L’haka neozelandese: dal rugby ai diritti del popolo Maori
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Ogni anno, ogni decennio di storia si caratterizza da un evento sportivo destinato a segnare il corso dell’uomo, che sia di un singolo atleta o di una comunità. E l’haka della nazionale di rugby della Nuova Zelanda racchiude tutto questo. Sabato 23 novembre, all’Allianz Stadium di Torino, l’Italia ha dignitosamente affrontato gli All Blacks tenendo testa e uscendo sconfitti per 11 a 29. Come spesso accade quando in campo c’è la Nazionale neozelandese, a catalizzare l’attenzione è soprattutto l’haka, danza tipica del popolo Maori, ma al momento di introdurre il rituale, questa volta, il rugbista TJ Perenara, alla sua ultima partita in Nazionale, ha lanciato un messaggio politico: «Per sempre la forza della terra, per sempre la forza dell’indipendenza, per sempre il Trattato di Waitangi». In Nuova Zelanda, Act, partito minore all’interno del governo di coalizione di centro-destra, vorrebbe rivedere il suddetto trattato, un accordo stipulato nel 1840 tra la Corona britannica e i capi di 500 tribù maori, di fatto il gesto normativo per riparare le ingiustizie commesse dai colonizzatori: in cambio della nomina di un governatore inglese, infatti, il trattato prevedeva il diritto per i maori di mantenere terre e beni, acquisendo gli stessi diritti dei sudditi britannici. Il gruppo politico Act, invece, è convinto che l’antico accordo abbia favorito troppo la comunità maori creando squilibri con il resto della popolazione. L’urlo di Perenara ha suscitato, inevitabilmente, polemiche, tra supporto condiviso dalla maggior parte dei connazionale alle frizioni generate tra i sostenitori del partito di destra. L’haka è solo l’ultimo gesto in difesa del Trattato di Waitangi: nelle settimane precedenti, oltre 42 mila persone hanno marciato dal nord del Paese fino al Parlamento della capitale Wellington. Mille chilometri e nove giorni di cammino a protezione di diritti messi ora in discussione. E per fare questo ci vogliono anche i placcaggi degli All Blacks.