il “prendersi cura” va applicato alle sorti del Pianeta in generale e in particolare a quelle “delle generazioni future”.
Chi l’avrebbe detto, sempre seguendo l’immaginario collettivo dei luoghi comuni, che da una rappresentante di quella Europa talvolta avvertita solo come un organismo astratto o al più una specie di banca fredda e calcolatrice sarebbe potuto venire un richiamo così “caldo”, pieno di quell’umanità che caratterizza il campo dell’educazione, di cui don Milani fu un campione?
E allora la lezione vale doppio. Per l’autorevolezza di chi l’ha richiamata e per i suoi contenuti: davvero il “prendersi cura” possa diventare il motto dell’Europa. Di più: possa diventare il motto delle generazioni attuali – di tutto il mondo – nei confronti dei vicini e dei lontani (nello spazio e nel tempo: si pensi alla questione urgente dei vaccini ai Paesi poveri, come a quella, di altro tenore ma collegata, dei cambiamenti climatici) e in particolare possa diventare un vissuto concreto dei singoli, delle famiglie, dove la solidarietà – in fondo è questa un’altra traduzione dell’”I care” – è messa quotidianamente alla prova.
Dal muro di Barbiana la scritta di don Milani chiede di trasferirsi nelle coscienze di ciascuno.