La forza di una lacrima. Il diario di Doro, volontaria per i profughi

Oggi sono più di 7.500 le persone che vivono in condizioni disperate a Lesbo, stipate sotto tende estive, prive di riscaldamento e continuamente allagate dalle piogge che investono l’isola.

La forza di una lacrima. Il diario di Doro, volontaria per i profughi

“Per coloro che ci descrivono come poco professionali, come troppo poco distaccati, perché i destini delle persone a volte ci commuovono fino alle lacrime. Per quelli che pensano che siamo troppo vicini e non possono immaginare come si possa sopportare la miseria che ogni giorno vediamo con i nostri occhi e tocchiamo con le nostre mani. E per quelli, soprattutto per quelli, che pensano che presto ci esauriremo, che se ne staranno seduti ad attendere fino a quando saremo stanchi ed esausti, finché le nostre dita saranno indolenzite a forza di scrivere, le nostre teste fumeranno a forza di protestare contro il crimine che si sta commettendo contro la gente qui”.

Doro Blancke è nata nel 1961 a Linz, in Austria. Madre di due figli, oggi adulti, vive da tempo in Stiria. Volontaria da anni in progetti e associazioni austriache che difendono i diritti di quelli che il mondo identifica come “migranti”, ma che le preferisce chiamare “persone in fuga”, da circa quattro mesi opera in prima linea a Lesbo. Nell’isola greca è arrivata all’indomani del terribile incendio che ha distrutto il campo profughi di Moria. Oggi sono più di 7.500 le persone che vivono in condizioni disperate, tutt’altro che dignitose, nel campo di Kara Tepe, stipate sotto tende estive, prive di riscaldamento e continuamente allagate dalle piogge che investono l’isola.

Sulla sua pagina Fb, Doro tiene un diario in cui, con video e immagini, racconta le condizioni estreme in cui sono costrette a vivere le migliaia di persone che hanno trovato rifugio nel campo. E racconta anche quello che, con un gruppo di volontari, sta facendo per loro. “La nostra missione – spiega – è aiutare le persone in fuga. Per la maggior parte di loro, lasciare la propria terra non è né un desiderio, né una decisione facile. Nella maggior parte dei casi, la scelta di partire è associata a esperienze tristi e a gravi perdite. Sono persone che non hanno altra scelta che lasciarsi alla proprie spalle le loro case e fattorie, la famiglia e gli amici, quello che amano. Sono proprio queste persone che vogliamo aiutare, affinché al loro arrivo ricevano una sistemazione umana e una procedura d’asilo equa e siano ben accolti nella nostra società e possano integrarsi e sviluppare i loro talenti”.

In un lungo post, pubblicato lo scorso 4 febbraio, Doro racconta la forza che si nasconde dentro una lacrima.

Ci sono persone – scrive – che, per toglierci credibilità, dicono che siamo facilmente emozionabili. Il mio essere persona è fatto dalle tante esperienze che ho vissuto: tempi estremamente dolorosi, ma anche belli, beati e benedetti. Non credo di essere la sola in questo. Ci sono persone che guardano al nostro saperci commuovere di fronte ai problemi degli altri come a un difetto, dicono che siamo troppo emotivi”.

“La gente oggi vive in uno stato di grande insicurezza. Di fronte alle tante immagini che vedono passare davanti ai loro occhi, sentono nel loro intimo la profonda ingiustizia che c’è nella miserabile sistemazione delle persone qui nel campo di Kara Tepe (Moria 2) a Lesbo, così come a Samo e Chio, riconosce l’ingiustizia che c’è nel dimenticare le persone al gelo a Bihac, a Calais, inorridisce di fronte alle terribili immagini dei respingimenti illegali ai confini dell’Europa. Confidiamo nel nostro essere persone, nella nostra umanità, nella nostra coscienza naturale. Permettiamoci di piangere quando i destini delle persone in difficoltà ci toccano tanto da far gridare il nostro cuore di dolore e compassione. Perché in mezzo alla sofferenza ci sono anche le ore della bellezza e dell’amore, della condivisione, del “noi” che ci rafforza, ci fa brillare e ci dona forza. Questo ci permette di vederci nell’altro, ci collega e ci rende quello che siamo, lontano da quello che “dovremmo” essere. Ci fa entrare nella gioia e nel desiderio di tessere rete, al punto che siamo disposti a spenderci, con coerenza, anche per quelle persone che si trovano nella più grande miseria. Ci vorrà forza, certo, ma prendendoci cura gli uni verso gli altri e con la gioia nel cuore, ci riusciremo. Perché non siamo soli”.

In questi mesi Doro ha continuato a chiedere che il campo profughi venga evacuato per motivi umanitari e, rivolgendosi al suo Paese, l’Austria, ha chiesto di aprire le frontiere alla gente di Kara Tepe. Una richiesta rimasta finora inascoltata da chi guida il Paese, ma che ha toccato il cuore di molti austriaci. Agli inizi di febbraio per la gente di Kara Tepe l’associazione “Unser Brück hilft” (Il nostro ponte aiuta) ha fatto arrivare a Lesbo 60 tonnellate di aiuti. Attraverso i volontari dell’associazione che fa capo a Doro Blancke, è già iniziata la distribuzione di questi beni di prima necessità.

“Racconto le difficoltà e i problemi del campo – scrive Doro Blancke su Fb – e tante persone in Austria si mobilitano attraverso varie iniziative, come i “Weekend per Moria” (#WochenendeFürMoria), per dare il loro contributo. Tutto questo non salva le persone, non ancora. Ma ogni singola donazione per quanto piccola possa essere, così come ogni parola gentile, dà loro calore e speranza, fa capire loro che non sono stati abbandonati su quest’isola. Lascia credere ancora nell’umanità e alimenta la fiducia di poter vivere in sicurezza. E soprattutto con dignità”.

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Fonte: Sir