L’inutile bellezza. Suonare le campane è un vero e proprio “gioco di squadra”

Buon Pastore, Giuseppe, Maria, Teresa, Anna e Angelo custode: questi i nomi delle sei campane che sono tra le più melodiose della città di Zurigo.

L’inutile bellezza. Suonare le campane è un vero e proprio “gioco di squadra”

Sabato sera i rintocchi delle campane della chiesa del “Buon pastore” si sono levati in volo nel cielo di Zurigo. Come di consueto. O quasi.

Quella del “Buon pastore” è la parrocchia cattolica  del quartiere di Wipkingen. Quando, nel 1922, viene posata la prima pietra, la Svizzera si trova ad affrontare un periodo di crisi. Durante la prima guerra mondiale il Paese aveva portato avanti la sua politica di neutralità militare, ma di fatto partecipava alle sanzioni economiche quale gesto di solidarietà per promuovere un ordine mondiale di pace. La disoccupazione era molto alta, ma grazie ad un “programma di aiuto per l’impiego di lavoratori” della città di Zurigo l’edificio viene costruito in appena un anno e mezzo. È il 7 ottobre 1923 quando il vescovo di Coira, Georg Schmid von Grüneck, benedice la nuova chiesa. Dieci anni più tardi, quando Wipkingen si sta trasformando da paese a zona residenziale per gli operai del quartiere industriale – molti dei quali immigrati dai cantoni cattolici e dai paesi vicini – il vescovo Laurenz Matthias Vincenz benedice le campane in bronzo fuse nella rinomata fonderia Rüetschi di Aarau. Buon Pastore, Giuseppe, Maria, Teresa, Anna e Angelo custode: questi i nomi delle sei campane che, secondo gli intenditori, sono tra le più melodiose della città. La loro intonazione viene paragonata a quella della cattedrale di Strasburgo. I loro non sono dei semplici rintocchi, ma sono canto, suono, voce. Proprio come è inciso sulla campana più grande, quella del Buon pastore: “Io sono il buon pastore, le pecore mi conoscono perché sentono la mia voce”.

“Desidero ravvivare il rapporto tra le persone e il culto”. A parlare è il parroco Marcel von Holzen, che – in concomitanza con il centenario della consacrazione della chiesa del Buon pastore – ha lanciato una iniziativa che non ha mancato di suscitare curiosità e interesse.

Così come è ormai consuetudine, le campane vengono controllate elettronicamente attraverso un sistema che fa eseguire loro melodie programmate ad orari prestabiliti. Ma suonare le campane è molto di più. È un’esperienza che il parroco von Holzen ha voluto far rivivere così come avveniva una volta. Attraverso il sito della parrocchia ha reclutato dei “campanari dilettanti” che sabato scorso, 29 aprile, si sono rimboccati le maniche e hanno – letteralmente – messo tutte le loro forze per far “cantare” le celebri campane.

“Quando il batacchio batte all’interno della campana – spiega von Holzen all’agenzia stampa della conferenza episcopale svizzera, che ha rilanciato l’intervista sulla sua pagina Fb – il suono attraversa il midollo e le ossa. Suonare le campane manualmente è un’esperienza che ti coinvolge da capo a piedi”.

Con i loro 13.807 chili, quello del Buon pastore è il terzo scampanio più pesante della città di Zurigo. La “Guthirt”, la “Buon pastore” pesa cinque tonnellate. La più piccola, quella dell’”Angelo custode”, di chili ne pesa solo (si fa per dire) 636.

“Gli appassionati di campane di tutto il mondo – racconta il parroco – fanno tappa volentieri a Wipkingen per ascoltare le nostre campane”.

“La forza, l’armonia e il campanile, che distribuisce le forze delle pesanti campane quando oscillano, danno forma al carattere del suono. Le campane non sono solo corpi sonori, sono araldi di fede, strumento di conforto e speranza, sono un appello alla pace”. Ogni sabato sera, alle 19, annunciano la domenica con un concerto polifonico che raggiunge ogni parte della città. E – così afferma chi le ha ascoltate – fanno risuonare l’anima.

Marcel von Holzen ha fatto dotare le campane di nuove corde, che sono state applicate a cinque delle sei campane. Il braccio della terza campana, infatti, quella dedicata a Maria, è stato smontato alcuni anni fa durante dei lavori di manutenzione e da allora non è stato più montato. Probabilmente non ci si aspettava che le campane potessero essere ancora suonate manualmente.

Per suonare tutte e cinque le campane a mano è necessaria una squadra di sette persone. Per le due più grandi, infatti, sono necessarie due persone ciascuna. Occorre, inoltre, avere a disposizione anche qualche braccio in più, pronto a dare il cambio. Perché suonare le campane per 10-12 minuti richiede una buona condizione fisica. “Suonare le campane per 10 minuti – spiega il parroco – equivale a fare 30 minuti di jogging. Non solo. Ci vogliono anche coraggio e abilità. Perché dopo che si è tirata la corda, bisogna anche lasciarsi trascinare da essa a circa un metro dalla campana per poi saltare giù. In questo modo la massa delle campane, che pesa tonnellate, si arresta gradualmente”. Servono, poi, guanti robusti, e una buona protezione dell’udito.

All’appello del parroco von Holzen hanno risposto parrocchiani e non solo. Molti dei “campanari per diletto” appartengono ad una gilda svizzera, che raccoglie appassionati di carillon e campane, disposti a percorrere centinaia di chilometri pur di suonare le campane a mano.

Suonare le campane è un vero e proprio “gioco di squadra”, afferma scherzando von Holzen, fatto di sguardi, occhiate, cenni e il costante alzarsi e abbassarsi dei corpi, che sono avvolti nelle corde delle campane. E com’è giusto che sia, dopo la partita, c’è sempre il “terzo tempo”, durante il quale si fa festa insieme. Dove? Al “Dingdong Bar ”, un piccolo bar parrocchiale realizzato all’interno del campanile, sotto la cella campanaria, con una splendida vista sulla città di Zurigo. Un luogo dove è possibile andare a sorseggiare qualcosa in compagnia, anche se non si è dei “campanari”. Da sabato 27 maggio, infatti, il “Dingodong Bar” aprirà una volta al mese – dalle 19.30 alle 23 – le sue porte a 20 persone (il numero dei posti a sedere è limitato). A fare da “sottofondo” saranno, ovviamente, i rintocchi delle campane. Liturgia e convivialità, afferma il parroco, non sono in contraddizione.

“Suono la campana così come lei vuole che io suoni – spiega Marcel von Holzen – chi in questo ci vede del romanticismo non sbaglia. Suonare le campane con le mani è espressione dell’”inutile bellezza”, in un mondo high-tech, in cui tutto deve essere efficiente e deve servire a qualcosa. Questa è un’esperienza senza pari, un misto di lavoro di squadra, esercizio fisico, concentrazione mentale e coinvolgimento spirituale”.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir