Salmo 5. Che bello sapere che abbiamo un Padre che sa capire anche quando non ci escono le parole!

Si tratta di un testo che ha al centro la fiducia in Dio, il nostro abbandonarci alla sua volontà e alla sua giustizia, ricordandoci che la sua giustizia non è quella degli uomini.

Salmo 5. Che bello sapere che abbiamo un Padre che sa capire anche quando non ci escono le parole!

Chissà se il compilatore finale del Salterio abbia volutamente creato questa alternanza, ma il Salmo 5, dopo quello della settimana scorsa che era dedicato a prima di coricarsi, è invece un salmo del mattino. È una preghiera che il pio ebreo e oggi il cristiano possono esprimere al risveglio anche in comunità e perché no riuniti come famiglia. Si tratta di un testo che ha al centro la fiducia in Dio, il nostro abbandonarci alla sua volontà e alla sua giustizia, ricordandoci che la sua giustizia non è quella degli uomini. Il Salmo si apre con un’invocazione forte, liberante, di chi si rivolge al Padre senza nascondere la sua debolezza, ammettendo che “senza di lui non possiamo fare niente” (Gv 15,5). “Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole: intendi il mio lamento” (v. 2). Comunque mi esprima, qualunque sia il modo in cui riesco a rivolgermi a te, tu, o Dio, ti prego: ascoltami! La traduzione della parola “lamento” potrebbe essere anche più correttamente “mormorio” e questo evidenzia come il salmista abbia fiducia che il Signore sia capace di ascoltare qualunque tipo di sfogo e di comunicazione rivolta verso di Lui: dal grido al sussurro. Un midrash dice a tal proposito: “Signore del mondo, quando ho la forza di stare in preghiera alla tua presenza e di far uscire delle parole, porgi l’orecchio. Ma quando non ne ho la forza, cerca di capire quello che ho nel cuore: comprendi il mio meditare”. Che bello sapere che abbiamo un Padre che sa capire anche quando non ci escono le parole! Quanti figli in famiglia vorrebbero un papà così!? Sintonizzato sulla loro lunghezza d’onda sempre; magari non è solo una questione di tempo dedicato, tempo di qualità, che pure è prezioso, ma è quella capacità di mettersi in ascolto umile e attento, personale anche se i figli sono più di uno, riuscire ad offrire quello spazio del cuore in cui l’altro possa dire: “davvero sono importante per te! Davvero ti sta a cuore la mia vita!” “Al mattino ti espongo le mie richieste, resto in attesa” (v.3). Quanto noi siamo ancora capaci di restare in attesa che Dio possa accogliere le nostre richieste? E poi, in verità, noi gliele poniamo seriamente? Nel caos delle nostre sveglie sempre più stakanoviste, le file per la doccia, i vestiti che non vanno mai bene, la colazione che qualcuno salta o fa in piedi e qualcun’altro non può fare se non sedendosi con calma, c’è spazio in questa concitazione per “restare in attesa” delle parole che il Signore ha preparato per noi ogni giorno? Egli non “non gode del male (v.5) e questa certezza già dovrebbe – come si suol dire – farci “svoltare la giornata”. Convincerci, estirpare una volta per tutte il demoniaco sospetto che se qualcosa va storto è un castigo o una punizione divina ci purifica e ci rafforza. Noi ancora non sappiamo come andrà quel giorno o quella settimana: magari uno dei ragazzi prenderà una sonora insufficienza, il papà al lavoro avrà un brutto scontro con un superiore, oppure la mamma, tornerà a casa frustrata per l’ennesimo insuccesso con un alunno difficile in classe che esaurisce le energie di tutti. Ecco, “Tu non godi del male”. “Spiana davanti a me la tua strada” (v.9), che non vuol dire che, come per magia le difficoltà scompariranno, ma che potrò sempre confidare che Tu sei con me, sei in quella fatica, in quella sofferenza, in quella Croce, che è passaggio obbligato per godere di ogni resurrezione, fino a quella finale. Ancora il salmista si scaglia contro coloro in cui “non c’è sincerità sulla loro bocca, è pieno di perfidia il loro cuore; la loro gola è un sepolcro aperto, la loro lingua seduce” (v. 10). È proprio vero che ci sono nell’uomo dei germi di male che non si estinguono, che fanno parte della sua ferita primordiale: è semplicemente e tragicamente il peccato. Ma chiediamoci cosa avrebbe detto il salmista conoscendo i social network o gli haters su Facebook: non sono proprio persone che non sono sincere con la bocca, dando sfogo alla perfidia del cuore e con la gola e con la lingua feriscono più che con le percosse le persone a cui vogliono far male? Anche da tutto questo male dei giorni nostri il salmo ci aiuta a liberarci, ancora una volta buttando tutta la nostra angoscia, il nostro disorientamento nel cuore di Dio e Lui compirà giustizia. Ecco allora che ancor prima di uscire di casa, prima di un bacio alla moglie o al marito o di una piccola croce sulla fronte dei figli, sarà possibile esultare dicendo: “Gioiscano quanti in te si rifugiano, esultino senza fine. Proteggili, perché in te si allietino quanti amano il tuo nome, poiché tu benedici il giusto, Signore, come scudo lo circondi di benevolenza” (vv.12-13). Uscendo di casa, i cristiani non sono migliori degli altri, cadranno, sbaglieranno, potranno anche compiere il male, ma il Signore li ascolta, li perdona e sempre li invita a rinnovarsi perché “l’unica gioia al mondo è cominciare” (Cesare Pavese).

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Fonte: Sir