Proteste di piazza in Georgia. Mons. Pasotto (amministratore apostolico): “Una terra occupata è come una spada entrata nella carne”
Da Tbilisi mons. Pasotto racconta le proteste dei giorni scorsi davanti al Parlamento georgiano: “Una terra, una casa occupata è come una spada che è entrata nella carne. Anche se il tempo può rendere lieve o far dimenticare il dolore, basta poco per rendere vivo di nuovo tutto. Tristezza negli occhi, dolore silenzioso. Gli uomini poveri vedono un' ingiustizia che non lascia nemmeno alzare la voce. È la vera povertà”
“La calma è tornata e il picco delle tensioni è passato. Ma nelle zone dove si sono delle ingiustizie, e queste situazioni di ingiustizia perdurano nel tempo, bisogna avere il cuore largo. Sappiamo che sono difficoltà che non si risolvono in un attimo ma sappiamo anche che l’Europa non deve dimenticarle perché non si sa dove e come questi processi vanno a finire”. È mons. Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico dei cattolici latini del Caucaso a lanciare da Tbilisi un messaggio all’Europa perché non dimentichi la Georgia. Raggiunto telefonicamente dal Sir, mons. Pasotto racconta le ore di manifestazioni e proteste che si sono vissute nei giorni scorsi nella capitale georgiana davanti al Parlamento. Era in corso un incontro dei deputati dei Paesi cristiano-ortodossi quando il rappresentante della Russia è andato a sedersi sulla sedia del capo del parlamento georgiano. “Questo fatto – racconta il vescovo – ha provocato una reazione molto forte. Sono partite le proteste e l’opposizione ne ha approfittato”. La rabbia è scoppiata e la gente – avvisata anche tramite i social – ha cominciato a riversarsi in piazza. In poche ore erano in migliaia. La polizia antisommossa ha reagito con gas lacrimogeni e proiettili di gomma e “la prima notte di proteste è finita con feriti e cariche di polizia, un mezzo disastro”, racconta Pasotto.
“La seconda serata di protesta ha visto scendere in piazza gli studenti . Erano tantissimi. E ieri – ogni sera ci sono manifestazioni davanti al Parlamento – la situazione non era per fortuna così tesa come i primi giorni”. Il bilancio è di oltre 240 feriti, tra cui 80 poliziotti, 300 invece le persone fermate.
La tristezza della casa rubata. È dal 2008 che Russia e Georgia non hanno più relazioni diplomatiche, a partire cioè dal conflitto scoppiato attorno alle regioni dell’Abkhazia e l’Ossezia del Sud, la cui indipendenza viene riconosciuta solamente da Mosca, che da tempo vi mantiene una presenza militare. “I territori occupati sono una spina molto grossa nel fianco dell’Europa”, dice mons. Pasotto . È in questa ferita mai del tutto sanata che l’immagine del rappresentante russo sulla sedia del parlamento georgiano ha fatto scoppiare la miccia della rabbia. “Ho visto nel volto e negli occhi di alcune persone, semplici e povere, la tristezza per la sedia più importante del parlamento occupata da chi non doveva farlo”, confida Pasotto. “Quella sedia ha fatto loro ricordare le terre occupate, le case lasciate, i terreni abbandonati! Una terra, una casa occupata è come una spada che è entrata nella carne che, anche se il tempo può rendere lieve o far dimenticare il dolore, basta poco per rendere vivo di nuovo tutto. Tristezza negli occhi, dolore silenzioso. Gli uomini poveri vedono un’ingiustizia che non lascia nemmeno alzare la voce. È la vera povertà”.
Dalla Russia, la risposta non si è fatta attendere. Il leader del Cremlino Vladimir Putin ha approvato un decreto secondo il quale dall’8 luglio sarà temporaneamente vietato alle compagnie aeree russe effettuare trasporti anche commerciali verso la Georgia. È una chiara “ritorsione – dice il vescovo Pasotto – e questo porterà a livello economico dei problemi”. La tensione si sente perché è stata portata ormai a livelli molti alti.
“Sono preoccupato perché in questi territori non si può prevedere cosa può succedere domani”, avverte il vescovo. “Questa è la preoccupazione. Come sono scoppiate improvvisamente le protesta questi giorni, così improvvisamente possono espandersi e possono diventare un motivo per riaccenderle e farle diventare tragiche. La preoccupazione è che queste cose vengono usate politicamente per i propri interessi e i propri fini”. Da qui l’appello all’Europa perché non dimentichi la Georgia. “Se le Nazioni riconoscono che c’è in atto un’occupazione, bisogna in qualche modo prendersi carico della situazione e non lasciare soli i paesi. Penso oggi a tante terre occupate, terre a noi vicine ma anche lontane come quelle in Africa, o nel Medio Oriente. La terra occupata che fa soffrire. È quella che io sento come casa mia. È la terra che per me significa giustizia. Proprio davanti a questa sofferenza bisogna alzare gli occhi al cielo e credere, credere, credere, che la giustizia è alla base della pace! Bisogna credere che tutto può cambiare! Nel tempo di oggi non abbiamo altre strade se non quella di incontrarci, parlare e trovare soluzioni insieme. È questo il dialogo che caldeggia sempre Papa Francesco. Lo ha ripetuto anche qui, venendo in visita in Georgia. Non dobbiamo dimenticare il suo messaggio. Sarà sempre attuale”.