Padova e Duque de Caxias, sorelle per sempre
Il saluto. Domenica 2 settembre la nostra Diocesi lascia ufficialmente la Chiesa che ha contribuito a fondare nel 1981 alla periferia di Rio de Janeiro. Si compie un impegno iniziato a Petropolis nel 1951 e si apre il tempo di Roraima. Lasciamo, pieni di nostalgia, ma ricchi di tutti i doni che abbiamo ricevuto. Dentro di noi rimarrà un segno indelebile.
Padova e Duque de Caxias. Due Chiese per decenni insieme alla scoperta del Dio presente nel cuore dell’uomo, nei doni della creazione, nella natura selvaggia come nelle favelas alla periferia delle grandi Megalopoli. Ma questo è il tempo dell’addio, e poi sarà saudade.
Le due diocesi si abbracceranno per l’ultima volta nel pomeriggio di domenica 2 settembre, alle 15.30 nella cattedrale nello stato di Rio de Janeiro. Ci saranno i vescovi Claudio Cipolla e Tarcìsio Nascentes Dos Santos e buona parte dei 36 missionari fidei donum (24 preti e 12 laici) che nel tempo hanno lasciato la Città del Santo per servire il Vangelo oltreoceano.
Si conclude così una parabola apertasi nel 1951, quando il vescovo Girolamo Bortignon inviò i primi missionari padovani a Petropolis. Li accolse una baracca al centro di una piazza, dove hanno vissuto e celebrato insieme. Trent’anni dopo, la svolta: da Petropolis e da Nova Iguaçù, nasce la nuova diocesi di Duque de Caxias. «Un momento storico provvidenziale – commenta don Armando Cellere, oggi parroco a Pozzetto di Cittadella ma per 22 anni vicario generale a Duque de Caxias – Quella popolazione aveva bisogno di risposte dalle istituzioni e dalla Chiesa, e noi eravamo lì». Una massa informe che si era affastellata sui bordi della Rio scintillante, attratta dalla ricchezza impossibile e risucchiata nella spirale della miseria, stava per diventare comunità al seguito del Cristo. «Erano gli ultimi anni della dittatura – riprende don Cellere – Il vescovo Mauro Morelli dava un impulso alla crescita umana e sociale di questa gente. La fase nascente della diocesi è stata esaltante: le comunità si moltiplicavano, la voglia di esprimere e condividere la fede non aveva argini. Lì ho compreso la teologia della liberazione, che faceva della Bibbia uno strumento che permetteva alle persone di leggere e trovare il significato della propria vita».
E proprio dom Mauro Morelli ribadisce il valore della presenza padovana nel 1981 nella Baixada Fluminense. «La diocesi è nata con un solo prete incardinato e una serie di religiosi ordinati. I sacerdoti padovani, attorno a me vescovo, hanno messo in campo un vero apostolato, dando impulso alle nuove comunità».
Da Padova poi sono arrivate le suore Dimesse e quelle della Divina Volontà. Fra il 1990 e il 2008, Padova ha aperto il fronte missionario di Itaguaì, nel cui seminario ha operato fra gli altri don Francesco Biasin, oggi vescovo a Villa Redonda. Quindi tra il 2008 e il 2009 Manaus, dove «l’arcobaleno della missione padovana – riflette il direttore del centro missionario diocesano, don Gaetano Borgo – si è tinto del rosso del sangue di don Ruggero Ruvoletto».
Nel frattempo Caxias rimaneva una costante. I missionari andavano e venivano, «preti e laici accoglievano con gioia i doni bellissimi di questa Chiesa – continua don Gaetano – condividendo l’esperienza che avevano potuto fare a contatto con il popolo di Dio che era nelle periferie di Rio. Doni a volte inaspettati, che magari sono inesplicabili, ma pronti a fiorire al contatto con la nostra gente, con le famiglie, con la pastorale spicciola e quotidiana».
Tra gli ultimi ad arrivare qui, cinque anni fa, don Luigi Turato, oggi a servizio della parrocchia di Nostra Signora di Fatima con don Matteo Fornasiero, mentre don Orazio Zecchin opera a Nostra Signora della Gloria e don Severino Alessio è impegnato nella costituzione del tribunale ecclesiastico diocesano. «La gemma più preziosa è la partecipazione dei laici alla vita della chiesa – spiega – Le 18 comunità della mia parrocchia vivono grazie al loro impegno e permettono ai fedeli di ritrovarsi come in famiglia. A noi sacerdoti il compito di coordinare le comunità, di dare impulso alla pastorale giovanile, e in questi ultimi anni di seguire il percorso catecumenale per gli adulti».
La scelta di lasciare Duque de Caxias è maturata negli anni e prelude al nuovo impegno missionario nell’Alta Amazzonia: «Riconsegnare ci fortifica e ci dà nuova linfa per le sfide che ci attendono a Roraima – aggiunge don Gaetano Borgo – Significa dire grazie per tutto quello che si è ricevuto e ripartire ancora una volta discepoli, scolari, alunni dentro un’altra Chiesa sorella, soprattutto per apprendere nuovi stili, nuove modalità. Rimane la nostalgia, ma anche la bellezza di quello che abbiamo scritto nel cuore: indelebilmente».
E nel cuore di don Luigi i sentimenti di questo tempo sono molti, primo fra tutti la riconoscenza: «La gratitudine per aver potuto conoscere questo popolo è tanta. Mi ha aperto la mente, gli orecchi, il cuore. Sono arrivato straniero, un immigrato, anche se molto privilegiato. Me ne vado da persona di casa. Ho compreso che la missione non si fa da soli: noi qui siamo i missionari padovani, siamo insieme e insieme abbiamo annunciato. Eppure il Signore ci precede ovunque, a noi l’umiltà di imparare una lingua e una cultura diversa e di condividere la vita per fare in modo che il Vangelo si incarni».
Um grande abraço, Duque de Caxias