Myanmar, spari sui dimostranti e nuove accuse per Aung San Suu Kyi
Il Paese è al 28esimo giorno di proteste contro il golpe. Secondo la blogger Aye Min Thant la città di Mandalay si sarebbe autodichiarata indipendente dal governo dei militari
In Myanmar due nuovi capi di accusa sono stati formulati nei confronti dell'ex consigliera di Stato del Myanmar, Aung San Suu Kyi, rimossa da un colpo di Stato militare e arrestata l'1 febbraio. A comunicarlo alla stampa è stato il legale di Suu Kyi, Min Min Soe, mentre il Paese è giunto ormai al 28esimo giorno di proteste contro il golpe.
Secondo l'avvocato, la ex dirigente del governo eletto a guida National League of Democracy (Nld) è stata ascoltata ieri in videoconferenza dai giudici ed è apparsa in salute. Suu Kyi, insignita del premio Nobel per la pace nel 1991, è stata accusata di aver violato una legge risalente al periodo coloniale che penalizza la diffusione di informazioni lesive dell'ordine pubblico e un provvedimento relativo alle telecomunicazioni.
La ex consigliera era già stata accusata di aver importato illegalmente radio walkie-talkie rinvenute nella sua abitazione e di aver violato una legge sulla gestione delle calamità naturali.
Continuano intanto le proteste contro il golpe. Nel fine settimana, stando a fonti non sempre concordanti, tra i sette e i 20 manifestanti sono state uccisi dalle forze dell'ordine in almeno cinque diversi stati del Paese.
Secondo la blogger statunitense di origini birmane Aye Min Thant, che risiede in Myanmar e sta pubblicando su Twitter un aggiornamento quotidiano delle proteste, l'amministrazione della città di Mandalay, la seconda più popolosa del Paese, si sarebbe autodichiarata indipendente dal governo dei militari e fedele all'esecutivo eletto.
Ieri il portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, Stephane Dujarric, ha definito "inaccettabile" l'uso della forza letale da parte dei militari e ha chiesto alla comunità internazionale di "mandare un chiaro messaggio" alla giunta dell'esercito.
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