Immigrazione. Ciuoffo: “Quella in corso non è un’emergenza”

Così l’assessore regionale toscano all’immigrazione, Stefano Ciuoffo, in un’intervista a Redattore Sociale fa il punto sulla situazione in Toscana. “Il decreto Cutro sta smembrando il sistema di accoglienza e integrazione, privilegiando una gestione del fenomeno con modalità esclusivamente emergenziali”

Immigrazione. Ciuoffo: “Quella in corso non è un’emergenza”

“Non è pensabile chiedere alle Regioni che non hanno accettato il modello dell’intesa di sopperire alle carenze dello Stato centrale. I centri di accoglienza straordinari dovrebbero essere luoghi temporanei per poi intraprendere il percorso di integrazione vero tramite il modello Sai, che con i recenti interventi normativi non solo è stato ridimensionato, ma è stato anche privato delle risorse economiche necessarie per funzionare. Se una parte del mondo associativo, appartenente al terzo settore, ha deciso di non partecipare ai bandi delle prefetture per la gestione di nuovi Cas, vorrà dire pur qualcosa”. Sono soltanto alcune delle parole dell’assessore regionale toscano all’immigrazione Stefano Ciuoffo in una intervista a Redattore Sociale, in cui spazia sui numerosi fronti attuali dell’immigrazione: dal decreto Cutro ai porti lontani, dai migranti irregolari fino ai Cpr. Con una convinzione di fondo: “Quella in corso non è un’emergenza migranti”.  Assessore Ciuoffo, partiamo proprio dal Cpr in Toscana, perché voi dite no? Quante reali possibilità di realizzarlo ci sono? Cosa farete per impedirlo? Il governo vuole smantellare l’accoglienza diffusa tipica della Toscana?Il cosiddetto “decreto Cutro”, in perfetta linea con i precedenti “decreti sicurezza” dell’allora Ministro dell’Interno Salvini, sta smembrando il sistema di accoglienza e integrazione (Sai), privilegiando una gestione del fenomeno con modalità esclusivamente emergenziali, attraverso i Centri di accoglienza straordinaria (Cas) coordinati direttamente dalle prefetture. I territori e le amministrazioni locali dovranno subire scelte calate dall’alto, direttamente dal governo centrale. Questo approccio va in direzione diametralmente opposta ai modelli di integrazione. La volontà, espressa a più riprese, di istituire un Centro di permanenza per rimpatri (Cpr) in ogni regione e l’individuazione di una figura commissariale per la gestione del fenomeno migratorio sono segnali precisi di come la destra intenda approcciarsi al tema dell’inclusione dei cittadini migranti nel nostro Paese. La Toscana, che è stata protagonista sui temi dell’accoglienza, ha deciso di non sottoscrivere l’intesa con il governo e di non essere commissariata su questi temi. Il modello dell’accoglienza diffusa viene percepito dalla destra come un problema e non come la soluzione, proprio perché ha dato risultati importanti e significativi dal lato dell’integrazione. Continuare ad operare in un regime di “emergenza” di fronte ad un fenomeno, come quello migratorio, che è da anni strutturale significa ostinarsi a voltare lo sguardo dall’altra parte. Oltre a questo, istituire un Cpr, quando mancano gli accordi bilaterali con i paesi di provenienza di queste persone straniere, significa realizzare un luogo di detenzione, che serva esclusivamente a nascondere (temporaneamente) dalla strada e dalle nostre città chi è diverso da noi, per colore della pelle o per culto religioso. Questo è quanto di più lontano esiste dall’idea di società e di accoglienza per la Toscana.  Strategia dei porti lontani, cosa ne pensa? Dall’insediamento del governo guidato da Giorgia Meloni e dall’ingresso al ministero dell’Interno del Prefetto Piantedosi, abbiamo preso coscienza di questa nuova pratica che - per usare un eufemismo - è assai peculiare. Le navi Ong, dopo aver tratto in salvo i migranti su imbarcazioni spesso inadeguate in mezzo al mare, sono costrette a recarsi non al porto più vicino, come non solo le convenzioni internazionali ma anche il “buon senso” suggerirebbe, ma a quello indicato dal governo. In molti casi queste navi hanno dovuto fare centinaia di miglia in più, equivalenti a 3 o 4 giorni di navigazione, per giungere al porto indicato dalle autorità competenti. La Toscana non si è mai tirata indietro e continuerà a dare il supporto necessario grazie alla forte collaborazione con gli enti locali, la protezione civile ed il forte tessuto del terzo settore e del mondo del volontariato. Queste navi trasportano persone, donne e bambini che spesso hanno attraversato numerosi traumi. Non trasportano merce. Questa sensibilità non appartiene alla destra italiana.
In Toscana ci sono 20 mila irregolari, è un problema? Come fare per risolvere?Con il “decreto Cutro” diventare “irregolare” non richiede un particolare sforzo. L’unica soluzione a questa condizione è la riforma radicale del quadro normativo nazionale in materia di immigrazione ed accoglienza. La legge “Bossi-Fini” come si evince dai protagonisti risale ad oltre 20 anni fa, ovvero nasceva da un contesto ed un quadro complessivo che è mutato profondamente. Quel modello deve essere superato e deve essere accompagnato, su scala nazionale, da una riforma legislativa che ponga al centro la persona e dia un ruolo determinante e baricentrico ai territori, alle amministrazioni locali e regionali ed al mondo associativo, affinché i migranti siano presi in carico attraverso una rete diffusa e capace di costruire un percorso di emancipazione. Tutto questo significa una cosa solo, e torno alla prima risposta: consolidare e rafforzare l’esperienza dei Sai. Basta vivere il fenomeno migratorio, che accompagnerà l’Occidente per i prossimi decenni, come un “fatto emergenziale”. Dobbiamo mettere in campo una rosa di azioni mirate e complementari tra loro, affinché vi sia un’integrazione di qualità concreta e non teorica. Superamento della legge “Bossi-Fini”, istituzione dello “ius soli”, rafforzamento dei percorsi formativi professionali di concerto con le associazioni datoriali e sindacali affinché si creino le condizioni vere per l’emancipazione di questi nuovi cittadini, che fuggono dai disastri delle guerre e del radicale cambiamento climatico. Questo è ciò che serve all’Italia, non solo alla Toscana. L’attuale numero degli sbarchi è un’emergenza?Vi è stata una fase di rallentamento, quasi di assenza di sbarchi, che ha coinciso con la crisi pandemica del 2020 e 2021. Venuto meno il periodo acuto della pandemia sono aumentati gli sbarchi sulle coste di primo approdo del Mediterraneo, come Italia e Grecia. Ripeto: il governo nazionale ha voluto dichiarare lo stato di emergenza individuando un Commissario ad hoc per la gestione dei flussi sul territorio nazionale. La Toscana, insieme ad altre regioni amministrate dal centrosinistra come Emilia e Puglia, ha rifiutato questo modello e non ha sottoscritto l’intesa. Riteniamo che questo fenomeno debba essere affrontato non con misure estemporanee ma con interventi precisi ed un’azione corale di livello comunitario. Quanto accaduto in queste settimane rappresenta quanto ancora oggi l’Unione europea è distante da una soluzione comune sul tema migratorio. Giorgia Meloni è dovuta tornare a Roma con “le pive nel sacco” dopo che Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca si sono opposte alla proposta promossa dalla Presidente della Commissione Europea, Von der Leyen. Un fenomeno di scala mondiale come quello migratorio necessita di risposte di stampo sovranazionale, che si fondano sul rispetto del principio di solidarietà tra Stati. Le posizioni degli Stati del cosiddetto “blocco di Visegrad”, che l’attuale presidente del Consiglio ha sostenuto fino a meno di un anno fa dai banchi dell’opposizione ai Governi Gentiloni, Conte e Draghi, confliggono con l’interesse nazionale italiano e - potremmo aggiungere - con i principi fondanti la “casa europea”. Questo è il contesto che noi viviamo e su cui dovremmo batterci come Paese, senza dividersi in fazioni.  Lei è sicuro che tutti i centri di accoglienza in Toscana non siano over quota visti i tanti arrivi? La Toscana non si è tirata indietro fino ad oggi nell’accogliere tutte le persone che sono scese nei porti di Carrara o Livorno. Se non cambierà il quadro normativo nazionale e non ci sarà un investimento serio su un modello di accoglienza integrato con il territorio ed il mondo associativo saremo di fronte ad un contesto difficile. Non è pensabile scaricare sui Comuni le responsabilità e di chiedere alle Regioni - che non hanno accettato il modello dell’intesa - di sopperire alle carenze dello Stato centrale. I centri di accoglienza straordinari dovrebbero essere luoghi temporanei per poi intraprendere il percorso di integrazione vero tramite il modello Sai, che con i recenti interventi normativi non solo è stato ridimensionato, ma è stato anche privato delle risorse economiche necessarie per funzionare. Se una parte del mondo associativo, appartenente al terzo settore, ha deciso di non partecipare ai bandi delle prefetture per la gestione di nuovi Cas, vorrà dire pur qualcosa.  La logica della non ghettizzazione, dell’accoglienza nei contesti sociali ordinari, la spinta all’autonomia dei richiedenti e la loro condizione di libertà non rappresentano per l’attuale esecutivo dei valori da custodire, ma un pericolo da abbattere. I richiedenti asilo vanno dunque sottratti alla competenza dei servizi territoriali alla persona per essere inseriti in un circuito di controllo per “non-persone”, come ebbe a definirli il sociologo Del Lago. Regione Toscana proverà, di concerto con gli enti locali ed il terzo settore, a dare un contributo affinché le politiche profondamente sbagliate dell’esecutivo nazionale non lacerino il tessuto sociale inclusivo che ci ha sempre contraddistinto.Jacopo Storni

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)