Salmo 62. Che caratteristiche ha questa fiducia nel Signore?

Quale popolo può lodare un Dio che ha desiderio di ascoltarlo, a cui può aprire il cuore con questa confidenza figliale che può permettersi di non nascondergli niente?

Salmo 62. Che caratteristiche ha questa fiducia nel Signore?

Il salmo 62 si aggiunge ai tanti componimenti del Salterio composti da una richiesta di aiuto nel pericolo e nello stesso tempo da una testimonianza individuale e poi corale della fiducia nell’aiuto del Signore. In tal senso sono emblematici i versi iniziali: “Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia salvezza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare” (vv.2-3). Dove il verso “riposare” può anche essere tradotto con “fare silenzio” che abbraccia una dimensione più ampia del riposo, perché lo spazio del silenzio è anche quello del discernimento. Chi prega così, non sta chiedendo solo soccorso immediato, ma va oltre alla soluzione del problema contingente, chiede a Dio di indirizzare la sua vita, di non fargli perdere la rotta, di far sì che non si allontani dalle sue vie. Seguono versi assimilabili ad altri già commentati in cui si evidenziano le armi e le cattiverie fisiche e verbali dei nemici (cfr. vv. 4-5: quanto sono stigmatizzate la menzogna e l’ipocrisia dall’inizio della Bibbia fino alle parole di Gesù!) e poi torna come un ritornello che infonde pace “Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia speranza” (v. 6). Di seguito la lode intima si apre alla dimensione comunitaria: “Confida in lui, o popolo, in ogni tempo; davanti a lui aprite il vostro cuore” (v. 9). Quale popolo può lodare un Dio che ha desiderio di ascoltarlo, a cui può aprire il cuore con questa confidenza figliale che può permettersi di non nascondergli niente? Ma che caratteristiche ha questa fiducia nel Signore? Essa appare come un atteggiamento che si differenzia dai tanti che gli uomini assumono di fronte al pericolo: Non è mai sgomento disfattista di chi crede che il male prevarrà, ma non è neppure un facile entusiasmo che ripone solo nelle proprie forze la soluzione a prove oggettivamente più grandi di noi ed infine non è fatalismo magico, che si affida ciecamente ad un Dio da impietosire attraverso il nostro passivo timore. La speranza biblica e cristiana poggia su un realismo costruttivo che si fonda umilmente su un dato di realtà: “Sì, sono un soffio i figli di Adamo […] tutti insieme, posti sulla bilancia, sono più lievi di un soffio” (v. 10). Un soffio, l’espressione che conosciamo bene perché emblematica nel libro del Qoelet: l’uomo è polvere, eppure “l’hai fatto poco meno degli angeli” (Sal 8, 6). Questo è il realismo responsabilizzante della tradizione ebraico-cristiana e infatti i versi che seguono invitano a dei comportamenti che riconoscano il primato della relazione con Dio rispetto a tutto il resto: “Non confidate nella violenza, non illudetevi della rapina; alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore” (v. 11), con un richiamo al distacco dal denaro che non può non ricondurci all’insistenza con cui Gesù mette in guardia il discepolo su questo punto (“la sua vita non dipende da quanto possiede” Lc 12,15).

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir