Myanmar, chiese occupate e profanate. Mons. Kung (Hakha): “Sono una violazione. Non c’è rispetto per i luoghi sacri”
La chiesa cattolica di San Giovanni e una chiesa battista del villaggio Chat, nello stato birmano di Chin, sono state occupate e profanate dai militari della giunta birmana. Parla il vescovo della diocesi di Hakha, mons. Lucius Hre Kung: “Siamo profondamente dispiaciuti. I militari sono entrati nella Chiesa cattolica, hanno aperto il tabernacolo, hanno preso le ostie consacrate e le hanno gettate a terra. Molto probabilmente, non sanno cosa siano le ostie consacrate e il loro significato per la Chiesa cattolica. È comunque segno che non c'è rispetto per le religioni e per i luoghi sacri”
“Profonda tristezza” nell’apprendere che l’esercito birmano ha occupato e profanato due chiese, nel villaggio di Chat: la chiesa cattolica di San Giovanni e una chiesa battista. Raggiunto dal Sir, è il vescovo di Hakha, mons. Lucius Hre Kung, a spiegare cosa è successo il 31 agosto scorso a Chat, nello stato birmano di Chin. Purtroppo, l’occupazione delle due chiese è la conseguenza di una serie di combattimenti tra i militari e i gruppi di resistenza civile (Chinland Defence Force, Cdf) che si sono intensificati nello Stato di Chin e stanno obbligando le persone a fuggire dalle loro case. “C’era stato uno scontro tra le forze armate birmane e la cosiddetta People Defense Force il 29 agosto a Chat”, spiega il vescovo, “e per paura, tutti gli abitanti sono fuggiti dal villaggio in cerca di un posto più sicuro. Quella notte, i militari birmani hanno dormito nel complesso della chiesa cattolica e nella chiesa battista che si trova proprio accanto”. Non è facile per il vescovo seguire la situazione. “Chat è stata solo recentemente costituita come parrocchia nella mia diocesi e si trova ad una giornata di viaggio dal centro diocesano”. La cosa però certa è che per il momento la situazione nel villaggio è tranquilla e l’edificio della chiesa cattolica non ha subito danni irreparabili.
Purtroppo, però, i militari – come ha denunciato subito l’agenzia vaticana Fides – hanno profanato la chiesa: “Siamo profondamente dispiaciuti – dice il vescovo Kung – di apprendere che i militari sono entrati nella Chiesa cattolica, hanno aperto il tabernacolo, hanno preso le ostie consacrate e le hanno gettate a terra. Probabilmente pensavano che ci potessero essere cose di valore e quando si sono accorti che dentro non c’era nulla di prezioso come si aspettavano, hanno preso le ostie consacrate e le hanno gettate a terra.
Molto probabilmente, i militari non conoscono il valore e il significato che hanno le ostie consacrate presenti in un tabernacolo per la Chiesa cattolica. È comunque segno che non c’è rispetto per le religioni e per i luoghi sacri”.
Non è purtroppo la prima volta che in quella regione, i militari della giunta prendono di mira la comunità cattolica. Il 16 giugno scorso, facendo irruzione nella sua residenza, i militari avevano arrestato e poi rilasciato dopo un interrogatorio padre Michael Aung Ling, parroco nella chiesa cattolica di san Giuseppe a Kanpetlet. In quella occasione, il vescovo Kung aveva fatto appello “al rispetto dei luoghi santi di qualsiasi religione e di ogni essere umano in Myanmar”. Oggi ripete:
“l’occupazione di una chiesa e la devastazione delle sue proprietà sono una violazione”.
Vista la distanza geografica, il vescovo ha nominato un vicario episcopale per la zona di Mindat, a cui appartiene la parrocchia di Chat e “attualmente, questo Vicario episcopale sta cercando di sollevare questo problema tra le due parti, vale a dire con l’esercito birmano e la Forza di difesa del popolo, affinché questi fatti non si verifichino più in futuro”.
Intanto secondo l’Assistance Association for Political Prisoners (Aapp), le persone uccise dal regime a partire dal primo febbraio sono più di 1000. Più di 7.400 persone – si legge su Asia News – sono state arrestate dal Tatmadaw e almeno 106 sono morte per le torture inferte dai soldati. “Lo spirito di unità e il desiderio di democrazia radicato nel popolo sono la nostra promessa di futuro per il Myanmar”, dice il vescovo di Hakha.
“Anche il sostegno e la solidarietà della comunità internazionale con la gente del nostro Paese è la fonte della nostra forza e della nostra speranza. Ci rivolgiamo a Dio e lo preghiamo perché sappiamo che ha buoni piani per noi. Dio è il nostro futuro e in lui è la nostra speranza”.