L’universalità della sofferenza. Il cardinale Parolin, a Padova per il congresso dei fisiatri Simfer, spiega come la disabilità non è debolezza
«La felicità è davvero l’opposto della sofferenza?». È la riflessione fondamentale secondo Parolin, per riconoscere una base comune tra tutti gli individui. La disabilità non è debolezza All’interno del 52° congresso della Simfer, a Padova, il cardinale Pietro Parolin ha tenuto una lectio magistralis sulle sfide etiche della moderna medicina tra tecnologia e solidarietà
In una popolazione sempre più anziana e che ha sempre più bisogno di cure e servizi riabilitativi, in un contesto da una parte gravato dai costi crescenti e dall’altro dalle promesse miracolose delle tecnologie, gli interrogativi etici (e bioetici) non rimangono confinati alle sale di emergenza e ai concitati momenti in cui si lotta tra la vita e la morte, ma accompagnano medici, infermieri, operatori sanitari, caregiver, familiari e i pazienti stessi in modo costante. Si applicano anche nel complicato rapporto che la società ha nei confronti delle persone con disabilità, tra i pochi “alti” delle celebrazioni paralimpiche e i frequenti “bassi” della vita quotidiana. A Padova, dal 6 al 9 ottobre, la Simfer, Società italiana di medicina fisica e riabilitativa ha celebrato, al Padova Congress, il suo 52° congresso nazionale, proprio sul tema “La scienza riabilitativa e l’impegno nel territorio per una nuova etica della riabilitazione”. La rassegna si è aperta, domenica 6 ottobre, con la lectio magistralis del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, su “Le sfide etiche della moderna medicina tra tecnologia e solidarietà”. Il card. Parolin ha riconosciuto che «nella nostra cultura, dove efficienza e rendimento sono fortemente valorizzati», vi siano «un atteggiamento sfavorevole e un pregiudizio verso situazioni di fragilità e debolezza». Tra il rischio di richieste di diritti idealistici e quello più concreto di esclusione dalla vita sociale e dai vantaggi della tecnologia, il tema centrale per il card. Parolin è innanzitutto la relazione con le persone con disabilità, sfatando in primis un tabù: «La disabilità viene vista come una condizione automaticamente collegata alla sofferenza, che va minimizzata in nome del benessere. Questo solleva una domanda cruciale: la felicità è davvero l’opposto della sofferenza?».
«Riconoscere la sofferenza come una parte ineliminabile dell’esperienza umana non significa compiacersi del dolore o rassegnarsi – ha continuato il card. Parolin – ma sottolineare che la vita stessa è caratterizzata da una dimensione passiva, perché la riceviamo senza averlo deciso». È qui – nell’universalità della sofferenza – che l’esperienza dei cosiddetti “normodotati” incontra quella dei “disabili”. «Qui nasce la possibilità di comunione – ha osservato il card. Parolin – Il riconoscimento di questa base comune permetterà di individuare modalità di relazione e convivenza più rispettose della dignità, come ci invita a fare papa Francesco parlando di “amicizia sociale”» nella Fratelli tutti. Per fare ciò «dobbiamo imparare a vivere relazioni oneste, riconoscendo con sincerità le difficoltà che un soggetto sano prova di fronte a un soggetto disabile. Queste difficoltà nascono dal timore che sperimentiamo non tanto verso la sofferenza, quanto verso la solitudine e l’isolamento che la accompagna». Tanti tabù nascono qui, perché l’incontro «con una persona disabile ci rivela la solitudine e la debolezza che sono anche nostre, proprio ciò da cui cerchiamo di sfuggire e difenderci il più possibile», facendoci sfuggire l’occasione di farci insegnare da chi vive la disabilità quei «tratti fondamentali della nostra comune umanità che fatichiamo ad accettare». Serve dunque una relazione alla pari, che riconosca a chi ha una disabilità autonomia e capacità di decisione, facendo leva sulle capacità di ciascuno. «Questa prospettiva – ha ricordato Parolin – è sostenuta anche dalle Nazioni Unite, che riconoscono il diritto delle persone con disabilità a essere trattate in modo paritario con le altre di fronte alla legge». Un segno di speranza, che papa Francesco invoca nella bolla di indizione del Giubileo 2025, favorendo l’inclusione delle persone con disabilità.
Stefano Masiero, presidente del congresso e direttore della Scuola di specializzazione in medicina fisica e riabilitativa dell’Università di Padova, osserva come la riabilitazione oggi sia «investita da vere e proprie rivoluzioni, sia tecnologiche (intelligenza artificiale, robotica, le nuove tecnologie di comunicazione digitale) che epidemiologico-organizzative (l’invecchiamento della popolazione, la necessità di una maggiore territorializzazione delle cure, la crescente domanda di riabilitazione). Queste rivoluzioni porteranno a un’epoca di cambiamenti nel campo medico ed è fondamentale che questi cambiamenti siano accompagnati da un’attenta riflessione su quelle che sono le radici e i presupposti epistemologici e ontologici della teoria e della pratica medica. Ecco, quindi, che tra i temi dibattuti in questo congresso vi è l’emergente tema della relazione tra tecnologie ed etica, etica e intelligenza artificiale; accesso ed equità delle cure; territorio e tecnologie; nuovi percorsi riabilitativi e governance, disabilità in tempo di guerra e molto altro».
Andrea Canton